Omelia (21-08-2003)
padre Lino Pedron
Commento su Matteo 22, 1-14

Il banchetto è organizzato da un re per le nozze del figlio. I primi invitati, il popolo d'Israele, manifestano indifferenza colpevole (v.5). I vv.6-7 sono ispirati alla parabola dei vignaioli. Probabilmente Matteo ha presente le persecuzioni contro i predicatori cristiani e la distruzione di Gerusalemme nell'anno 70.

Dopo il rifiuto dei primi chiamati, l'invito è rivolto a tutti, "buoni e cattivi" (v.10).La sala piena di commensali è immagine della Chiesa.

La parabola è un appello a tutti perché sappiano che il momento è decisivo e non si può differire: "Tutto è pronto" (v.4). Di fronte alla chiamata del vangelo non c'è niente di più importante da fare.

Per stare nella sala del banchetto (la Chiesa) bisogna accettare di ricevere il vestito di nozze: la conversione, la fede. la grazia. La comparsa del re nella sala significa il giudizio dei convitati. Il giudizio non riguarda solo i primi invitati che hanno rifiutato l'invito alle nozze. I secondi non si illudano che basti essere nella Chiesa per essere salvati.

L'avvertimento finale della parabola ricorda ai convitati della comunità cristiana l'esigenza della loro vita secondo il battesimo e la serietà del loro impegno.

La chiamata di Dio non pone condizioni preliminari: la Chiesa è il luogo del grande raduno e gli invitati sono tutti peccatori. Ma peccatori che si convertono.

Il detto riguardante i chiamati e gli eletti non invita a fare i conti sui salvati e i dannati: sarebbe in contraddizione con l'uno senza abito di nozze tra i tanti invitati che riempivano la sala. Questa frase è una interpellanza personale all'ascoltatore perché cerchi di non essere nella condizione di colui che viene gettato nelle tenebre.