Omelia (11-06-2006) |
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Nel nome del Dio Amore * Sia benedetto Dio Padre, e l'unigenito Figlio di Dio, e lo Spirito Santo: perché grande è il suo amore per noi. Con la ripresa del tempo ordinario l'anno liturgico ci offre due domeniche per riflettere sul mistero di Dio in relazione a noi. Con questa domenica vogliamo entrare nel cuore della SS. Trinità, mentre domenica prossima saremo chiamati a contemplare il mistero stupendo del Corpo e Sangue di Cristo. In realtà la festa di oggi - come quella del Corpus Domini - non è che un approfondimento annuale del mistero che dall'eternità e nell'infinito riempie il tempo e lo spazio. Ogni vita dell'uomo, anche di chi ne è inconsapevole, è celebrazione di questo mistero: l'amore del Padre, del Figlio e dello Spirito è la gioia della nostra esistenza. Dice il Catechismo della Chiesa Cattolica: "Il mistero della Santissima Trinità è il mistero centrale della fede e della vita cristiana. È il mistero di Dio in se stesso. È quindi la sorgente di tutti gli altri misteri della fede; è la luce che li illumina" (CCC 234). Siamo di fronte ad un mistero inspiegabile. Possiamo ricordare un episodio che vede protagonista Sant'Agostino. Il "teologo della Trinità" stava passeggiando lungo il mare e vide un bambino che stava facendo un buco nella sabbia. Gli chiese cosa facesse e il bambino rispose che in quel buco voleva mettere il mare. Sant'Agostino gli disse che era impossibile e il bambino gli rispose che, in maniera uguale, era impossibile per lui comprendere il mistero della Santissima Trinità. Eppure questo mistero, così grande e incomprensibile alla mente umana, è in realtà semplicissimo. Se noi crediamo che Dio è amore non lo possiamo pensare come solitudine, ma come realtà di comunione. Papa Benedetto XVI così si è espresso nella Veglia di Pentecoste: "In Gesù Cristo Dio stesso si è fatto uomo e ci ha concesso, per così dire, di gettare uno sguardo nell'intimità di Dio stesso. E lì vediamo una cosa del tutto inaspettata: in Dio esiste un Io e un Tu. Il Dio misterioso e lontano non è un'infinita solitudine, Egli è un evento di amore. Se dallo sguardo sulla creazione pensiamo di poter intravedere lo Spirito Creatore, Dio stesso, quasi come matematica creativa, come potere che plasma le leggi del mondo e il loro ordine e poi, però, anche come bellezza – adesso veniamo a sapere: lo Spirito Creatore ha un cuore. Egli è Amore. Esiste il Figlio che parla col Padre. Ed ambedue sono una cosa sola nello Spirito che è, per così dire, l'atmosfera del donare e dell'amare che fa di loro un unico Dio. Questa unità di amore, che è Dio, è un'unità molto più sublime di quanto potrebbe essere l'unità di un'ultima particella indivisibile. Proprio il Dio trino è il solo unico Dio" (3 giugno 2006). * Il Vangelo ci presenta la conclusione del libro di Matteo. È il giorno dell'Ascensione. Gesù saluta i suoi discepoli e lascia loro il mandato missionario. Al timore e allo sconcerto degli apostoli risponde la forza della promessa di Gesù: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo". C'è un richiamo alla profezia di Isaia, ricordata dall'angelo a Giuseppe: "Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi" (Mt 1,23). Il Dio di Gesù Cristo è Qualcuno che ama essere in comunione, perché Lui stesso è la fonte della comunione. Gesù aveva ben educato i suoi. Il lungo discorso della cena, raccontatoci da Giovanni, non è che un'apertura esplicita dei cuori al mistero della Trinità. Ricordiamo alcune espressioni: "Chi vede me, vede il Padre" e ancora: "lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa". Il testo evangelico di oggi mette la rivelazione della Trinità nelle stesse parole del Risorto, accompagnandola al sacramento fondamentale della salvezza, il battesimo. "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra". C'è una relazione profonda tra Padre e Figlio. Il Creatore dell'universo ha infatti affidato la sua creazione a Cristo, dandogli potere e gloria fino alla fine del mondo, quando il Figlio riconsegnerà tutto al Padre. In parole povere potremmo dire che la creazione non è altro che un bellissimo regalo di Dio Padre fatto al Figlio, il quale è chiamato a salvare questo dono dal male, per restituirlo intatto al Donatore. "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni". Gesù, salvatore del mondo, chiama i suoi amici ad essere evangelizzatori, portatori della grazia del Battesimo. È importante sottolineare che il battesimo avviene "nel nome" della Trinità. Il vocabolo "nome" in questo senso assume un valore altissimo. Ci richiama l'esperienza di Mosè a cui Dio rivela un nome che significa "Io sono colui che sono... e che è stato e sarà con voi". Quando qualcuno è battezzato è inserito in quel nome; e ogni nostra preghiera, dal segno di croce alla Messa, non è che un cammino verso la profondità di Dio attraverso il segno di quel "Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo". Dice il Catechismo della Chiesa Cattolica: "I cristiani sono battezzati «nel nome» - e non «nei nomi» - del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo; infatti non vi è che un solo Dio, il Padre onnipotente e il Figlio suo unigenito e lo Spirito Santo: la Santissima Trinità" (CCC 233). Ma la forza di quel nome è tale se accompagnata sempre dal "con noi" che lo caratterizza da sempre. Il Dio Trinitario è comunione; il Dio di Gesù vuole essere sempre con noi. * Dio si è comunicato all'uomo: è questa la grande grazia che il popolo d'Israele ha ottenuto fin dalle origini. Il libro del Deuteronomio non fa' che dare una sintesi della storia salvifica dalla creazione all'esodo, sottolineando la grandezza dell'elezione divina. Anche se ancora non c'è la consapevolezza del mistero di un Dio trinitario, c'è però la scoperta di un Dio che chiama, che comunica, che sceglie. Il popolo è invitato a sapere tutto questo, osservando le leggi per giungere alla vera gioia. Con il salmo 32 si conferma questo legame tra il popolo e Dio creatore e liberatore: è infatti beato il popolo che appartiene al Signore. * Anche San Paolo, scrivendo ai Romani, vuole entrare nel mistero di un Dio che non rimane solo, ma si comunica all'uomo tramite suo Figlio Gesù. Il breve brano, inserito nella lunga parte dottrinale sulla vita del cristiano nello spirito, è una presentazione sintetica della Trinità. Gli uomini che sono guidati dallo Spirito Santo sono figli di Dio; infatti essi fanno morire le opere della carne, per vivere le opere dello Spirito. Possiamo chiamare Dio Padre a pieno titolo; anzi, lo chiamiamo confidenzialmente "abbà", "papà", in uno splendido rapporto intimo e familiare. Questo appellativo - abbà - è in realtà un "grido". Il verbo "gridare" indica qui come in altri passi della Bibbia il parlare di una persona che è mossa dall'ispirazione divina (es. Sal 29,2: "A te ho gridato e mi hai guarito"). Questo grido mosso dallo Spirito indica un senso di liberazione. Alla paura dello schiavo nei confronti del padrone infatti si sostituisce la libertà del figlio nei confronti del padre. Ma, per essere realmente figli e eredi, siamo chiamati a condividere l'eredità di Cristo, fatta ora di sofferenza e, in futuro, di gloria. Gesù infatti sulla croce grida "Abbà", consegnando nel Padre la sua anima e, morendo, libera noi dalla morte. Commento a cura di don Paolo Ricciardi |