Omelia (24-08-2003) |
padre Lino Pedron |
Commento su Giovanni 6, 60-69 In questo brano viene descritta la reazione negativa dei discepoli alla rivelazione di Gesù sul pane della vita. I giudei e i discepoli manifestano la loro incredulità. Queste persone non sono rinate dallo Spirito Santo, perciò non possono credere alla rivelazione di Gesù. Per questo il discorso di Cristo appare loro duro, ossia assurdo e inaccettabile. Di fronte allo scandalo dei discepoli che non credono, Gesù parla subito dell'evento conclusivo della sua esistenza terrena, che potrebbe essere motivo di uno scandalo maggiore: è Gesù con la sua natura umana che sale al cielo. Lo scandalo dell'ascensione sta nel fatto che un "uomo" sia salito presso Dio, dove svolge la sua funzione di avvocato in nostro favore (1Gv 2,1). La ragione per cui i discepoli rimangono increduli è che non si lasciano vivificare dallo Spirito Santo e perciò sono dominati dalla carne, cioè sono schiavi della natura umana e dell'istinto, che non può accettare il sublime mistero della rivelazione del Figlio di Dio. Per quanto riguarda la rivelazione del Figlio di Dio, la carne (= tutte le capacità dell'uomo) non giova a nulla perché solo lo Spirito dà la vita di Dio. La natura umana infatti è incapace di trascendere i suoi limiti per accogliere le parole di Gesù che sono Spirito e Vita. Di qui la necessità della fede per ricevere la rivelazione di Cristo e il suo corpo e il suo sangue nell'Eucaristia. Solo lo Spirito Santo può far salire l'uomo al livello divino delle parole del Cristo. Proprio per questo, negli scritti di Giovanni, lo Spirito Santo è presentato come lo Spirito della verità (Gv 14,17; 15,26; ecc.), ossia come la persona divina in funzione della rivelazione di Gesù, in quanto deve far penetrare nel cuore degli uomini la rivelazione del Verbo incarnato. Gesù termina il suo soliloquio constatando con tristezza che alcuni dei suoi discepoli non credono. Egli dà la spiegazione ultima dell'incredulità dei discepoli, come aveva fatto a proposito dei giudei (v.44). L'adesione alla persona di Gesù è un dono di Dio, che l'uomo può accogliere o rifiutare. Nel v.66 si descrive la conclusione della crisi spirituale dei discepoli increduli: abbandonano Gesù e non lo seguono più. Dinanzi alla defezione massiccia di tanti discepoli, Gesù mette alla prova anche i Dodici, chiedendo loro: "Volete andarvene anche voi?"(v.67). Gesù invita gli apostoli a rinnovare la loro scelta: o accettare la sua rivelazione, anche sconcertante, o abbandonarlo e andarsene. La risposta all'interrogativo provocatorio del Cristo viene da Simone Pietro, il quale, a nome dei Dodici, professa la sua fede nella messianicità divina di Gesù. Egli riconosce in Gesù il Signore che ha parole di vita eterna. Quello che per gli altri è un discorso duro, assurdo e inaccettabile (v.60), per Pietro sono parole di vita eterna (v.68). La medesima cosa è scandalosa per l'uomo carnale e fonte di vita eterna per il credente. |