Omelia (28-05-2006) |
Comunità Missionaria Villaregia (giovani) |
Il semaforo blu Una volta il semaforo che sta a Milano in piazza del Duomo fece una stranezza. Tutte le sue luci, ad un tratto, si tinsero di blu, e la gente non sapeva più come regolarsi. Attraversiamo o non attraversiamo? Stiamo o non stiamo? Da tutti i suoi occhi, in tutte le direzioni, il semaforo diffondeva l'insolito segnale blu, di un blu così blu il cielo di Milano non era stato mai. In attesa di capirci qualcosa gli automobilisti strepitavano e strombettavano, i motociclisti facevano ruggire lo scappamento e i pedoni più grassi gridavano: "Lei non sa chi sono io!"... Finalmente arrivò un vigile e si mise lui in mezzo all'incrocio a districare il traffico. Un altro vigile cercò la cassetta dei comandi per riparare il guasto, e tolse la corrente. Prima di spegnersi il semaforo blu fece in tempo a pensare: "Poveretti! io avevo dato il segnale di "via libera" per il cielo. Se mi avessero capito, ora tutti saprebbero volare. Ma forse gli è mancato il coraggio". Il semaforo blu è l'intrusione di qualche cosa di assolutamente "diverso" nel tranquillo tran-tran quotidiano. E' la scoperta improvvisa di una nuova dimensione. Gli uomini sono abituati, come gli automobilisti, a vivere con la testa china sul volante, badando solo alla strada, ciascuno chiuso nella sua scatola di ferro, preoccupato del lavoro, del denaro, delle mille "grane" quotidiane. Il semaforo che diventa blu è qualcosa che dice: "Fermi! State buttando via un tesoro. Non c'è solo la terra. Guardate su! C'è anche il cielo..." La Festa dell'Ascensione è proprio questo semaforo blu che ci dà la "via libera" per il cielo. E davanti a questo fatto cerchiamo di capirci qualcosa, la grazia che questo Mistero vuole rivelarci. Ci chiediamo due cose: primo, qual' è il contenuto storico di tale mistero; secondo, qual' è il suo contenuto spirituale, cioè cosa significa per la Chiesa tale mistero. Il fatto "storico" è rievocato con abbondanza di particolari nel primo capitolo degli Atti, e in modo sintetico e chiaro da Marco nel brano evangelico: "Il Signore Gesù, dopo avere parlato con loro, fu assunto al cielo e sedette alla destra di Dio". Fino a qualche tempo fa, questa descrizione richiedeva, bensì, un atto di fede, ma era comprensibile e lasciava tranquilli; il cielo era ancora considerato, come al tempo di Gesù, quello spazio misterioso e vuoto che sta sopra la nostra terra e in cui dimora Dio. Oggi, però, diventa sempre più difficile continuare a pensare al mondo con questo schema a tre piani (cielo, terra, sottoterra). Da quando l'uomo, con le sue macchine, ha violato gli spazi di questo cielo, noi ci stiamo convincendo sempre più che non esiste un cielo come quello che avevamo immaginato per tanti secoli UN CIELO COME LUOGO. Che significa perciò dire che Gesù è salito al cielo? La risposta - anche se non ci avevamo fatto caso - è nello stesso Vangelo: Fu assunto in cielo, cioè sedette alla destra di Dio. Gesù non entra in un "luogo", ma in una "dimensione" nuova, dove non hanno più senso le nostre espressioni "sopra", "sotto", "davanti", "dietro". Andare in cielo, significa andare a Dio; essere in cielo, significa essere presso Dio, rimanere in Lui per sempre. La risurrezione e l'esaltazione di Cristo riempie ogni vuoto sulla terra. Terra e cielo sono ricongiunte tra loro. Dio sarà tutto in tutti: tutto Dio, tutto Paradiso, tutto Gesù. Gesù non è asceso a un cielo già esistente, ma è andato a formare il cielo: Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi porterò con me, perché siate anche voi dove sono io (Gv. 14, 2-3). Il cielo è, dunque, il corpo del Cristo risorto con il quale andranno a ricongiungersi, per formare un solo Spirito con lui, tutti i salvati (cf. i Cor. 6, 17; 15, 49ss.). Il cielo è quel " tempio " misterioso di cui si parla nell'Apocalisse, che è l'Agnello stesso ucciso e in piedi (Ap. 5, 6), il tempio distrutto e ricostruito (cf. Gv. 2, 19). E ora, chiarito questo punto, che cosa significa andare in cielo, sforziamoci di penetrare il significato per noi del mistero che celebriamo. Che cosa ci attesta la festa dell'Ascensione? Ci attesta che Gesù' è andato al Padre. Da qualche domenica, stiamo ascoltando le parole di Cristo:" Io vado al Padre; se io non vado...; ecco, ora io vengo a te, o Padre." Andare al Padre, non significa tanto lasciare questa terra, quanto essere glorificato, andare a ricevere il trono nella nuova condizione acquisita con l'Incarnazione e la Pasqua. Cristo, anche come uomo, con il suo corpo, è glorificato dal Padre con quella gloria che egli, come Figlio di Dio, aveva prima che il mondo fosse (cf. Gv. 17, 5). Con lui, un frammento del nostro universo è giunto definitivamente a Dio ed è stato da lui accolto. Si tratta però di " una primizia " che esige un seguito, o, meglio, del Capo che richiede il suo corpo che è la Chiesa. Con lui, perciò, tutti noi siamo ascesi in speranza e in promessa; abbiamo posto la nostra candidatura a essere un giorno con il nostro Capo e Maestro presso Dio: " Oggi ricordiamo e celebriamo il giorno in cui la nostra povera natura è stata elevata in Cristo fino al trono di Dio Padre" (san Leone Magno). L'Ascensione attesta, dunque, che Gesù è andato al Padre e che anche noi andremo al Padre. Il Paradiso è il seno della Trinità che ci ha generati. Con il peccato l'uomo è uscito da questo seno e Gesù, che ci ha liberati dal peccato, con l'Ascensione ci dice che con il suo ritorno al Padre ci riporta tutti con sé. Forse possiamo comprendere il Cielo se lo contrapponiamo al Non-cielo. Chi da bambino non ha giocato a Paradiso e Inferno? Si doveva scegliere un numero, un nome... e se eri fortunato capitavi in Paradiso, per i meno fortunati c'era l'Inferno e una penitenza da pagare. Non è questione di fortuna, ma di scelte che già da ora possiamo fare, perché il Paradiso comincia già adesso. La festa dell'Ascensione ci dà modo di riaccendere ogni anno di nuova luce la più grande certezza della nostra vita: Gesù è vivente ed è ancora con noi! E la nostra più grande speranza: Noi andremo a stare con lui presso il Padre! Chiunque ha questa speranza in lui - scrive l'apostolo san Giovanni - purifica se stesso (1 Gv. 3, 3). Non solo purifica se stesso, ma chiunque ha questa speranza non resta a guardare verso il cielo, come fecero quel giorno gli apostoli; traduce piuttosto questa speranza in impegno e in testimonianza: Allora essi partirono, si legge a conclusione del Vangelo di oggi e predicarono dappertutto. Andiamo anche noi con umiltà, sapendo in che vasi portiamo questa speranza, ma andiamo con coraggio. L'Eucaristia ci consacra ogni domenica a questa missione: Cristo è andato al cielo, noi torniamo in città e, in attesa "di essere rivestiti di potenza dall'alto", attenzione ai semafori blu! |