Omelia (07-05-2006) |
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* Questa IV domenica di pasqua è chiamata comunemente "Domenica del Buon Pastore". Ciò è dovuto al fatto che in questa domenica viene letto il vangelo del buon pastore (Gv 10,11-18). Non si racconta più una apparizione di Gesù risorto ai suoi discepoli, ma viene presentato il suo modo nuovo di essere in mezzo ai suoi e l'impegno al quale tutti i credenti sono chiamati: diventare un solo e unico gregge del unico pastore, Gesù. "Io sono il buon Pastore" * Gesù oggi si autopresenta con un titolo molto carico di significato. Chiama se stesso Pastore e aggiunge una qualifica, "Buono" o anche "Bello". Il pastore è un titolo che nella Bibbia veniva applicato a diverse personalità: Pastore era Mosè, Davide, ma soprattutto era un titolo di Dio. Dio era l'unico pastore del suo gregge Israele. Ora quando Gesù definisce se stesso pastore buono, vuol dire non soltanto che lui è Dio, l'univo vero pastore del suo popolo, ma ne presenta una caratteristica importante. Questo pastore è "buono". E' la bontà la qualifica specifica di questo pastore. "Il buon pastore dà la sua vita per le pecore" La bontà di questo pastore si manifesta nel suo dare la vita per le pecore, contrapponendosi al mercenario a cui non l'importano le pecore ma cerca soltanto il proprio interesse personale. Tra questo pastore buono che dimostra il suo amore per il gregge si istaura un rapporto di conoscenza reciproca, cioè di profonda comunione tra di loro. Questa immagine del Buon Pastore, è forse quella che meglio manifesta la premura di Dio per noi. Possiamo trascrivere questa realtà in una immagine vicina a noi. * Pensiamo alle mamme. Per esse tutti i suoi figli sono uguali, a tutti vogliono bene, per tutti si preoccupano. Ma il più piccolo richiama in modo particolare la sua attenzione, perché più debole, perché ancora in un certo senso non può badare a se stesso. Sono le mamme che passano tutta la notte attorno al figlio malato, magari mettendo da parte i loro problemi, le loro cose, ma restano lì accanto al letto con il figlio che in quel preciso momento è più bisognoso degli altri. La mamma, come Gesù buon pastore, è quella che cerca di allontanare dai figli, in tutti i modi possibili, il male, la cattiveria (il lupo), e per questo non misura la stanchezza, lo sforzo che implica tutto ciò, non si risparmia niente. Pensiamo a una cosa così elementare, ma che a volte neanche si pensa: l'allattamento. Questo è uno dei modi, forse il più bello, che manifesta il "donare la vita" di una mamma. Il latte materno, mi diceva qualcuno, si produce anche con il sangue della donna che allatta. Una volta vidi un servizio in TV circa la siccità in alcune zone dell'Africa. C'era gente che non aveva assolutamente nulla, e ci si aspettava una tragica fine per queste popolazioni, se non arrivavano gli aiuti umanitari. Un'immagine mi colpì particolarmente. C'era una donna, tutta magra, quasi senza vita, con un bambino in braccio, a cui stava dando il latte. Ma questa donna non aveva ormai niente da offrirgli, il suo corpo non produceva più latte. Quando il bambino smise di succhiare, si staccò dal seno della madre, e invece di latte, uscì qualche goccia di sangue. Questo è l'amore con cui Gesù Buon pastore si manifesta a noi, ancora oggi nella sua Chiesa. Nei pastori che lui stesso ha scelto perché possano continuare la sua missione al mondo. A noi tocca ora cercare sempre più di vivere come un solo gregge, come un'unica famiglia, per poter essere partecipi di questa bontà. Commento a cura di Marcelo Garcia |