Omelia (22-10-2006) |
don Luciano Sanvito |
Sedere e potere Il Vangelo smitizza il programma umano della stabilità dei potenti umani, sociali, famigliari, amicali, e anche religiosi: il potere non sta affatto nella stabilità del sedersi accanto l'uno all'altro e nella sicurezza. Anzitutto, non si tratta di meriti o demeriti la posizione evangelica: non è valutata secondo il mondo la posizione da tenere, ma è un movimento che sorge naturale e spontaneo dopo aver avuto, appunto in dono, la coscienza di questo dono. E' una mansione, è una vocazione, è una funzione, è una attività...un po' di tutto questo, ma soprattutto è un dono concesso a chi si apre a qualcosa di grande, e non vuole affatto rimanere saldo e avvinghiato, tenendosi stretto il particolare guadagnato con fatica, con imbroglio, con potere, piacere e grandezza umana. La grandezza del servire appare in questo movimento che si allarga sempre più nelle infinità dell'operare nel quotidiano che ci è dato in dono, trasformando l'opera del servire in una vera e propria operazione di trasformazione del quotidiano stesso. Ecco perché chi serve in questa quotidianità donata ogni momento diventa sempre più atto a regnare e quindi insignito dall'alto della verità, e non dal basso dei concorsi umani, inserendosi in modo naturale e inserendo gli altri con naturalezza nel movimento universale della regalità, che tutto e tutti esalta come i primi e le primizie, e non lascia mai secondi a nessuno. Infatti ognuno appare essere quello che è fino in fondo quando entra a far parte dell'universalità a cui tende con l'opera del servizio che gli è dato in dono, e così entra nella primizia che il Vangelo augura e concede a chi senza esitare nel sedere qua e là col proprio potere si affida all'universalità dei doni del creato, intravedendo come il vero servitore non è colui che serve, ma l'universo che gli viene incontro ogni momento, in una sorta di amorevole sudditanza. |