Omelia (13-08-2006) |
don Luciano Sanvito |
Cibo eterno e sopraffino Perché mangiamo? Il Vangelo ci risponde così: per acquisire la visione del cielo. Ogni cibo ingoiato per noi stessi e da noi stessi, ci fa invece essere ingoiati dalla morte, dal destino del finito, dal nulla di fatto e di senso. Il Vangelo ci nutre per elevare alle cose celesti noi e gli altri, e il mondo. Il cibo, materialmente, è sempre lo stesso, da che mondo è mondo, per noi e per tutti; ma il modo di assumerlo, ad esempio come dono e in gratitudine e in condivisione, ci fa sperimentare l'ampiezza del cielo che ci è dato come cibo di eternità. A questo punto, il Vangelo ci fa fare un altro passo: non solo il cibo può essere mangiato per vedere il cielo e le cose celesti, ma per esserne assimilati! Diventiamo quello che mangiamo. E' la caratteristica del cibo sacro o consacrato, sempre presente in tutte le culture: dal pane e vino, al cibo della parola, dell'ascolto, della pazienza, del perdono,... Intuiamo allora che questi cibi vari e diversificati che ogni giorno ci vengono posti davanti alla mensa del cuore, della mente e dell'anima, ci possono trasformare in eterni, perché passiamo dalla materialità del cibo, alla energia e alla vitalità del cibo stesso, alla potenza e al senso del cibo, e ad essere assimilati al cibo stesso, diventando a nostra volta cibi e nutrimenti spirituali per gli altri e per il mondo: segni del cibo. E' quello che non capivano ancora quegli interlocutori evangelici: mentre divoravano e sbranavano quella persona che stava loro dinnanzi, non capivano che potevano invece renderla il loro nutrimento eterno, cibandosi di Lui e cibando Lui di loro. |