Omelia (24-09-2006) |
don Luciano Sanvito |
Quando il discorso non regge più... Il Vangelo ci presenta un atteggiamento umano molto, molto, ma molto diffuso: il "travisamento". Se sento dire: piccolo a me, lo intendo come grande; se sento dirlo a altri, lo sento come: ancor più piccolo. Se dicono: stiamo sbagliando, io dico subito: eh, sì, state sbagliando. Se sento: correggete l'errore, subito dico a me stesso: non è detto a me. Se parlano bene di me, deve essere moltiplicato per mille; se male, deve essere annullata l'operazione; se male degli altri, io aggiungo tanti zeri, che in sè non valgono niente, ma dietro quello spunto diventano un'enormità,... Il travisamento della parola, del discorso e delle intenzioni è una realtà con la quale oggi abbiamo a che fare sempre più; anche perché, mentre gli altri parlano di qualcosa per noi, come ancora dice il Vangelo odierno, noi stiamo a discorrere con gli altri delle cose che ci interessano e che vogliamo nostre in quel momento. Ecco perché, mostra il Vangelo oggi, non bastano più le parole: esse o vengono travisate, o non ascoltate dall'altro, e prima ancora non da me. Il Vangelo, in propositivo, pone la proposta del segno: piccoli ma preziosi segni, quasi in concentrato: ad esempio, un bambino, che illustra, condensa, e avvalora il dire e l'ascoltare attraverso il suo essere posto lì, in quel momento. Oggi, ci vuole dire il Vangelo, il discorso non basta più, specie se è spirituale, e quindi rischia doppiamente di essere disincarnato e astratto: occorrono segni: piccoli, preziosi e avvaloranti la parola. Segni significativi e significanti. Allora la parola, il discorso si riapre; e si riprende con più chiarezza, serenità e gioia il cammino, superando ogni ostacolo sulla strada. |