Omelia (02-07-2006)
mons. Ilvo Corniglia


Il presente testo evangelico riporta strettamente collegati e intrecciati tra loro due miracoli di Gesù: la guarigione di una donna che soffriva continue perdite di sangue e la risurrezione di una fanciulla. Anche questo racconto – come tanti altri nel vangelo di Marco (cfr. es. il brano della scorsa domenica) – presenta una tale freschezza e vivacità da manifestare la testimonianza di uno che vi fu personalmente coinvolto, cioè Pietro. Chi legge o ascolta questo testo non in modo superficiale, ma profondo, scoprirà sicuramente il potere del Maestro, la sua bontà e premurosa attenzione ai casi dolorosi dei suoi contemporanei. Ma saprà anche cogliere il significato attuale dei suoi gesti e delle sue parole: Gesù si rivela come Colui che salva e dona la vita. Nessuna forza del male, nessuna malattia, neppure la morte può resistere alla potenza vittoriosa del Signore! Un intervento che, però, Gesù compie in favore di quanti credono. Entrambi i miracoli evidenziano la potenza di Gesù e la potenza della fede.

La donna che soffre di emorragia secondo la legge mosaica è impura e rende impuri gli altri col suo contatto (cfr. Lev 15, 19-27). Sa che non può addentrarsi nella folla, né tanto meno toccare Gesù, perché sarebbe per loro fonte di contaminazione. L'evangelista sottolinea che la sua condizione è grave e umanamente disperata. Essa, però, ha capito che solo Gesù può risolvere il suo problema, può risanare la sua malattia inguaribile. È perciò determinata a incontrarlo. Nella sua semplicità e ingenuità pensa che le basterà toccare il suo mantello. Cercherà di farlo nascostamente, nell'ombra, senza farsi notare. Riesce nel suo intento. Ma nel momento in cui entra in contatto con Gesù, entrambi sperimentano che qualcosa di straordinario è accaduto: la donna si sente guarita, mentre Gesù avverte che una potenza di salvezza è partita da Lui. A questo punto Gesù cerca la donna. Vuole un incontro personale con lei. La donna esce allo scoperto, "impaurita e tremante": ha trasgredito la legge, ha reso impure tante persone e Gesù stesso. Pensa anche di aver sottratto di nascosto a Gesù qualcosa della sua energia per guarire se stessa...Teme anche forse che Gesù si riprenda quel beneficio....La reazione di Gesù spiazza lei e i presenti. Con squisito rispetto e grande tenerezza Gesù corregge la concezione che aveva spinto la donna a toccarlo e le rivela il vero significato dell'accaduto: "Figlia, la tua fede ti ha salvata". Il movente profondo della sua ricerca di Gesù e del suo gesto era la fede, cioè la fiducia incrollabile che essa riponeva in Lui, nella sua potenza e bontà. Questa fede aveva reso possibile il miracolo e non il semplice gesto di toccare Gesù: sarebbe stata un'operazione magica.... È esclusivamente alla fede che Gesù è interessato e non si preoccupa del fatto che lei possa averlo contaminato secondo la legge. Il contatto vero con Gesù, da cui deriva la guarigione, si compie attraverso la fede. "Chi mi ha toccato?", aveva chiesto Gesù, provocando una risposta piuttosto grossolana da parte dei discepoli. Tutti lo premevano da ogni parte. Eppure Egli aveva avvertito il tocco di fede di quella donna. C'è modo e modo di "toccare" Gesù, di accostarsi a Lui ieri come oggi. Possiamo avvicinarlo nei Sacramenti, nell'ascolto della Parola, nella persona dei suoi ministri e quando ci viene incontro in incognito nei fratelli più poveri. Tuttavia l'incontro autentico, che ci rigenera e ci ringiovanisce, avviene soltanto attraverso la fede: solo questa ci fa "toccare" Gesù e ci immerge nel flusso vitale che scaturisce da Lui. La donna non è soltanto "guarita" fisicamente, ma "salvata" nella totalità della sua persona. Gesù può assicurarla: "Va' in pace", cioè nel rapporto pieno con Dio e, conseguentemente, con i fratelli.

