Omelia (16-07-2006) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Dio chiama perchè chiama Quando esordivo (in fondo non molto tempo fa') nel mio itinerario di formazione religiosa e sacerdotale nell'Ordine dei Minimi, ricordo che nei primi anni di formazione ebbi modo di incontrare moltissimi confratelli che fra Postulanti, Novizi e Studenti Professi condividevano la mia stessa scelta, e per tutto il tempo che proseguivano i miei studi e il mio impegno seminaristico saranno stati almeno una cinquantina i giovani in formazione, italiani e stranieri, che assieme al sottoscritto aspiravano al sacerdozio religioso minimo. Oggi, di tutti costoro soltanto cinque (me compreso) sono stati ordinati presbiteri. Come sempre avviene in qualsiasi realtà vocazionale di speciale consacrazione, nel corso di tutti questi anni parecchi venivano dimessi perché non ritenuti idonei alla vita religiosa; altri abbandonavano il seminario scoprendo da se stessi di non essere votati al sacerdozio; altri ancora lasciavano l'Ordine perché orientati verso il sacerdozio Diocesano o altre dimensioni di vita consacrata di natura differente dalla nostra. Come pure vi era chi entrava nell'Ordine semplicemente per una breve esperienza, senza impegnarsi fino in fondo e vi è stato anche chi (purtroppo!) ha lasciato l'Istituto non già perché avvertisse di non essere chiamato a questo, ma perché, scoraggiato dalle immancabili difficoltà che la vita religiosa comporta, decideva di non perseverare fino alla fine. Osservando di volta in volta coloro che lasciavano il seminario di loro iniziativa, consideravo molto spesso che parecchi dimissionari sia dal punto di vista umano che spirituale non erano differenti da coloro che restavano. Anzi, sotto certi aspetti erano anche migliori. Ancora adesso rifletto sul fatto che molti di questi ex confratelli (alcuni di essi hanno preso moglie) dispongono di moltissime potenzialità e caratteristiche che addirittura superano la mia preparazione di attuale sacerdote. Hanno lasciato il seminario perché razionalmente convinti che il sacerdozio non era il loro destino, eppure non erano affatto peggiori di coloro che proseguivano nell'itinerario vocazionale.... Come si spiega? Beh, occorre considerare che lo stesso fenomeno si verificava anche fra coloro che Gesù sceglieva fra tutti i discepoli per essere apostoli e anzi non si può certo affermare che codeste persone elette eccellessero sulle virtù e sulla correttezza morale: chi era abituato a frodare il prossimo nella riscossione delle tasse come pubblicano (Matteo); chi era avvezzo al pensiero razionalista e scientista del paganesimo essendo fra l'altro medico (Luca); chi dubitava della pesca miracolosa e poi addirittura rinnegherà il maestro (Pietro); chi mancherà di fede nel Signore risorto e apparso ai fratelli (Tommaso) e vi sarà anche chi consegnerà il maestro agli aguzzini (Giuda). Benché nell'Antico Testamento esistessero apposite scuole di profetismo, profeti affermati e candidati profeta, la Prima Lettura di oggi ci rende edotti dell'elezione a profeta di un raccoglitore di sicomori mentre ad intercedere presso il Faraone per la liberazione di Israele dall'Egitto sarà un pastore che fra l'altro era stato assassino; ancora incertezze e smarrimenti vocazionali si troveranno in Gedeone e in altri Giudici, come pure in Geremia ed Ezechiele e che dire poi dell'Apostolo Paolo che diventerà il nunzio per eccellenza pur essendo stato persecutore dei cristiani? Quindi non vi è che una risposta: solo Dio è artefice del destino vocazionale di ciascun uomo, qualunque esso sia, e soltanto a Lui spetta di eleggere i propri missionari e gli apostoli quanto alla divulgazione della sua Parola, la guida e l'edificazione del suo popolo e questo secondo i suoi imperscrutabili disegni. Mentre immaginiamo criteri di scelta e di elezione del tutto terreni e ridondanti una cultura di perbenismo e di raffinatezza per la quale determinati ruoli spettano al fine intellettuale, all'erudito, al sapiente incensurato e attillato, Dio confonde i forti scegliendo ciò che è debole, definendo stoltezza la sapienza di questo mondo (1 Cor 1,21) e orientandosi con il solo criterio dalla Sua libertà e del Suo amore, senza curarsi eccessivamente delle personali disposizioni di partenza o delle qualità individuali di ciascuno: Dio chiama semplicemente perché chiama. Certo, chi è chiamato a uno specifico ministero verrà attrezzato adeguatamente in vista del ruolo per cui è chiamato e non gli mancherà la proficua assistenza dello Spirito nell'espletare la sua missione giacché il Signore non abbandona i propri ministri concedendo loro tutti i mezzi necessari e idonei al loro impegno, così pure non mancherà di provvedere a quanto sia necesario per il sostentamento del missionario, poiché chi vive e opera per conto del Signore vive anche del Signore e che serve l'altare vive dell'altare (San Paolo); tuttavia ogni scelta vocazionale si determina dalla sola libera iniziativa di Dio e non già dalle umane decisioni o dalle qualità soggettive della persona. C'è di più: determinati particolari che riportano oggi sia la prima lettura che il brano evangelico insegnano che il progetto divino può anche essere particolareggiato, assumere certi ambiti e rifiutarne altri come pure essere circoscritto solo a determinate occasioni poiché il Signore può chiamarti per un progetto di vita indefinito come pure per una semplice missione a breve scadenza; insomma a Lui spetta stabilire anche i particolari di ogni specifico vocazionale e questo non deve affatto stupire visto che solo in Lui vi è la conoscenza più profonda delle nostre situazioni e della nostra dimensione di vita più intima e solo a Lui sono note tutte le nostre vie. Diretti verso una meta specifica, come potremmo percorrere un sentiero in aperta campagna o nel fitto della boscaglia se non conoscessimo lo stesso sentiero in tutti i suoi particolari, la percorribilità, le eventuali curve e i possibili pericoli? E' evidente che se lo si percorre lo si è conosciuto bene in precedenza; ebbene solo Chi conosce fino in fondo una persona può ben determinarne il suo destino e operare un progetto su di lei e in questo caso è evidente che ciascuno di noi non può che essere conosciuto in pienezza se non da chi è Perfetto e Trascende, ossia chi ci ha creati. Da parte nostra allora, restando ben lungi dal progettare vacuo, dispersivo, inconcludente e irrazionale che molto spesso è motivato solo da ridicole ambizioni, non resta che domandarci quale sia il progetto che Lui ha impostato sulla nostra vita, quale sia il nostro destino e tentare di carpire le risposte attraverso la continua familiarità con Lui nella preghiera, nella vita sacramentale, nell'ausilio della Direzione Spirituale essendo questi i mezzi di grazia che ci aiutano a percepire nel quotidiano i segni della nostra chiamata senza nulla escludere. Proprio nulla, neppure che (presso i più giovani) Dio possa volere da noi dei ministri validi per l'annuncio della sua Parola o degli uomini più strettamente impegnati per la causa del Regno e semplicemente laici che procacciano la santità per se stessi e per gli altri attraverso il volontario ministero parrocchiale. Tutto questo senza mai prescindere dal fatto che in ogni caso siamo sempre privilegiato oggetto del suo amore. |