Omelia (21-05-2006) |
mons. Antonio Riboldi |
Voi siete miei amici Ci sono pagine del Vangelo in cui Gesù svela quel meraviglioso e a volte misterioso santuario che è il nostro cuore. E' lì che l'uomo, tutti noi, davvero narriamo ogni giorno le nostre gioie e le nostre speranze, le nostre angosce e le nostre sofferenze. E' lì che domina su tutto, come "impronta del Padre che ci ha creati a Sua immagine e somiglianza", la nostra vera natura, ossia un amore ricevuto e donato. Direbbe Paolo, l'apostolo, nella sua lettera ai Corinzi: tutto passa, ma la carità resta per l'eternità. L'amore, possiamo dirlo con franchezza, non solo è il "sigillo" di Dio, ma dovrebbe essere il "sigillo di ogni uomo". Chi di noi infatti non sente il bisogno, come l'aria dell'anima, di amare ed essere amato? Purtroppo l'egoismo è capace a volte di mettere al posto della amicizia, di questo immenso bisogno di amore, le cose che non hanno anima, e quindi sono mute...come l'ambizione, il danaro, il piacere. Ero stato invitato un giorno a cena da una famiglia. Aveva una bella villa circondata da un meraviglioso parco, il tutto protetto da un muro di cinta con tanto di telecamere per la sicurezza. Un uomo che, diremmo oggi, aveva tutto...ma nella nostra meraviglia per tutto questo, l'amico che mi aveva invitato, improvvisamente ebbe come un sussulto d'anima e con infinita amarezza, che non riusciva a trattenere, disse: "E' vero, oggi ho tutto quello che un uomo può desiderare: casa, danaro famiglia. Ho sudato una vita per costruire tutto questo, sacrificando amicizie, a volte persino ho come sfrattato Dio, pensando che non c'era posto per Lui nella mia corsa a questo benessere. Ora mi sento come uno cui manca tutto. Uno che passa le notti fissando le telecamere per la paura che qualcuno venga a distruggere con la rapina questo stupido, inutile paradiso. E quello che più mi manca è l'amicizia". Aveva ragione. Se c'era un meraviglioso tesoro quando le nostre famiglie erano "povere" di cose, ma ricche di figli e di fede, era il tanto, ma tanto posto, per la fede, l'accoglienza, la gioia. Si viveva in una comunità, dove tutti ci si conosceva e si era amici, pronti gli uni gli altri a farsi in quattro perché a nessuno mancasse almeno la certezza che non era solo nella gioia e nel dolore. La Parola di Dio oggi, sia nella lettera di Giovanni sia nel discorso di Gesù nell'ultima cena, è una solenne dichiarazione di amore che non è fondata sulla sabbia, come sono tante nostre affermazioni, ma sulla roccia del Cuore di Dio. Possiamo facilmente immaginare il clima dell'Ultima Cena di Gesù con i suoi, prima di avviarsi verso la dimostrazione di cosa voglia dire "essere amico", ossia dare la propria vita per renderci felici: e Gesù era atteso di lì a poco a iniziare il durissimo cammino verso il Calvario e quindi la crocifissione. Certamente davanti al suo Cuore, angosciato (lo dirà nella agonia del Getsemani) sfilavano le cattiverie, fino al disumano, di cui siamo capaci quando in noi viene meno l'amore. Ogni parola in quella Cena pesa come un testamento prezioso, affidato ad ognuno di noi: un testamento in cui si scriveva ciò che siamo chiamati ad essere e tante volte non siamo. Così parla Gesù agli apostoli ieri, e oggi a noi. "Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici. VOI SIETE MIEI AMICI, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone: ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio, l'ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga: perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo io vi comando: amatevi gli uni gli altri" (Gv 15,9-17). Mentre scrivo queste parole, mi sento come uno dei discepoli seduti a tavola nel cenacolo con Gesù, maestro di amore, dono di amore, fonte di amicizia. Sento con voi la povertà dell'uomo che "ha sete del Dio vivente" ossia dell'amore, e lo cerca con passione. Le parole "amatevi come il Padre vi ama". Come posso misurare l'immensità dell'amore del Padre? Ci credo almeno che Lui