Omelia (14-05-2006) |
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"Rimanete in me e io in voi". Nel proclamare il vangelo di oggi, ciò che colpisce è l'insistenza con la quale Gesù ci invita a rimanere in lui. Tutto questo per sottolineare la condizione indispensabile, l'importanza vitale dell'unione del discepolo con il suo Maestro per un'esistenza autentica e ricca di frutti. L'evangelista Giovanni ci mette in guardia dal rischio di pensare che essere cristiani significhi solo compiere delle opere. L'eucaristia che celebriamo alimenta la nostra comunione con Cristo, diventa manifestazione del desiderio che alberga nel nostro cuore: rimanere alla presenza del Signore, lasciarsi incontrare da lui, stare con lui, perché senza di lui non possiamo fare nulla. Rimanere uniti a Lui significa rimanere nella verità; essere alla scuola della verità vuol dire lasciare che la parola di Gesù ci purifichi e tolga da noi tutto ciò che non è in sintonia con lui. Apriamo il nostro cuore alla speranza, perché, con Cristo, è davvero possibile vivere un'esistenza piena di frutti: il "molto" detto con altrettanta insistenza da Gesù rivela chiaramente che non siamo condannati all'insuccesso, che la nostra esistenza non è come una vite disseccata. Anzi, la linfa vitale, sgorgando dalla grazia dei sacramenti e dall'unione spirituale con il Signore, ci dà la garanzia dei frutti abbondanti. La stessa Parola di Gesù continuamente ci purifica dal male e dal peccato. Questa Parola raffina continuamente la nostra adesione di fede insegnandoci l'autenticità della sequela. Tutto questo esige da noi responsabilità, impegno, decisione, coraggio, umiltà. La chiamata dell'Apostolo Paolo ci è di esempio. Come per lui l'incontro con Cristo ha significato una radicale novità di vita, così questo vale anche per noi. Questa è la logica della Pasqua: morire al peccato per risorgere a vita nuova. |