Omelia (04-06-2006)
padre Gian Franco Scarpitta
Conosciamo il "grande sconosciuto"

Anche se la sua importanza è stata sempre riconosciuta basilare e determinante, in tempi relativamente recenti lo Spirito Santo non ha avuto grande considerazione nel pensiero teologico o nell'attività pastorale. Alcuni teologi lo hanno addirittura definito il "grande sconosciuto", di cui si parla soltanto occasionalmente a proposito del Battesimo e della Cresima senza che Gli si attribuisca un ruolo da protagonista e limitando la sua posizione solo ad un carattere meramente funzionale. Soltanto in questi ultimi anni ci si è finalmente resi conto di questa terribile emarginazione dello Spirito Santo definita da qualcuno "anemia pneumatologica"(Ciola).
Eppure lo Spirito Santo assume un ruolo tutt'altro che secondario nella vita della Chiesa e del singolo credente e per questo non si può affatto sminuire la sua importanza. E' proprio lo Spirito che all'origine vincola il Padre e il Figlio in modo consustanziale, eterno ed indissolubile, essendo Egli stesso l'Amore fra i Due; è in forza dello Spirito Santo che avviene quel magnifico evento che è l'Incarnazione di Dio in Cristo, per il quale (sempre in virtù dello stesso Spirito) Maria concepisce pur mantenendo purezza e integrità nella verginità perpetua; è lo Spirito Santo a condurre Gesù nel deserto, luogo in cui Egli supererà tutte le tentazioni demoniache, e sempre lo stesso Spirito si rende a più riprese Consolatore, Avvocato, Paraclito di cui beneficia ancora adesso il singolo credente e l'intera umanità a partire dalla comunità ecclesiale.
Qual è infatti il dono più grande che Gesù ci ha promesso se non quello dello Spirito? Come egli stesso affermava in una certa occasione "se voi che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono" (Lc 11, 9-13), poiché è appunto per mezzo della grazia di questa Persona divina che noi potremo conseguire ogni cosa e perseverare specialmente nei propositi di perfezione e di carità, essendo lo stesso Spirito a comunicare ai credenti i doni di edificazione e i carismi che messi in atto nella comunità diventano ministeri: gli uni gli altri infondono fiducia e incutono necessità che si ricorra alla grazia di Dio e ci si orienti verso la sua volontà nel procacciare ogni cosa, e per questo il dono dello Spirito è di fatto il più grande fra quelli che Gesù possa elargire ai suoi discepoli.
Lo Spirito Santo insomma è un dono insostituibile di cui siamo stati resi tutti destinatari.
Se è vero che nell'Antico Testamento ci viene presentato ora sotto forma di vento, ora come forza che emana da Dio (a volte dando l'idea anche di una scarica elettrica) e in tutti i casi come un elemento privo di soggettività e di auotocoscienza, a partire da Gesù Cristo Egli diventa ben comprensibile come Persona alla pari del Padre e del Figlio, capace di illuminare, indirizzare, convincere, prendere decisioni assieme agli apostoli e di garantire sicurezza, costanza e coraggio nell'impeto della missione. Lo Spirito Santo è di aiuto al singolo credente che si trova sostenuto dalla Sua grazia nelle decisioni personali e nella vita di interrelazione con i fratelli, e nel vico contesto della comunità ecclesiale Egli si fa' soggetto di coesione e di comunione fra tutti, motivando e fondando la fraternità e la gioia delle singole chiese, soprattutto a partire da quella famosa mattina a Gerusalemme in cui si consumano i fatti narrati da Luca negli Atti degli Apostoli (2, 1- 13): qui lo Spirito Santo non soltanto riempie gli apostoli, prima impauriti e nascosti, slanciati e determinati nel ministero dell'annuncio, ma comunica che la salvezza di Dio è universale, indirizzata a tutti i popoli indistintamente. A Gerusalemme si trovano infatti popoli di ben 12 nazioni, quante erano state le tribù di Israele (12) che nonostante la varietà etnica e culturale, la differenza degli idiomi e delle provenienze geografiche capiscono tutti e nella stessa misura quello che scaturisce dalla bocca degli apostoli, che dal canto loro proclamano i prodigi e le meraviglie compiute da Dio, comunicando così un messaggio di salvezza indirizzato a tutti i popoli e a tutte le nazioni che verrà poi reso più accessibile dal discorso di testimonianza di Pietro.

Dicevamo all'inizio che per noi lo Spirito Santo è un dono di primaria importanza. Sì, perché Egli tutt' oggi non si smentisce nell'essere fautore di doni e di garanzie, soprattutto nell'evidenza delle difficoltà e delle carenze in cui versano gli uomini della nostra epoca, sempre demotivati e sconcertati di fronte alla violenza e all'immoralità dilagante, e per ciò stesso bisognosi di slancio nell'azione e nella perseveranza su questo mondo. In moltissimi casi ci è necessario recuperare il coraggio di agire di fronte alla titubanza e di essere costanti nelle scelte e delle deliberazioni intraprese come pure vincere la paura e l'insicurezza in particolari circostanze o ambiti della vita in cui sempre e comunque siamo chiamati ad esercitare una missione divina e pertanto si impone la tenacia nelle lotte, specialmente quando la perseveranza del bene viene continuamente messa alla prova dalle ingiustizie e dalle altrui irriconoscenze. Anche nella vita della Chiesa si è non di rado sconcertati e disorientati e si vorrebbe trovare il giusto criterio per il retto agire.
Ciò suppone che invocare lo Spirito Santo è quanto mai necessario e irrinunciabile e il ricorso a Lui come agente di santificazione e di edificazione personale e comunitaria non può che qualificarsi di estrema urgenza; il fatto che esistano numerosi movimenti carismatici di connotazione differente e di diversa natura e scaturigine (anche se a volte poco attendibili) suggerisce che oggi dello Spirito ci si è finalmente ricordati e che si riconosce la necessità del suo intervento nella nostra storia ma occorre che la sua presenza e la su azione venga qualificata nei termini più appropriati giacché egli non vuole affatto essere elemento di alienazione o di fuga dal quotidiano per un'estasi momentanea e fittizia, ma piuttosto qualificare costantemente la nostra vita senza distoglierci dalla realtà ma anzi aiutandoci ad assumerla fino in fondo in tutte le sue stratificazioni; è ben lungi dal dispensarci dalla lotta, ma piuttosto ci arma nel combattimento orientandoci nel superamento delle sfide e degli ostacoli.
Per questo occorre altresì che alla Sua azione corrisponda sempre la nostra docilità e la sensibilità di sottomissione spontanea, fiduciosa e filiale e che non noi non si ponga limiti al suo agire silenzioso e determinate nella nostra esperienza viva e attuale.