Omelia (27-05-2006)
mons. Vincenzo Paglia


Il Signore insegna ai suoi discepoli a pregare. Ma non lo fa con un insegnamento teorico, ma più semplicemente offrendo se stesso come esempio. Questo significa infatti chiedere al Padre "nel suo nome", cioè con la sua stessa fiducia che saremo ascoltati, con la sua stessa certezza che egli non negherà cosa è buono per noi e per tutti. Perché nell'atto stesso di chiedere ci facciamo umili, riconosciamo il nostro bisogno di aiuto, affermiamo che non possiamo bastare a noi stessi. il Signore si è presentato a noi come Figlio, cioè sottomesso ad una volontà più grande di lui e che veniva prima di lui, e come ha fatto per primo lui propone anche a noi di sottometterci ad una logica di amore più grande del nostro. E' la logica che ha spinto il Figlio a lasciare il Padre per amore degli uomini, pur sapendo cosa avrebbe dovuto patire; è la logica che ha fatto sì che il Padre lo resuscitasse dalla morte, ed è la logica che ora lo fa tornare al Padre, dopo avere compiuta tutta intera la sua volontà. Immergiamoci in questo modo di vivere e di essere non per se stessi ma per gli altri e impareremo le parole per chiedere al Padre e il cuore per non dubitare della sua risposta.