Omelia (25-06-2006)
Comunità Missionaria Villaregia (giovani)
Passare all'altra riva

Tante volte nella vita ci capita di desiderare di "girare pagina". Dopo una fatica, un disguido, un fallimento, un contrasto, un periodo proprio "nero" sentiamo il bisogno di mettere un punto e ricominciare.
Anche Gesù ci fa questa proposta nel Vangelo di questa domenica, ci invita a passare con lui "all'altra riva". Cosa vuole dire Gesù? Se guardiamo ai capitoli che precedono questo testo, proposto dal Vangelo vediamo una feconda attività di Gesù con i suoi discepoli: miracoli, guarigioni, forti predicazioni, folle che li seguono... Tutto sembra andare a gonfie vele. I discepoli sono ammaliati dalla figura di Gesù: lo seguirebbero in capo al mondo. Accettano senza "batter ciglio" di passare con lui "all'altra riva" con rinnovata fiducia in colui che hanno visto fare meraviglie.
Gesù li invita a "passare all'altra riva", possiamo dire, li invita a lasciare un luogo conosciuto per uno sconosciuto, un luogo familiare dove avevano conquistato una certa sicurezza, la stima della gente, per recarsi sull'altra sponda, una sponda sconosciuta. C'è uninvito a lasciare qualcosa di certo per affrontare l'insicurezza della novità. E' facile riascoltare in queste parole: "Passiamo alla'altra riva", l'invito fatto ad Abramo: "Vattene dalla tua terra..." (Gen 12,1), oppure l'esperienza di Mosè che un giorno decide di andare "oltre il deserto", di superare quel limite che per tanti anni si era imposto (cfr. Es 3,1ss). Gesù invita i discepoli a percorre un nuovo cammino, l'altra riva, nel quale non sanno cosa li attende. Egli lo sa. Infatti, succede una cosa un po' strana: una forte tempesta li sorprende in mezzo al lago, ma Gesù dorme tranquillo.
I discepoli hanno paura. Attraverso questa necessaria crisi vuole fare di loro degli apostoli, ma devono imparare le condizioni dell'apostolato: l'abbandono, la consegna nelle mani del Padre, in una parola la fede, quella che ha permesso ad Avramo di lasciare la sicurezza della sua terra per diventare padre di una moltitudine, la stessa di Mosè che nel roveto ardente che non si consuma percepisce la Presenza di Dio.
Cosa suscita la novità? Attesa, curiosità, paura. La novità è sempre uno sconvolgimento nella vita dell'uomo. E' una delle paure fondamentali perché provoca la perdita della sicurezza di ciò che possiede, conosce, domina. Nella novità l'uomo si confronta con la sua debolezza. Non sa mai se saprà far fonte alla situazione, se ne sarà all'altezza, se vincerà, se sarà capace di superare, di dominare.
Il nuovo è una sfida. E Dio è sempre novità, imprevisto, totalmente Altro... come diceva S. Francesco: "Mai abbastanza". E' il guado della fede, il passo che fu chiesto ad Abramo senza sapere dove doveva andare; è ilpasso chiesto agli Apostoli, cosa li aspetta all'altra riva? E' il passo che chiede continuamente a ciascuno di noi: non sappiamo dove lui ci porta.
Davanti alla novità di un'esperienza ci sono due possibili modi di reagire:
GESU'
Lo presero così com'era..."

Gesù non fa preparativi perché è sempre pronto a partire, è sempre pronto ad accogliere il nuovo, parte nella integrità di se stesso.
"Se ne stava a poppa, sul cuscino e dormiva..."
E' nel punto della barca in cui di più si sente lo sballottamento della tempesta. Ma è nell'atteggiamento di maggiore resa, di serenità. E' nelle braccia del Padre e si lascia portare. E' nell'atteggiamento filiale di fede, fiducia, abbandono.

DISCEPOLI
"Il vento gettava le onde nella barca tanto che ormai era piena..."

I Dodici sono pieni di paura, pieni di preoccupazione, pieni della preoccupazione della propria incolumità. In questa pienezza non vi è spazio per la novità, per l'altro che rema accanto, per Dio.
"Non t'importa che moriamo?"
Sembrano quasi aggredire il Maestro. La novità nasconde l'imprevisto, genera paura, preoccupazione, mette in pericolo le sicurezze, la libertà dell'uomo.
Dio ci offre nuove possibilità, ci invita a nuovi cammini, ma temiamo di perdere la nostra vita e rimaniamo aggrappati a noi stessi. Si rivela la fragilità dell'uomo e tutta la paura di perdere la vita, la sicurezza, i progetti...

Come suonano forti le parole di Gesù: "perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?". Parole che esorcizzano gli elementi naturali, riportando la calma nel cuore degli apostoli. Gesù non chiede di non avere paura, ma di avere fede. La paura è congenita nell'uomo, fa parte della sua natura, non si può eliminare, si deve attraversare. Nell'esperienza della paura l'uomo scopre la sua povertà crearuale, da qui nasce l'umiltà, la fiducia, l'abbandono, la fede, la libertà dalla propria vita, ormai consegnata nelle mani sicure del Padre. La guarigione dalla paura avviene nella fede.

Anche Marcelo, un giovane della missione di San Paolo in Brasile ha deciso di "passare all'altra riva".
Marcelo, ha 24 anni fa parte di una delle tante gang della famosa periferia di San Paolo. Atti di teppismo, furti, assalti a mano armata, sparatorie, omicidi sono diventati il suo pane quotidiano. La legge della strada è spietata e non perdona. Anche il suo destino sembra segnato: una raffica di mitra "spegnerà" un giorno la sua giovane esistenza.
Eppure nella vita di Marcelo avviene qualcosa di nuovo: alcuni giovani lo invitano a partecipare ad un incontro. Impaurito, dapprima nega ripetutamente, poi finisce per accettare. La prima notte si sente un pesce fuor d'acqua. E' preoccupato che la polizia entri nell'edificio, vuole andarsene... ma il secondo giorno un messaggio comincia a farsi strada nel suo cuore: "Cristo è venuto per darci una vita diversa. Gesù ci ha portato la speranza. Non importa se tu sei un pozzo di fango. Accetta la sua salvezza: è la tua chance!". Nuovi amici lo circondano, sembrano dargli un'amicizia sincera che nella strada Marcelo non ha mai conosciuto. Per la prima volta non si sente solo. L'incontro come un sogno finisce, ma nel cuore di Marcelo è nata una nuova vita: "Basta con il mondo del crimine. Succeda quel che succeda, io prendo la strada di Gesù". Marcelo sa bene ciò che rischia. Qualche settimana fa', mi sento chiamare e quando mi giro vedo proprio lui. Mi viene vicino come per dirmi una cosa importante: "Da tempo volevo chiederti una cosa... Mi insegni a fare il segno della croce?". Con calma e con profonda commozione gli ho insegnato le parole e i gesti del segno di croce, mentre prendevo coscienza che neanche la violenza e il male possono cancellare al sete di Dio scritta nel cuore umano. Quella mano, che ha ucciso, ora nel segno della croce scopre una sorgente di vita nuova.


Marcelo è passato all'altra riva con Gesù. Auguri anche a te!