mi vuole un bene che nulla e nessuno può dare...nemmeno una briciola? E parla non di un amore che conosce la fragilità nostra, ma di un amore che contiene tutto il bene possibile per noi: un amore che va oltre i confini di questa vita: un amore che non si spaventa se a volte deve condividere "la passione di Gesù" nel dare la vita. "Mi sento talmente nel Cuore di Dio - mi confidava un giorno un mio caro amico missionario, la cui vita era uno specchio di cosa voglia dire "rimanere nell'amore di Dio" - che non ho alcuna paura. A volte contemplando questo amore mi sento sollevare da terra. E' bello, troppo bello, avere per amico Gesù". E quel carissimo amico, mandato in missione,, si diede totalmente alla difesa dei poveri che venne, dopo pochi mesi, ucciso ed ora gode dell'amicizia fissando il volto di Dio. Sempre immaginando di essere a tavola con Gesù, e questo avviene nella Eucarestia, le nostre parole sembrano fastidioso rumore, nel sentire Gesù ripetermi: "Voi siete miei amici...se fate ciò che vi comando..." Ed ancora, come a sottolineare le parole: "Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone, ma vi ho chiamato amici, perché tutto quello che ho udito dal Padre mio, l'ho fatto conoscere a voi". Non so cosa dicano a voi, carissimi, queste parole che oggi, dico oggi, rivolge a noi Gesù: "Vi chiamo amici...siete miei amici". So quello che vuol dire la vera amicizia, anche sul piano umano: vuol dire condividere tutto con l'amico, gioie e dolori; vuol dire non essere soli, ma contare sull'amore di chi sarà sempre vicino fino all'eternità. Sappiamo tutti che l'amicizia di Gesù è camminare con Lui, fino a salire sulla croce sua, ossia conoscere la prova dell'amore capace di offrire la vita. A volte forse si vorrebbe che l'amore di Dio ci risparmi quelle prove che sono "la valle oscura" che tutti a volte siamo chiamati ad attraversare. Quei momenti in cui sembra che Dio ti abbia voltato le spalle e non si interessi più di te. Quanta gente, davanti alla sofferenza, si è ribellata a Dio, rinunciando al suo amore...senza sapere che quella sofferenza fa parte di un piano di salvezza, duro se vogliamo, ma in cui Lui si fa nostro Cireneo, o prende il posto di Maria sotto la croce, la nostra croce. Ho conosciuto, sul piano umano, persone che hanno voluto bene a qualche persona: il marito, la moglie, un figlio, un amico, da non fuggire nella loro sofferenza, ma condividendola fino in fondo. Oltre la stessa morte. Una fedeltà che è la natura della amicizia, come quella di Dio per noi. Giovanni l'Evangelista, quella sera era vicino a Gesù a tavola e fu lui che poggiò il suo capo sul petto di Gesù per sapere chi lo avrebbe tradito. E' lo stesso discepolo che visse l'amicizia fin sotto la croce. Lui, educato alla amicizia alla scuola del Maestro, così scrive nella sua prima lettera: "Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama, non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui. In questo sta l'Amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è Lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio unigenito come espiazione per i nostri peccati" (1 Giov. 4,7-10). Carissimi, che mi seguite da tempo nella riflessione, e vi considero tutti legati a me dal dolce vincolo dell'amicizia, questa sera voglio dirvi come Gesù: "Voi siete miei amici perché tutto quello che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi". Mi resta l'augurio fatto da Gesù ai suoi: "Rimanete nella nostra amicizia". Fa davvero bene. Prego con Madre Teresa di Calcutta, grande esperta di questo amore: Signore, insegnami a non parlare come un metallo squillante o come uno strumento che suona a vuoto, ma con amore. Dammi la fede che muove le montagne, ma con amore. L'amore che è paziente e sempre premuroso, mai presuntuoso o permaloso. L'amore che gode nella verità, che sempre perdona, ama, perdona, sopporta. Fa' che alla fine dei giorni, quando tutto apparirà chiaro, io possa essere stata un umile riflesso del tuo amore". |