Omelia (09-07-2006)
padre Gian Franco Scarpitta
Facile o difficile?

Non potrò mai dimenticare il mio esordio da Superiore, avvenuto quasi due anni or sono, nel Convento che tuttora mi trovo a gestire, soprattutto perché iniziavo il mio nuovo ministero in modo del tutto improvviso, senza predisposizione alcuna né esperienza di superiorato sulle spalle e senza che alcuno mi istradasse o almeno mi istruisse sul nuovo ruolo: arrivavo una sera di Settembre provenendo da ben altra situazione religiosa e pastorale che avevo abbandonato d'improvviso; il Superiore uscente partiva la mattina seguente per la sua nuova destinazione sicché in fretta e furia mi consegnava chiavi, registri, carte e documenti del Convento dandomi solo qualche informazione sommaria e farraginosa sulla situazione della casa e sull'andamento dell'attività pastorale; il confratello che era stato destinato accanto a me non era ancora arrivato (giungerà circa un mese dopo)e questo rendeva ancora più paradossale il mio lavoro. Insomma, improvvisamente mi ritrovai solo e privo di ogni cognizione e di qualsiasi esperienza previa, con la responsabilità di un'intera struttura ecclesiale e conventuale, in preda alla paura di commettere qualche errore e alle prese con parecchie questioni che il Superiore precedente aveva improvvisamente scaricato su di me e alle quali non ero affatto preparato. Fortunatamente lo Spirito Santo – nella cui grazia ho sempre creduto- non ha mancato di inculcarmi concentrazione, raziocinio, costanza e risolutezza d'animo nell'affrontare ogni cosa con pazienza e diligenza e anche ora usufruisco della Sua assistenza per questi e altri problemi.
In ogni cosa dovetti cavarmela da solo, anche se ad alleviare il mio fardello fu (e molto spesso è tuttora) la disponibilità di parecchie persone del posto che si prestavano ad aiutarmi nelle varie faccende materiali restando pronte ad assistermi specialmente nelle situazioni che allora mi sembravano esorbitanti, cosicché per diretta esperienza posso affermare che la valorizzazione dei laici nelle varie realtà pastorali oltre che importante può essere anche determinante, giacché non sempre noi pastori abbiamo dimestichezza in certe situazioni secolari e non di rado il loro contributo diventa prezioso e pertanto non va trascurata affatto la loro presenza e la loro collaborazione attiva nelle Comunità. Mai presumere che noi sacerdoti siamo più in grado dei laici nel gestire una parrocchia.

Ma nonostante questo supporto continuo di laici e volontari, come sempre avviene in queste circostanze mi trovavo a fare i conti con la perplessità generale del popolo della zona che mostrava non poche ritrosie di fronte al nuovo Superiore; vi era chi esprimeva sottobanco qualche giudizio, chi si poneva delle domande, chi usava indifferenza e distacco e parecchia gente aveva anche cominciato a disertare la chiesa e le varie attività, probabilmente sgomenta al presenziare di una nuova figura di pastore e di guida spirituale; cosicché accanto alle difficoltà in ordine operativo si aggiungeva anche l'indifferenza e la freddezza della maggior parte del popolo che si dava alla fuga non trovando più quello che era stato il loro punto di riferimento abituale, anche considerando che la gente si affeziona alle persone e non già alla ministerialità di chi dispensa la grazia di Dio.
Dopo due anni di permanenza in questo luogo, adesso riscontro che la situazione è molto più piacevole e determinati problemi che prima ti assillavano ora sono quasi del tutto dominabili e anche il rapporto con il popolo è mutato, ma è risaputo che imbattendoci in un nuovo territorio o in un nuovo campo d'azione noi pastori dovremo sempre affrontare il non facile fardello di doverci immedesimare nella nuova realtà pastorale, non di rado accettando situazioni e ambiti che contrastano con il nostro pensiero e con le nostre metodologie operative per calarci nella cultura e nella mentalità del popolo che ci viene affidato e rassegnandoci intanto all'idea di dover essere osservati minuziosamente e con sospetto da parte di chi non ci conosce o è abituato ad altre impostazioni. Il che non sempre è facile e non di rado comporta disanimo e scoraggiamento e non di rado sentimenti di frustrazione e di umiliazione presentandosi molto spesso l'impressione di non essere accettati.
Credo che quando si verifica il cambio della guardia nel settore della pastorale debba trascorrere un considerevole periodo di tempo perché si accetti che è cambiato il sacerdote; un altro congruo periodo perché si accetti il nuovo sacerdote.
Situazioni di tal genere si incontrano in qualsiasi contesto operativo, tuttavia è sbagliato pensare che noi pastori ne siamo esentati quando ci troviamo ad operare nella città o nel luogo da cui proveniamo: contrariamente a quanto si possa pensare, il lavoro pastorale nella terra d'origine comporta non poche difficoltà di adattamento e di inserimento anche molto più gravose di quelle sopra descritte per i motivi di cui ci da menzione il brano evangelico di oggi: lontano dalla propria terra il profeta prima o poi sarà ascoltato o preso in seria considerazione per il semplice fatto che apporta comunque una novità, un messaggio che in qualche modo sarà recepito e comunque non andrà disperso, appunto perché annunciato da chi appunto si trova ivi con quello specifico scopo; il profeta che agisce fra la gente che lo ha conosciuto nella sua infanzia seguendo le tappe della sua crescita umana e spirituale non potrà che essere osservato secondo l'aspetto della mera umanità e della posizione sociale che riveste sul posto; sarà visto cioè non già come il parroco mandato appositamente da Dio per l'annuncio della sua Parola, bensì come il figlio o il fratello di... e difficilmente il ruolo per cui è stato mandato potrà espletarsi convenientemente presso il popolo poiché questo nel trattarti difficilmente prenderà in considerazione la prospettiva della fede, unica che possa permetterci di riscontrare il vero senso della permanenza di un ministro nel nostro territorio e se anche vi sarà una corrispondenza da parte della gente essa rischia di riguardare il solo aspetto esteriore ed affettivo
Il ruolo di pastore, già difficile e irto di problemi in tutti i contesti, può diventare addirittura insostenibile quando esercitato nella propria terra.
Che cosa fare?
Direi che da parte di noi sacerdoti non ci si debba scoraggiare nell'eseguire il compito ministeriale per il quale abbiamo operato una scelta di vita e annunciare sempre e comunque il messaggio divino di salvezza pur tenendo conto delle varie dimensioni in cui potremmo venire a trovarci, così come impone il monito di Ezechiele alla prima Lettura: "Ascoltino o non ascoltino... sapranno che un profeta è sorto in mezzo a loro"; esortando tutti allo zelo e alla santità di vita premurosi però di coltivare noi stessi tali prerogative di vita.
Da parte del popolo di Dio si richiederebbe invece il sostegno orante, materiale e spirituale verso i sacerdoti non importa chi siano e da dove provengono, specialmente alle prime armi nel loro ministero: forse pochi fra i fedeli hanno cognizione di quanto i ministri necessitino di essere incoraggiati e sostenuti nel loro ministero sia dal punto di vista materiale che – ancora di più- da quello umano poiché un suggerimento o una parola di conforto e di comprensione può essere di determinate ausilio in tantissime circostanze e soprattutto considerando il fatto che moltissimi spazi territoriali mancano di chi garantisca l'assistenza sacramentale e spirituale al popolo essendo parecchi i contesti ecclesiali privi di ordinazioni sacerdotali.
Disporre della presenza del prete non vuol dire solo usufruirne ma anche sostenere la sua opera rendendo grazie al Signore.