Omelia (13-04-2006) |
mons. Antonio Riboldi |
Amatevi come io vi ho amati Non posso tenere per me la gioia, il dolore e la felicità, che si celebrano in questa settimana santa. E' "la settimana" che considero "il giorno del Signore": giorno in cui Dio, senza veli, non solo dona la sua Presenza tra di noi, svela la verità di tutti, ma la "settimana santa" da cui ha origine il mondo nuovo, o così dovrebbe essere per chi davvero segue Gesù. Sono tanti i racconti e le parole di Gesù in quell'angolo di Paradiso, che era il Cenacolo ieri, la Chiesa oggi. La Chiesa ha due momenti importanti. La mattina il vescovo raduna tutti i suoi sacerdoti, per celebrare la necessaria, meravigliosa COMUNIONE che deve unirli sempre, come "una cosa sola". E' davvero la giornata del "sacerdozio", ossia di Cristo che salva noi, tramite i suoi ministri. E questo avviene in ogni Cattedrale, nella solenne Messa detta "del Crisma", ossia di benedizione degli oli: quello degli infermi, del catecumenato (si usa nel battesimo) e quello del S. Crisma per le "consacrazioni dei vescovi", dei presbiteri, dei cresimandi. E' il momento in cui dovrebbe essere visibile quello che Gesù pregherà "Padre che siano una cosa sola, come io e tu siamo una cosa sola". La sera è la solenne celebrazione della Messa detta 'in Coena Domini' ossia l'istituzione della Eucarestia: "Prendete e mangiate, questo è il mio Corpo...bevete questo è il mio sangue...Fate questo sempre in memoria di me". Dopo la Messa, Gesù si ritira nel Getsemani per la sua agonia: e quel suo nascondersi viene interpretato come "il sepolcro", e quindi la cosiddetta visita ai sepolcri, che ora più propriamente è la visita e l'adorazione, ossia vegliare con Lui nella sua agonia nel Getsemani. Nella S.Messa si usa, seguendo l'esempio di Gesù, compiere il rito della lavanda dei piedi, a ricordare che "Io non sono venuto per essere servito ma per servire". E il celebrante si mette il grembiule, come a ricordare a tutti noi, dal S. Padre all'ultimo, che amare è servire. Un grembiule che se idealmente portassero tutti, dalla politica all'economia, alla famiglia, ovunque, davvero tutto cambierebbe. E davvero il testamento dell'amore, fatto "carne e cibo", amore fatto servizio ed infine fatto stile di vita, che Gesù consegna a noi, fino al compimento del mondo. Un testamento che è nelle nostre mani. "Io vi do un comandamento nuovo, dice Gesù quella sera e oggi, amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi" (Gv.13,14). "Ancora si parla di amore - scrive Paolo VI - ma questa volta l'amore deve partire da noi. All'amore ricevuto da Cristo, deve seguire il nostro verso i nostri fratelli, tutti: per la comunità che si riunisce intorno a Lui nella Eucarestia, per la presenza fisica occasionale: un amore, aggiungo, che si fa trovare pronto a donarsi 'sulla strada della vita, dove sono gli uomini di ogni tipo e illuminarli con un sorriso, con l'aiuto. Questo "come ho amato voi" dà le vertigini. Ci avverte che non avremo amato mai abbastanza. Ci avverte che il precetto della carità contiene in sé sviluppi potenziali, che nessuna sociologia potrà mai eguagliare...E a nostro stimolo, e forse a nostro rimprovero, dalle labbra soavi e tremende di Gesù piovono queste altre indimenticabili parole sempre sull'amore: "Da questo tutti conosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri"(Gv.13,35). L'amore dunque è il distintivo dell'autenticità cristiana" (Paolo VI, Giovedì santo 1968) In un tempo in cui sembra che l'amore non sia più il centro dell'uomo, la sua grandezza, la sua gioia, creando quel vuoto che fa male perché genera solitudini, c'è davvero necessità, e subito, che tutti attingiamo, dai misteri del Giovedì santo, questo dono del cielo, che poi è la ragione profonda per cui Dio ci ha creati. Sappiamo tutti di essere tentati da tante forme di egoismo, forse non sapendo che ogni forma di egoismo è come chiudere le finestre del cuore e non far entrare la luce: è sbattere in faccia la porta ai fratelli: ma sopratutto è provare quella debolezza dell'anima che è la nostra grande povertà intima. Il Giovedì santo è davvero il giorno in cui Gesù bussa alla nostra porta e ci chiama. Tutto questo giorno, vissuto spiritualmente, è ricevere il Pane del Cielo nella Messa e la voglia trasmessa da Dio di farci amare e amare. Mancheremo a questo appuntamento? |