Omelia (14-05-2006)
don Luciano Sanvito
Da mondani a mondati

L'immagine della vite e i tralci è profondissimamente dinamica:
- nel positivo (scorrere della linfa', unità sempre più salda, purificazione e purgazione)
- nel negativo (recisione, infruttuosità, morizione, isolamento).

Al nostro istintivo e automatico (per noi ormai naturale) cammino di mondanizzazione sempre più vasto e profondo, il Vangelo contrappone la proposta della novità del Regno riprendendo l'immagine tradizionale, universale e antichissima della vite.

Novità che è ritorno in noi alla presa di coscienza, grazie alla Parola che ci estrapola dall'essere succubi del mondo e ci innalza sul mondo come mondi, simboli della fruttuosità e della saldezza di questo Regno che non è opera nostra ma del Vignaiolo: il Padre, che grazie all'intervento di Gesù ci raggiunge nella radice e nella radicalità della realtà vitica e vitale che solo così può operare interventi profondi, nella vita e nella morte quotidiana fisica e morale, per volgere tutto alla crescita della vite.

Solo a questo punto è possibile intuire che la vite è la vita.
Solo la presa di coscienza dell'essere tralcio o in-tralcio al Regno ci riporta alla proposta della conversione radicale e gioiosa ad esso.
Solo la coscienza del non essere antagonisti ma protagonisti con il Padre ci riporta nel vivo del Cristo Risorto, parteci della sua linfa vitale che scorre abbondante a fiumi di Spirito Santo, anche oggi.

Ogni altro discorso che ci svia da qui ci toglie dalla vite, ci fa recidere dal mondo, ci fa restare immondi e mondani, in attesa del fuoco inceneritore che nulla risparmia.

Solo il fuoco dello Spirito può farci riprendere vita nella crescita di questa vite, nell'unità con essa e con i tralci, e nel produrre frutti di vita, di verità, e di unità.