Omelia (06-06-2006) |
Casa di Preghiera San Biagio FMA |
Dalla Parola del giorno Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio. Come vivere questa Parola? Un giorno Gesù aveva detto: "Non potete servire due padroni". Ora sembra contraddirsi e quasi autorizzare una dicotomia a livello pratico. È un po' quanto si verifica ancora oggi: in chiesa si rende culto a Dio con nuvole d'incenso e a casa sul lavoro a scuola ci si adegua all'andazzo comune "facendo i furbi". Nulla di più contrario alla mentalità biblica che vede l'uomo come un tutto unitario in cui materiale e spirituale sono inscindibili. Tanto meno si può pensare di attribuire a Gesù una così assurda bipartizione. Torniamo allora alla confusione dei due poteri che ha contrassegnato tanti secoli? L'espressione di Gesù non ci autorizza neppure a questo. Si tratta di recuperare quell'unificazione e quella linearità interiore che tutto riporta al suo centro. Per il credente non esiste Dio e, a fronte, l'idolo di turno. Accogliere Dio quale unico Signore della propria esistenza è impegnarsi a riportare tutto a lui, anche il proprio impegno familiare, sociale, politico. E Dio, certamente, non autorizza il disordine e l'anarchia. Il cristiano riconosce e obbedisce all'autorità debitamente costituita, si impegna per il progresso dell'umanità, ma senza idolatrare nessuno, senza svendere la propria coscienza. Anzi, là dove vedesse conculcati quei valori che negano all'uomo la sua dignità, egli ha il dovere di "rendere a Dio ciò che è di Dio", e quindi di battersi perché a ogni uomo sia garantita una qualità di vita conforme al suo essere "immagine di Dio". Oggi, nella mia pausa contemplativa, rivedrò il mio "credere": sono nella linea dell'adesione religiosa segnata da formalismo o nella linea della fede che pone al centro Dio? Perdona, Signore, tutte le volte che non ho dato a Dio ciò che è di Dio, sotto il pretesto di dare a Cesare ciò che è di Cesare, dimenticando che solo tu sei il garante della libertà e della dignità dell'uomo. La voce dei primi secoli I cristiani non si distinguono dagli altri uomini né per territorio, né per lingua, né per costumi. Abitano nella propria patria, ma come pellegrini; partecipano alla vita pubblica come cittadini, ma da tutto sono staccati come stranieri; ogni nazione è la loro patria, e ogni patria è una nazione straniera. Obbediscono alle leggi vi-genti, ma con la loro vita superano le leggi. Discorso a Diogneto |