Omelia (28-05-2006) |
Casa di Preghiera San Biagio FMA |
Dalla Parola del giorno È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo. Come vivere questa Parola? A completare il cammino nella gioia che ci è stato proposto in questi giorni, viene la solennità dell'ascensione. Come gli apostoli anche noi siamo tentati di rimanere inerti a "contemplare" un cielo in cui Lui sembra ormai definitivamente scomparso. Lo rivedremo poi, quando anche noi saremo approdati alla vita eterna... Una rassegnata attesa e forse un po' di invidia per coloro che hanno potuto vederlo, ascoltarlo, toccarlo mentre percorreva le nostre strade. E invece, proprio al mistero dell'Ascensione è sotteso un invito alla gioia. Gesù, in quanto Dio, non ha mai lasciato il "suo posto" in seno alla Trinità. Con l'Ascensione è l'umanità che, in Lui, torna a varcare le porte di quel Regno per cui era stata creata e da cui si era volontariamente allontanata. Il nostro pellegrinaggio terreno ora ha una meta, la nostra vita un senso. Le lotte permangono, le difficoltà accompagnano il nostro incedere, ma tutto è illuminato da questa certezza: io, tu tutti già viviamo in Dio. Nell'umanità glorificata di Gesù è la mia umanità che è stata introdotta presso il Padre ed è vivificata dallo Spirito. La Trinità non è qualcosa di esterno e di estraneo a me. Io vivo in essa, già ora, qui. La mia sosta terrena è paragonabile alla vita prenatale: un esistere nell'incompiutezza, ma nell'attivo progredire verso lo "stato di uomo perfetto", fino a raggiungere "la piena maturità di Cristo". E ciò in armonia con i miei "compagni di viaggio", con cui sono chiamato a fondermi nell'unità del mistico corpo di Cristo. Oggi, nel mio rientro al cuore, lascerò che tutto il mio essere si immerga nella gioiosa contemplazione di ciò che sono e di ciò che sono chiamato ad essere. La gioia non è una meta irraggiungibile ma un dono che tu, Signore, mi porgi continuamente. Basterebbe che mi fermassi anche solo per un istante a considerare la pienezza di vita che già ora tu mi riversi in grembo. Perdona la leggerezza con cui ho vissuto finora la mia fede e dammi di cogliere la tenerezza con cui tu mi raggiungi nell'oggi. La voce di un Dottore della Chiesa Come nella solennità pasquale fu per noi causa di letizia la risurrezione del Signore, così la sua ascensione al cielo è il motivo del gaudio odierno per noi che la ricordiamo e che veneriamo solennemente quel giorno, in cui, in Cristo, l'umiltà della nostra natura fu elevata sopra tutte le schiere celesti, sopra tutti gli ordini degli angeli, al di là di ogni altezza delle potestà, ad assidersi alla destra di Dio Padre. Leone Magno |