Omelia (16-05-2006)
mons. Vincenzo Paglia


Questo brano evangelico si situa nel discorso di commiato di Gesù dai suoi discepoli. Alla conclusione del lungo periodo vissuto con essi, il Signore si rende conto che è un distacco difficile e doloroso, e per questo parla della pace che lascia loro come in eredità. Non una pace qualunque, ma quella che lui stesso, il Signore, vive, cioè quella che nasce dalla confidenza nel Padre, dalla certezza di non essere soli, dalla fiducia di non veder mai mancare il sostegno e la consolazione di un Dio che per primo si è mosso incontro agli uomini. "Vado e tornerò a voi" dice Gesù, apparentemente contraddittorio. Eppure l'ascesa la cielo per stare col Padre significa anche che il Signore resterà più vicino a tutti gli uomini, ovunque essi siano, e non lascerà mai nessuno solo, una volta che i discepoli saranno dispersi ad annunciare il Vangelo in tutti gli angoli della terra. Questo è confermato dal fatto che l'allontanamento di Gesù non è frutto Dio una mancanza di amore, non è il tradimento a cui sono abituati gli uomini, anzi è frutto di un amore più grande, proprio perché "bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato". Obbedire al Padre è allora il segno di accettare umilmente di far parte di un disegno di amore per gli uomini che supera le nostre capacità e ci rende capaci di sentimenti e azioni grandi e vere.