Omelia (23-04-2006)
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Commento Giovanni 20,19-31

Venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!".

La pace è il primo dono di Gesù risorto. I discepoli erano nascosti per paura dei Giudei, erano insieme per paura di rimanere soli, erano turbati dall'incertezza del futuro. E ora, che cosa avrebbero dovuto fare? Il loro cuore era in tempesta come la loro barca in quella notte memorabile quando il Maestro comandò al vento di placarsi. L'inquietudine li aveva sopraffatti, Gesù era risorto, ma questo cosa poteva voler dire per la loro esistenza? Avevano assistito al miracolo, il più grande miracolo ma la loro vita non ne era stata investita.
Gesù arriva e infonde in loro la pace, come quella notte fece con le scure acque in tempesta, ora placa i loro pensieri angosciosi, i loro sensi di colpa, il loro complesso di inadeguatezza. E completa il suo dono mostrando loro le mani e il costato, i segni della sua misericordia e del suo perdono. La pace di Gesù è la pace di chi si sente amato da Dio, nonostante tutto. La pace di chi confida che Dio procura il nostro bene molto meglio di come potremmo desiderare e fare noi (San Basilio). Da questa fede, come ci ricorda San Giovanni, nasce la pace. Ed è questa pace che si culla nell'abbandono fiducioso alla volontà di Dio e si alimenta della sua misericordia che vince il mondo.
I discepoli allora gioirono. Ora sanno che nulla e nessuno potrà mai separarli dall'amore di Cristo, e se Cristo è per loro chi sarà contro di loro? Ora che hanno fatto l'esperienza della pace che nasce dall'incontro con la misericordia di Dio possono diventare testimoni di tale misericordia perdonando in nome dell'amore di Dio i peccati degli uomini.
Ogni volta che riceviamo il perdono nel sacramento della confessione facciamo la stessa esperienza: riceviamo la pace nella gioia di scoprire la misericordia infinita di Dio rivelata una volta e per sempre nel sacrificio perfetto e definitivo della croce.
Tommaso, così simile a noi, non riesce a cogliere il dono della pace semplicemente perché non coglie la misericordia di Dio. Ancora una volta i segni della croce convertiranno il tiepido e lo scettico. Solo l'amore è credibile, e Dio è credibile perché ci ha amati fino a non risparmiare nulla, a non lasciare nulla per sé. "Mio Signore e mio Dio" esclama Tommaso quando finalmente tocca con mano i segni della passione di Dio per lui.
A che grande compito siamo stati chiamati da Gesù stesso, donare la pace al mondo testimoniando nella nostra vita, nelle nostre famiglie, nelle nostre relazioni affettive, nel nostro impegno quotidiano, la serenità nella consapevolezza dell'infinita misericordia di Dio.
Abbiamo bisogno di ritornare spesso a Cristo crocefisso e risorto per vivere e trasmettere la pace. Le crisi personali e le crisi delle famiglie, sono spesso crisi di pace interiore. E la sorgente della pace è la misericordia di Dio, l'incontro con il suo amore misericordioso che ci salva dal peccato e ci riempie di speranza. Accogliamo allora Gesù che viene oggi come ieri a donarci la sua pace. In primo luogo nella Chiesa e nei sacramenti, in particolare nella riconciliazione e nell'eucarestia. Viene nella riflessione attenta sulla sua Parola e nella preghiera personale, nella quale apriamo il nostro cuore con tutto ciò che vi ribolle dentro allo sguardo di Dio. Viene negli incontri con i crocefissi di oggi, nelle occasioni in cui uno slancio coraggioso basato sulla sua parola può contribuire a ricomporre una frattura, a svelenire un rapporto, a ricostruire una amicizia, a ridare fiducia. Viene sempre e comunque a porte chiuse, non ama la folla, la confusione. Il Signore predilige il rapporto personale con la nostra anima, si rivela al crepuscolo (la sera di quello stesso giorno), sovente nel silenzio, sempre nell'anelito sincero del raccoglimento.

Commento a cura di Stefano e Teresa Cianfarani