Omelia (28-05-2006) |
padre Antonio Rungi |
"Ascende il Signore tra canti di gioia" "Ascende il Signore tra canti di gioia" è il ritornello del Salmo responsoriale che ripeteremo oggi nella solennità dell'Ascensione al cielo di nostro Signore Gesù Cristo. E' il nostro canto che vogliamo innalzare oggi in rendimento di grazie a Dio per il dono del suo Figlio Gesù, morto, risorto e asceso al cielo, ove è andato a preparare un posto per tutti noi, nel suo Regno di gioia e felicità eterna. La solennità dell'Ascensione completa l'opera della redenzione compiuta nel mistero della morte e risurrezione di Gesù e ci indica la vera meta finale di ogni essere umano e della stessa creazione, come pregheremo nella orazione iniziale della santa messa odierna: "Esulti di santa gioia la tua Chiesa, o Padre, per il mistero che celebra in questa liturgia di lode, poiché nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te, e noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria". Il frutto di questo mistero della fede sta proprio nell'esperimentare dentro di noi la vera gioia, quella eterna, quella che Cristo ci ha preparato e ci donerà a conclusione del nostro pellegrinaggio terreno. Di fronte a tante sofferenze e prove della vita, il mistero dell'ascensione di Cristo ci riporta alla vera dignità dell'uomo e dell'umanità, ci indica la strada sicura e la meta finale di tutti. In ragione di questa meta siamo chiamati a vivere il tempo presente con la mente rivolta al cielo, ma con le gambe immesse sulla terra. E' lo stesso Gesù che indica la strada più giusta ai discepoli proprio nel momento del suo definitivo distacco dalla terra, dopo la risurrezione nel suo corpo glorioso: "Uomini di Galilea, perché fissate nel cielo lo sguardo? Come l'avete visto salire al cielo, così il Signore ritornerà". Il racconto del momento in cui Gesù lascia la terra e ritorna alla destra di Dio Padre è descritto nel testo degli Atti degli Apostoli che leggiamo oggi come prima lettura: "Nel mio primo libro ho già trattato, o Teofilo, di tutto quello che Gesù fece e insegnò dal principio fino al giorno in cui, dopo aver dato istruzioni agli apostoli che si era scelti nello Spirito Santo, egli fu assunto in cielo. Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre "quella, disse, che voi avete udito da me: Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni". Così venutisi a trovare insieme gli domandarono: "Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?". Ma egli rispose: "Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra". Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se n'andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: "Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo". E' interessante notare come tale descrizione vada ben oltre alla cronaca dell'avvenimento e si ponga in una prospettiva escatologica. Quel Gesù asceso al cielo ritornerà un giorno nel modo glorioso in cui è ritornato a Dio. Chiaro riferimento al giudizio universale, alla risurrezione finale, alla ricapitolazione in Lui di tutta la creazione. La Chiesa fondata da Cristo vive la sua esperienza nel tempo tra la certezza della salvezza operata di Cristo nel mistero della Pasqua e l'attesa dell'ultimo avvento di Cristo sulla terra. Il già e il non ancora si confrontano continuamente nella vita delle persone e della comunità dei credenti. Abbiamo la certezza di alcune fondamentali verità di fede e nello stesso tempo siamo in un itinerario di speranza continua, che avrà il suo pieno compimento e la piena soddisfazione solo al termine dei nostri giorni, quando calerà il sipario sulla scena della nostra vita e sulla scena del mondo ed inizieranno cieli nuovi e terra nuova, nei quali abiterà solo la gioia, la giustizia e l'amore. Per preparare questa realtà nuova della nostra personale vita futura è necessario fare tesoro di quanto ci raccomanda l'apostolo Paolo nel brano della sua lettera agli Efesini che costituisce il testo della seconda lettura odierna: "Fratelli, vi esorto io, il prigioniero del Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti. A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo sta scritto: "Ascendendo in cielo ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini". Ma che significa la parola "ascese", se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose. È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo. L'Apostolo delle Genti accentua quello che è lo scopo fondamentale della venuta di Cristo sulla terra e della redenzione del genere umano. Scopo che è fissato a chiare lettere nei versetti finali del brano che ascolteremo: edificare il corpo di Cristo, arrivare all'unità della fede, conoscere il Figlio di Dio. Tutto questo necessita di un personale coinvolgimento nell'accettazione del dono della fede e della testimonianza della fede in Cristo, unico salvatore del mondo. Tale fede va annunciata e proclamata nei modi e nei tempi più adatti alla realtà della chiesa e della società di oggi, ma senza venir meno sui punti cardini di essa. E' Gesù stesso che chiede agli apostoli questo investimento speciale di energie personali e comunitarie proprio mentre egli lascia definitivamente la terra ed affida il compito dell'evangelizzazione al gruppo degli Undici: "In quel tempo, Gesù apparve agli Undici e disse loro: "Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno". Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano". Alla Chiesa è assicurata la vicinanza di Gesù nella sua difficile opera di far conoscere ed accettare proprio Lui come salvatore e redentore dell'uomo. Questa vicinanza la si avverte soprattutto nei momenti più difficili quando i contrasti verso la religione e la fede sono leggibili e visibili in molte situazioni come quelle che stiamo vivendo in questi giorni e in questi tempi. Non bisogna aver paura di parlare di Cristo all'uomo ed al mondo d'oggi. E' un obbligo per noi cristiani annunciare Cristo. Guai a me, ricorda l'Apostolo Paolo, se non annunciassi il Vangelo, la buona notizia che in Cristo l'uomo ha acquistato la vera libertà e la vera felicità. Temi sottolineati anche nel testo del Prefazio della solennità di oggi e che a ben ragione ci fanno riflettere e nello stesso tempo agire di conseguenza: "Il Signore Gesù, re della gloria, vincitore del peccato e della morte, oggi è salito al cielo tra il coro festoso degli angeli. Mediatore tra Dio e gli uomini, giudice del mondo e Signore dell'universo, non si è separato dalla nostra condizione umana, ma ci ha preceduti nella dimora eterna, per darci la serena fiducia che dove è lui, capo e primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gloria". Questa serena fiducia che saremo con lui dopo il nostro pellegrinaggio terreno ci fa superare con più facilità le prove presenti e le sofferenze per tanti motivi, ma ci impegna anche a realizzare su questa terra un possibile paradiso, non di quelli effimeri ed artificiali, che ci possono temporaneamente garantire cose della terra, ma di quelli che trovano la sorgente nel cuore di Dio, che è carità ed amore, comprensione e misericordia verso tutti. Si tratta, anche per noi, di sperimentare un'ascesi cristiana che abbia di mira in primo luogo i valori soprannaturali, senza sottovalutare o sminuire i veri valori umani e temporali. Un'ascesi che non è pietismo, né bigottismo, ma intima comunione con Dio, che pertanto, diventa vera ed autentica comunione con i fratelli. |