Omelia (25-06-2006)
padre Antonio Rungi
Con Cristo ogni tempesta è superata

Il Vangelo di oggi ci presenta Gesù che calma la furia del mare e dà sicurezza ai suoi discepoli che erano con lui sulla barca, mentre passavano all'altra riva con Gesù a bordo. Oltre al significato prettamente naturale e fisico dell'evento, dietro a questo breve racconto del Vangelo di Marco che ascoltiamo in questa XII Domenica del Tempo Ordinario c'è un messaggio religioso che va colto nella sua essenza e nel suo significato più vero: vicini a Cristo non si può avere paura ed anche le più grandi tempeste della nostra vita vengono superate se ci aggrappiamo a Colui che è la vera forza dell'uomo ed è il Signore del Creato. La paura dei discepoli, così ben risaltata nel testo del Vangelo, è la sintesi di tutte le paure che ci prendono soprattutto oggi davanti a tanti problemi di salute, di relazioni umane, di rapporti sociali. Viviamo in un mondo di paure e fobie che si superano facilmente con la fiducia in Dio ed abbandonandoci completamente al suo volere. Questo Dio potente che governa il mondo e domina le forze della natura e che Gesù ci ha rivelato è un Dio che ama e protegge l'uomo e lo rasserena nel suo cammino della storia, come pregheremo oggi nella Messa: "Rendi salda, o Signore, la fede del popolo cristiano, perché non ci esaltiamo nel successo, non ci abbattiamo nelle tempeste, ma in ogni evento riconosciamo che tu sei presente e ci accompagni nel cammino della storia".
Gesù è Colui al quale il Creato obbedisce e si allinea secondo i disegni di Dio impressi in esso attraverso le leggi cosmiche e naturali che spetta all'uomo saper discernere ed osservare: "In quel giorno, verso sera, disse Gesù ai suoi discepoli: "Passiamo all'altra riva". E lasciata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui. Nel frattempo si sollevò una gran tempesta di vento e gettava le onde nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: "Maestro, non t'importa che moriamo?". Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: "Taci, calmati!". Il vento cessò e vi fu grande bonaccia. Poi disse loro: "Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?". E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: "Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?".
Anche la prima lettura odierna, tratta dal Libro di Giobbe, ci presenta l'immagine di un Dio che regola il corso degli eventi naturali e domina le cose da lui stesso create, in modo che la potenza che esprimono in determinati momenti particolari non sia qualcosa di autonomo dal potere vero che appartiene al Signore. Qui è detto chiaramente che la Natura non è Dio, ma la Natura è stata creata da Dio e su di essa vigila attento l'occhio di questo Essere superiore che gli ha dato l'avvio nel tempo, nell'attesa della ricapitolazione di tutto in Cristo, nella trasformazione finale delle cose al termine dei giorni del creato: "Il Signore rispose a Giobbe di mezzo al turbine: "Chi ha chiuso tra due porte il mare, quando erompeva uscendo dal seno materno, quando lo circondavo di nubi per veste e di densa caligine per fasce? Poi gli ho fissato un limite e gli ho messo chiavistello e porte e ho detto: Fin qui giungerai e non oltre e qui s'infrangerà l'orgoglio delle tue onde".
Ai due testi della Parola di Dio già presentati e brevemente commentati, fa da riscontro teologico ai dati insiti in esso il testo della seconda lettura odierna, desunta dalla seconda Lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi: "Fratelli, l'amore del Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro. Cosicché ormai noi non conosciamo più nessuno secondo la carne; e anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così. Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove". La centralità di Cristo per la comprensione della storia, del creato e della nostra vita viene qui messa in evidenza con tutti i risvolti di carattere etico che essa comporta. In Cristo siamo creature nuove e le cose vecchie non hanno senso, in quanto Cristo novità perenne, rende nuova ogni cosa, non c'è antichità, né vecchiaia, né passato, ma tutto è attualità, giovinezza, presente in Colui che è la vita eterna.
Anche noi vogliamo rivolgerci al Signore con le stesse preghiere che al Salmista suggerirono parole come quelle del Salmo 106 che oggi proclamiamo nella liturgia della Parola: "Coloro che solcavano il mare sulle navi e commerciavano sulle grandi acque, videro le opere del Signore, i suoi prodigi nel mare profondo. Egli parlò e fece levare
un vento burrascoso che sollevò i suoi flutti. Salivano fino al cielo, scendevano negli abissi; la loro anima languiva nell'affanno. Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie. Ridusse la tempesta alla calma, tacquero i flutti del mare. Si rallegrarono nel vedere la bonaccia ed egli li condusse al porto sospirato. Ringrazino il Signore per la sua misericordia e per i suoi prodigi a favore degli uomini".
Questo ringraziamento al Signore nasce dal profondo del nostro cuore, che, nonostante le tante ansie e paure, le tante sofferenze, le tante prove della vita, le tante sconfitte e risalite, noi sentiamo particolarmente vicino alla nostra vita. Quella vita che è bella perché è chiamata nell'oggi a sedare le tante tempeste di ogni genere che nascono nel cuore dell'uomo e spesso uccidono proprio dentro l'uomo i sentimenti e i pensieri più nobili e belli.