Omelia (02-07-2006)
don Remigio Menegatti
Ti esalto, Signore, perchè mi hai liberato (254)

Per comprendere la Parola di Dio alcune sottolineature
La prima lettura (Sap 1, 13-15; 2, 23-24) propone una serie di affermazioni come risposte a domande che tante persone si pongono davanti alla dura realtà della vita. La morte non è voluta da Dio; lui ha creato tutto per la vita e per offrire alle sue creature il suo amore. Dio non vuole la sofferenza dei figli che ha generato. La morte, e tutte le realtà ad essa legate, sono frutto del peccato che ogni uomo è libero di commettere. Anche la libertà è un dono di Dio; un dono che l'uomo deve decidere come sfruttare.
Il vangelo (Mc 5, 21-43) presenta la stessa risposta del libro della sapienza; un risposta non solo teorica ma concreta, legata ad una persona: Gesù di Nazaret. I suoi gesti e le sue parole mostrano il vero volto di Dio: un Padre che si prende cura dei suoi figli, dà attenzione a ciascuno e libera dalle malattie e dalla morte. Viene narrata la risurrezione della figlia di Giairo e la guarigione della donna che da dodici anni era affetta da emorragia. In entrambi i casi appare essenziale la fede che accompagna la richiesta.

Salmo 29
Signore Dio mio,
a te ho gridato e mi hai guarito.
Signore, mi hai fatto risalire dagli inferi,
mi hai dato vita perché non scendessi nella tomba.

Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
rendete grazie al suo santo nome,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera sopraggiunge il pianto
e al mattino, ecco la gioia.

Ascolta, Signore, abbi misericordia,
Signore, vieni in mio aiuto.
Hai mutato il mio lamento in danza,
Signore, mio Dio, ti loderò per sempre.

Il salmo più potrebbe apparire subito legato al vangelo più che alla prima lettura. Tanto Giairo, quanto la donna affetta da emorragia, possono cantare al Signore inni di gioia, perché ha fatto risalire dalla morte la bambina e ha guarito la donna. Il lamento si è quindi tramutato in danza, al mattino il sorriso ha preso il posto del pianto che aveva reso insonne la notte.
Si parla nel salmo della collera di Dio come causa della sofferenza dell'uomo. Una collera breve per la verità – dura un istante – mentre la sua bontà è stabile e sicura per tutta la vita dell'uomo. Una collera che la prima lettura rende ancora più lieve; infatti il libro della Sapienza raccoglie le riflessioni del popolo e spiega la malattia e la morte come una conseguenza del peccato che l'uomo sceglie di vivere. Non si tratta allora di un castigo o un capriccio di Dio.
Il salmo diventa così stimolo alla fiducia: prima o poi capita a tutti di gridare per chiedere l'aiuto di Dio. È importante poter rivolgersi al Signore con la fiducia di chi è certo di venir ascoltato e aiutato.

Un commento per ragazzi
Partiamo questa volta con una citazione artistica: abbiamo presente le due mani che troneggiano sulla volta della cappella Sistina, in Roma? Si tratta della mano di Dio creatore che si avvicina a quella di Adamo; e la mano di Adamo sembra prendere progressivamente forza proprio dalla vicinanza delle dita dell'autore della vita.
Non so se mentre la dipingeva Michelangelo pensava a qualche fatto del vangelo.
Se sì, forse era anche a questo. Certo, sono molti i fatti in cui i racconti della vita di Gesù mettono in luce i suoi gesti; e quando un uomo agisce spesso usa le mani.
Le mani di Gesù che prendono le mani della figlia di Giairo mi fanno pensare alle mani del Creatore e della creatura che si incontrano, mentre la potenza vitale di Dio entra con entusiasmo nella creatura. Con Gesù Dio porta a compimento la sua storia di salvezza; una preghiera della liturgia ci ricorda che in Gesù Dio ci ha "detto tutto e dato tutto". Dio si è manifestato, fatto conoscere, è entrato in contatto stretto con la creatura; talmente stretto che possiamo toccarlo e aggrapparci alla sua mano.
È ciò che fa anche la donna che tocca il mantello di Gesù e riceve, con la guarigione, la liberazione da qualcosa che la teneva lontana dalla normalità della vita e della fede. Come malata era considerata anche peccatrice; impura e quindi impedita di partecipare alla vita religiosa della comunità. Messa ai margini dalle regole che lei decide di infrangere, quando arriva quasi a buttarsi su Gesù per "strappargli" il miracolo. La molla che la muove è la sua fede, che Gesù riconosce: "la tua fede tua ha salvata".
Avviene lo stesso per Giairo, uno dei capi della sinagoga che va da Gesù a implorare la guarigione della figlia che sta morendo. Una fede che potrebbe vacillare di fronte alla grandezza della richiesta; come pure abbattersi quando qualcuno tenta di dissuadere il padre nella sua impresa: "Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?". È lo stesso Gesù a "fare il tifo" per Giairo; il Maestro incoraggia la fede del papà che fa il possibile e l'impossibile per la figlia, che lui chiama con affetto e tenerezza: "la mia figlioletta". La mano del Creatore che ancora si avvicina all'uomo e completa l'opera della creazione, se la fede non vacilla, come la mano che si protende a cercare quella del salvatore, perché il profumo della vita non sia rovinato dall'odore della morte ormai vicina.

"Non temere, continua solo ad aver fede!"; quante volte l'avrà ripetuto Gesù alle persone che si sono "aggrappate" alla sua mano e al suo amore, mentre invocavano la liberazione, anche se confuse e incerte.
"Non temere, continua solo ad aver fede!" ripete anche a noi, quando per cose altrettanto serie, o anche meno importanti, ci rivolgiamo a lui, mentre lo riconosciamo Maestro e creatore come il Padre.
"Non temere, continua solo ad aver fede!"...mentre con la tua mano vai cercando la mano di Gesù per afferrarla e non cadere nel mare, come avviene per Pietro; oppure una mano che ti perdona, anche se non può più muoversi e compiere gesti di tenerezza perché fissata e bloccata dai chiodi sul legno della croce, vicino alla tua croce.
Una mano che ancora dona la salvezza, quando si protende, risorta, e con i fori della crocifissione, verso gli apostoli meravigliati e impauriti.

Un suggerimento per la preghiera
O Padre buono, ancora una volta si realizza uno scambio di doni che ci lascia sorpresi e meravigliati, quando "nel mistero del tuo Figlio povero e crocifisso hai voluto arricchirci di ogni bene". Insegnaci a non temere "la povertà e la croce, per portare ai nostri fratelli il lieto annunzio della vita nuova", che tu, Creatore, continui a comunicare all'Adamo di ogni tempo e luogo, all'Adamo che siamo ciascuno di noi.