Omelia (29-05-2006) |
mons. Vincenzo Paglia |
I discepoli hanno la presunzione di aver capito tutto. Poiché Gesù ha aperto loro il suo cuore, rivelando la bellezza della vita col Padre che gli viene offerta, credono di possederla già. Il Signore ancora una volta ha pietà di loro. Non li condanna alla loro arroganza e non lascia che rimangano schiavi del presuntuoso credersi arrivati. Li mette di fronte alla loro debolezza, alla fragilità della loro vita che di lì a poco li farà temere per se stessi e fuggire davanti alla minaccia di essere coinvolti nella passione del loro Maestro. Anche questo è un segno della sua misericordia. Li riporta infatti alla loro dimensione reale perché solo riconoscendo il proprio bisogno potranno accettare l'aiuto che è loro offerto. E' questa infatti la pace vera: non il credere di essere esente da ogni problema, ma sapere che il Signore è pronto a soccorrerci in ogni situazione, per quanto grave e miserevole possa essere. E di certo possiamo aver fiducia nel suo potere buono che ha già vinto in modo definitivo ciò che teneva gli uomini e le donne soggiogati, la morte. Essa non è più l'ultima parola, ma è la tribolazione attraverso cui passare per incontrare la Resurrezione alla vita nuova. |