Omelia (18-09-2003) |
padre Lino Pedron |
Commento su Luca 7, 36-50 Nella casa del fariseo, dove era stato invitato, Gesù imbandisce il banchetto nuziale per la peccatrice inopportuna e indesiderata. Il fariseo tronfio della sua giustizia non può partecipare alla danza dell'amore se prima non piange il suo peccato. Il racconto serve per persuadere il giusto di peccato di prostituzione perché vuole meritare l'amore di Dio che è gratuito. Questo peccato di "meretricio", di prostituzione è l'unico peccato diretto contro Dio che è amore. Questa donna è figura del vero popolo di Dio che si riconosce peccatore e bisognoso di perdono; è il simbolo dell'umanità peccatrice che ritorna al suo sposo, Dio. La presenza della peccatrice che ama, mostra al giusto il suo peccato profondo, quello di non saper amare. Dalla festa dell'amore resta escluso solo il giusto, che non ama perché non si sente amato, perché crede di non aver bisogno di essere amato. Ma anche il giusto può partecipare al banchetto della vita nella misura in cui si riconosce prostituto, adultero e peccatore. Il peccato tipico del giusto è quello di comprarsi l'amore di Dio con la moneta sonante delle proprie buone opere. E' il peccato "naturale" di tute le religioni, che suppongono un Dio cattivo da imbonire. Gesù, in casa del fariseo, mostra a tutti la sua bontà: accetta e ama la donna che peccò di prostituzione con gli uomini, accetta e ama il fariseo che pecca di prostituzione nei confronti di Dio. Nei vv.40-42 Gesù racconta una parabola che mette in gioco tutti. E' la parabola dei due debitori. Ogni uomo è debitore a Dio di tutto. Il vero peccato è quello di non accettare di essere debitori, ma voler restituire sotto forma di prestazioni di vario tipo, in modo di pareggiare il nostro conto con Dio, per sentirci liberi e indipendenti da lui a cui abbiamo dato tutto il dovuto, per sentirci nostri e non suoi. E' il tentativo di non essere più creature, ma di emanciparci dal Creatore per essere Dio come Dio, senza Dio e in contrapposizione a Dio. E' il peccato originale dell'uomo. Questa è la prostituzione religiosa, frutto della non conoscenza di Dio, che produce tutti i peccati dei giusti e degli ingiusti. Il dono di Dio, al quale tutto dobbiamo, è un amore gratuito da accettare e a cui rispondere con altro amore gratuito. Il contenuto della parabola è nelle due espressioni "far grazia" da parte del creditore e "amare di più" da parte del debitore graziato. Il più avvantaggiato in questa situazione è chi ha il debito maggiore, perché riceve un dono maggiore. Chi riceve un dono maggiore, un perdono maggiore fa esperienza di un amore più grande. Davanti a un Dio che riempie gratis del suo amore è una disgrazia essere pieni di sé. Gesù dà come modello al fariseo la peccatrice perdonata che ama, colei che egli aveva giudicata e condannata, e che avrebbe voluto escludere dalla sua casa. |