Omelia (30-04-2006) |
padre Paul Devreux |
Gesù risorto è un vero maratoneta! Si dà un gran da fare per cercare di alleviare le sofferenze a tutti i suoi cari discepoli e amici. Prima va dalle donne al sepolcro, poi corre dai discepoli d'Emmaus e perde molto tempo prezioso con loro, poi corre da Pietro e alla fine si presenta a tutti i discepoli. Meno male che ha cambiato natura, altrimenti sarebbe impossibile. Questo ci fa capire con quanta premura e urgenza egli vuole alleviare la sofferenza a chi sta male per via della sua morte e quanto è presente nella vita di ognuno di loro. Abbiamo detto domenica scorsa che i discepoli fanno fatica ad accogliere la pace che Gesù gli porta perché è difficile relazionarsi con un morto, anche se risorto. Inoltre pensano di essere nei guai e non sanno più cosa fare. Ma è altresì vero che rivedere Gesù e credere alla prospettiva di una vita dopo la morte è troppo bello e anche il troppo bello è difficile da credere. I discepoli non si aspettavano la venuta di Gesù in mezzo a loro, nonostante la testimonianza delle donne, di Pietro e dei discepoli di Emmaus. Si vede dal loro stupore e spavento. Pensano che è un fantasma, sono turbati e increduli. Non dobbiamo biasimarli, ma piuttosto domandarci come mai a volte noi diciamo di credere così facilmente? I discepoli hanno bisogno di tempo per superare la paura ed essere in grado di ascoltare ciò che Gesù ha da dirgli e Gesù dà loro questo tempo, mettendosi a mangiare. Solo quando li sente pronti, Gesù comincia a rispiegare ciò che prima della sua passione i discepoli rifiutavano di sentire: il fatto che doveva patire e risuscitare e i motivi per cui questo era necessario. Poi li invita ad essere testimoni di questa buona notizia. Il testimone è colui che ha visto, e non ha paura di raccontare ciò che ha visto. Io cosa ho visto e cosa posso raccontare? Posso affermare che Dio esiste, che si prende cura della mia vita e che ascolta le mie preghiere. |