Omelia (06-09-2003) |
padre Lino Pedron |
Commento su Luca 6,1-5 Presso gli ebrei i poveri, quando erano affamati, potevano raccogliere le spighe dai campi, secondo la norma di Deuteronomio 23,26:" Se passi tra la messe del tuo prossimo, potrai coglierne spighe con la mano, ma non mettere la falce nella messe del tuo prossimo". Le spighe venivano stropicciate tra le mani e si mangiavano i chicchi che ne uscivano. Allora dove sta il problema? Secondo l'interpretazione della legge, questo poteva essere fatto tutti i giorni della settimana, fuorché il sabato. E c'era anche una penale. Se il lavoro di sabato era compiuto inavvertitamente, il colpevole veniva ammonito e doveva offrire un sacrificio espiatorio. Se invece il sabato era trasgredito nonostante i testimoni e la precedente ammonizione, il reato prevedeva la pena di morte per lapidazione. L'ammonizione è rivolta direttamente ai discepoli, però allude a Gesù. E Gesù risponde con una contro-obiezione, citando la Scrittura (1Sam 21,1-7), cioè l'autorità più alta e da tutti riconosciuta come parola di Dio. I pani dell'offerta, in numero di dodici, uno per ogni tribù d'Israele, rimanevano su un tavolo per la durata di una settimana nel Santo del tempio, come offerta a Dio. Nessuno poteva mangiarli, se non i sacerdoti quando era passata la settimana. Davide però e i suoi compagni li mangiarono, perché erano affamati e non c'era altro pane a disposizione. Nessuno biasima per questo Davide, né la Scrittura, né i dottori della legge, perché la necessità scusa la trasgressione della legge. Quindi anche i discepoli di Gesù non trasgrediscono la legge, se di sabato stropicciano le spighe perché hanno fame. Nell'interpretazione della legge bisogna cercare la volontà di Dio e il vero bene dell'uomo. E Dio non ha dato la legge per tormentare gli uomini, ma per renderli felici. Il sabato serve per risolvere le necessità del prossimo, non per creargli ulteriori grattacapi. |