Omelia (02-07-2006)
Suor Giuseppina Pisano o.p.
Commento a Mc 5,21-43

"Non t'importa che moriamo? " avevano gridato i discepoli, in preda al panico, durante l'improvvisa tempesta del lago, e Gesù, prima di sedare il vento e l'acqua, aveva risposto: "...ancora non credete? ".
Anche in questa domenica, il racconto di Marco ci fa incontrare due personaggi bisognosi d'aiuto, un uomo, sgomento di fronte all'imminente morte della sua giovane figlia, e una donna, colpita da anni da una penosa malattia, una di quelle che, nella cultura ebraica, era segno di impurità, e, perciò, causa di emarginazione.
Ancora una volta dovremmo chiederci: ma perché?
In questa domenica, la risposta la troviamo all'inizio della liturgia della Parola, nel breve passo del libro della Sapienza, che così recita: "Dio non ha creato la morte, e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutto per l'esistenza; le creature del mondo sono sane, in esse non c'è veleno di morte, né gli inferi regnano sulla terra, perché la giustizia è immortale.
Sì, Dio ha creato l'uomo per l'immortalità; lo fece ad immagine della propria natura. Ma la morte è entrata nel mondo per l'invidia del diavolo..."
Il Dio che adoriamo è il Dio della vita, il Padre che non si è arreso di fronte al peccato, alla ribellione della sua creatura più bella, tanto che, per riconciliarla a Sé, ha assunto, nella persona del Figlio la stessa natura umana, e, in Lui, si è offerto alla morte, per far risorgere, nella Sua resurrezione, ogni uomo che voglia credere in Colui, che ha vinto il peccato, e la morte, e, con essa, ha vinto definitivamente il dolore.
I due miracoli, che il Vangelo di oggi ripropone alla nostra considerazione, pur essendo dei fatti strepitosi, non si fermano al semplice prodigio, ma ci rivelano, con la divinità di Gesù, la sua compassione per ogni dolore, e la necessità di fondare il rapporto con Dio sulla fede che salva.
«Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male»; con queste parole, Gesù risana la donna, riferendo la guarigione alla fede, " la tua fede ".
Noi non sappiamo niente di quella donna, un povero essere emarginato, anonimo, utile solo per dare soldi a medici disonesti, una figura che presto si dissolverà tra la folla; una donna che, forse, aveva soltanto sentito parlare di questo Rabbi, che predicava uguaglianza, perdono, amore, e, nella sua angoscia, voleva solo avvicinarsi, per toccarne il mantello, sempre con la paura di essere individuata, lei che doveva tenersi lontana, per non contaminare gli altri.
Ed ecco, che questa donna, sembra acquistare, improvvisamente un nome: Fede, la fede che libera, e non soltanto dalla malattia e dal dolore, ma salva per la vita eterna.
"Va' in pace e sii guarita dal tuo male " con queste parole, il Signore le ridona pienamente vita e, quel che più conta, le dà la pace, che è dono della Pasqua: la redenzione dal male più insidioso che è il peccato.

Signore, mio Dio,
a te ho gridato e mi hai guarito,
Signore, mi hai fatto risalire dagli inferi,
mi hai dato vita, perché non scendessi nella tomba ( sl. 29 ).

Così canta il salmo che oggi accompagna la liturgia eucaristica, e, sembra sintetizzare, in pochi versi i due miracoli, di cui il Vangelo parla..
Infatti, mentre la gente ancora si accalcava attorno al Maestro, che aveva operato la guarigione, giunsero alcuni, della casa del capo della sinagoga, quel Giairo, che aveva supplicato per la figlia morente, i quali, portavano, appunto la notizia, che la fanciulla era morta.
".. vieni a imporle le mani, aveva supplicato questo povero padre, perché sia guarita e viva»; e, in quelle parole, c'era tutta la forza della fede in Gesù di Nazareth.
Ora le cose sono mutate, la bimba è morta, e resta solo da fare il pianto rituale, in uso in certi paesi, allora come oggi.
La bimba è morta, ma Gesù guarda alla fede del padre:" «Non temere, gli dice, continua solo ad aver fede!», e, in queste parole, c'è la promessa del miracolo che, di lì a poco, avrebbe compiuto..
C'è un particolare importante, in questo avvicendarsi di personaggi e di voci, ed è il fatto, che il Maestro, ".. non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo..." i discepoli scelti come testimoni di grandi eventi; solo chi è animato da fede sincera, chi accoglie il Signore con semplicità e amore, viene introdotto da Lui nel Mistero del Dio della
Vita.
La resurrezione della piccola, è un grande prodigio, come prodigio fu la resurrezione di Lazzaro e del figlio della vedova di Naim, ma, dietro al fatto straordinario, c'è già il discorso della Pasqua, della morte per la resurrezione, che, questi episodi sembrano anticipare.
"La bambina non è morta, ma dorme...", aveva detto Gesù, entrando nella casa, ove le prefiche facevano già il lamento funebre, con pianto ed alte grida; si, la morte è come un sonno, dal quale ci si risveglia alla vita eterna, alla luce senza tramonto, nell' abbraccio infinito col Padre.
L'approccio con questa realtà, che segna il confine tra l'esistenza temporale e l'Oltre, è accompagnato spesso dalla sofferenza e dall' angoscia: è l'agonia, la lotta tra la vita e la morte; su questa realtà, Gesù vuole aprire gli occhi del fedele ad una visione serena, sarà Lui, infatti, a condurci nel passaggio alla vita eterna.
I gesti che il Signore compie presso quel letto di morte, sono, per noi, illuminanti e consolanti:
" Presa la mano della bambina, le disse: «Fanciulla, io ti dico, alzati!» "
Anche noi, e quanti credono, e crederanno in Lui, saremo presi per mano da Cristo, come si fa con un bimbo, che deve esser rassicurato; e saremo condotti al Padre, per godere in eterno lo splendore del Suo volto e la gloria del Suo amore.

Sr M.Giuseppina Pisano O.P.
Monastero Domenicano SS.mo Rosario
mrita.pisano@virgilio.it