Omelia (04-07-2006)
don Luciano Sanvito
La palestra della naturalità

Ci è sfuggito il rapporto naturale con le cose e con le persone, a partire da noi stessi: ci lasciamo appunto prendere dalle nostre paure e dai nostri istinti del momento, poi ci lasciamo invadere dalla psicosi del rapporto con l'altro, e infine con la stessa natura non sappiamo più convivere, appena ci sentiamo da essa disturbati nel nostro quieto vivere.

Siamo richiamati oggi a riappropriarci della fede in noi stessi, nell'altro e e nella natura, che anche quando appare furiosa e contraria ai nostri modi di procedere, ci indica e ci insegna l'esercizio della fede in essa.
Dobbiamo imparare ad esercitarci alla contrarietà delle cose e delle persone, e imparare così a equilibrare, in questa palestra della vita quotidiana, i nostri atteggiamenti, affinché volgano noi stessi e gli altri alla ricerca della serenità, della pace interiore e anche esteriore.
Già: la pace anche esteriore, spesso fraintesa come assenza di guerra, è invece il giusto rapporto equilibrato da assumere e da tenere di fronte all'avvento degli eventi naturali, che sono sempre naturali, anche quando noi li consideriamo fuori luogo o esagerati.

Siamo come i bambini che vogliono dormire con la luce accesa, ma dobbiamo imparare che naturale per il dormire è il buio; vogliamo sempre essere difesi, ma la naturale esposizione della nostra persona è la realtà che la vita ci chiede per essere veri.

Val più una tempesta fuori o dentro di noi?
Quale è la più ruinosa? Quale la più naturale?
Non forse quella esteriore, che se non sappiamo accogliere nella condivisione diventa provocante e generante di quella dell'anima?

La palestra della naturalità del rapporto con le cose, le persone e con noi stessi ci invita, per poter imparare ad obbedire a tutte quelle forze dirompenti che, se affrontate con fede, si tramutano nella nostra gioia.