La fede, che è fiducia sconfinata nella potenza e nell'amore di Dio operanti in Gesù, ci dà la certezza che Dio può agire, anzi agirà anche contro tutte le apparenze contrarie, anche di fronte alla realtà della morte.
Il papà che, col cuore stretto dall'angoscia, aveva pregato Gesù di visitare la figlioletta morente, aveva manifestato una fede viva in Lui. Ma ora che è sopraggiunta la morte, è troppo tardi? Il potere di Gesù sulla malattia si arresta davanti alla morte? Così pensano coloro che comunicano al padre della fanciulla la tragica notizia: non è più il caso di coinvolgere il Maestro. Gesù rivolge un'esortazione a quell'uomo schiacciato dal dolore: "Non temere, continua solo ad avere fede!". Come dire: hai creduto in me finora nel chiedermi la guarigione della figlia. Adesso che è accaduto l'irreparabile, smettila di aver paura; soltanto conserva questa fede. L'atteggiamento che Gesù richiede davanti alla realtà della morte è la fede, soltanto la fede che esclude la paura. Il padre della ragazza ci prova. E con Gesù si avvia verso casa.
"La bambina non è morta, ma dorme". Gesù vede la realtà della morte con gli occhi di Dio. Non teme gli sghignazzi, la derisione di chi è inchiodato davanti all'evidenza naturale e può soltanto limitarsi al pianto quale segno di impotenza e resa di fronte allo strapotere della morte. Per questo Gesù può parlare della morte come di un sonno in attesa del risveglio.
Sorprende e commuove la rapida sequenza del gesto di Gesù e della parola che rivolge alla bambina morta, che ci è dato di riascoltare dalla sua viva voce nella lingua originale, quella aramaica: "Talità Kum" (bambina, su! In piedi!). Il termine corrispondente nella lingua greca, che l'evangelista riporta ("Alzati"... "Si alzò") sarà usato abitualmente dai cristiani per indicare la risurrezione di Gesù. Come non leggervi un anticipo della vittoria che Gesù riporterà sulla morte propria e di tutti noi? "Subito la fanciulla si alzò". La parola di Gesù ha un effetto immediato. La bambina non si è semplicemente ripresa, ma è in piena forma: si alza, cammina, mangia. La reazione dei presenti: "furono presi da grande stupore". La medesima reazione delle donne il mattino di Pasqua davanti alla tomba vuota e all'annuncio della risurrezione di Gesù (Mc 16, 5-8). "Ordinò di darle da mangiare": un atto di squisita attenzione umana, ma anche l'assicurazione che la bambina è in perfetta salute.
Chi è Gesù? Colui che libera l'uomo non in parte, ma interamente. Non guarisce soltanto la malattia fisica della donna; ma nel rapporto diretto con lei conduce la sua fiducia iniziale a diventare fede piena e così essa si trova non solo guarita, ma salvata. La potenza e la misericordia di Dio che operano in Gesù non si fermano davanti alla morte, ma la superano.
In Gesù Dio rivela il suo amore per la vita, come afferma ripetutamente il brano della Sapienza (1, 13-15; 2, 23-24: I lettura): "Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi...Sì, Dio ha creato l'uomo per l'immortalità...". La morte "è entrata nel mondo per invidia del diavolo", ma Dio non si rassegna e in Gesù porta avanti la sua lotta vittoriosa sulla morte.
Molte ideologie e relativi movimenti di ieri e di oggi si impegnano a liberare l'uomo dalle tante forme di schiavitù (oppressione economica, politica sociale...), ma senza speranza davanti alla morte. È come accompagnare uno all'esecuzione capitale e cercare di distrarlo lungo la strada. Ma Cristo libera dalla morte. Sta qui il significato pieno del nostro essere cristiani: "Testimoni dil Gesù risorto, speranza del mondo" (cfr. Convegno ecclesiale di Verona il prossimo ottobre).

Quando - nella situazione di malattia, davanti a una disgrazia o in pericolo di vita personale e di persone care - la mia fede è messa in crisi, sentirò rivolta a me l'esortazione di Gesù: "Continua solo ad aver fede". E chiederò a Lui di rafforzarla o di donarmela semplicemente.

"Talita Kum". Nel giorno della risurrezione finale Gesù risorto lo dirà anche a me, come a ogni uomo, e sarà la festa della vita che attendiamo nella speranza. Ma quante volte continua a ripetermelo perché mi scuota dall'egoismo e dal torpore e riprenda a vivere la vita vera di un figlio di Dio!