Omelia (21-07-2006)
don Luciano Sanvito
Un segno dai segnali

Che funzione ha un segno, un segnale?
Quella di mandarci fuori di esso, oltre, al di là.
In questo senso, potremmo dire che in sè il segno è trasgressivo di sè.
Già in sè stesso, cioè, viene espressa la sua funzione di mandare oltre.

Come possiamo aver ridotto i segni fine a se stessi, a segnali chiusi nel loro confine? Non solo è un controsenso, ma è una controindicazione.
L'indicazione del segno e del segnale, infatti, ci indirizzano alla vita.
In sè, chiusi nel proprio limite e confinati, segno e segnale danno morte.

Sta di fatto che questi segni e segnali morti hanno fruttato a qualcuno, che ne ha fatto luoghi dei propri interessi. Qualcuno si è appropriato di questi segni morti e li ha resi reliquie sui quali porre i propri interessi.
Si guadagna più sui morti che sui vivi, sia moralmente che fisicamente.
Questi segni sono così diventati segni chiusi, morti, nei quali, come in una tomba pronta, l'uomo cade e giace pure lui, immortalato lì dentro.
Segni e segnali personali, famigliari, sociali, religiosi, trasformatisi a poco a poco in tranelli di morte: piccole tombe, tombini sul cammino.

L'invito di oggi è di far risuscitare il segno, di ridare vita a questi segnali, strappandoli di mano al potere occulto e ridandoli in mano alla verità, che li ponga in vista sul nostro cammino, per poter di nuovo procedere, guidati da questi segni e rincuorati da questi segnali, nel momento della difficoltà e del bisogno.