Omelia (02-07-2006)
Agenzia SIR


Una frase del libro della Sapienza fa da guida al tema di questa domenica. Essa dice: "Dio non creò la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutto per l'esistenza". La morte non viene da Dio ma dal nostro peccato.

Una donna malata. Due donne incontrano Gesù in questo episodio del Vangelo: una malata, l'altra morta. La prima da dodici anni era affetta da emorragia. Non solo aveva perduto sangue, ma anche i suoi averi "spendendo per le cure di molti medici, senza nessun vantaggio, anzi peggiorando". Ricorre a Gesù per essere guarita, e spera di riuscirci anche toccando solo il suo mantello. Il che avviene, senza che, in mezzo alla confusione, nessuno se ne accorga. Ma subito Gesù avvertì la potenza che era uscita da lui e disse alla donna: "Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male!". Una fede semplice, ma forte ed efficace, tanto da essere elogiata e premiata. Non sempre la fede, per essere vera, ha bisogno di tante parole, poiché Dio vede il cuore, le nostre disposizioni interiori.

Non temere. Sono le prime parole che Gesù rivolge a uno dei capi della sinagoga, di nome Giairo, il quale era venuto a chiedere la guarigione di sua figlia, senza sapere che nel frattempo, era già morta. Ma lo sapeva Gesù che gli risponde appunto: "Non temere, continua solo ad avere fede". Infatti la vera fede non può consistere in un momento di entusiasmo passeggero. Neppure può essere frutto della paura, ricorrendo a Dio solo nei momenti di disperazione. Quella di Giairo è una fede solida ed egli continua a credere nella potenza di Gesù, anche quando gli dicono di non importunarlo oltre, poiché la figlia era già morta. Quel "non temere" detto da Gesù è la sua forza, la sua garanzia. Quante volte troviamo nel Vangelo da parte di Gesù le stesse parole dette ai suoi discepoli "non temete" né persecuzioni né contrasti: "Io ho vinto il mondo!". Ma noi, ne siamo convinti? Non siamo forse paurosi per il tanto male che c'è nel mondo, dimenticando che Dio c'è e che, pur lasciando l'uomo libero, guida le sorti dell'umanità.

Fanciulla, alzati! Gesù operò il miracolo e fece tornare in vita la fanciulla dodicenne. Dopo aver cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della fanciulla dicendo: "La bambina non è morta, ma dorme". E i presenti lo deridevano. Quel riso di disprezzo non è ancora cessato. Provate a dire a qualcuno che i nostri morti vivono o che con la morte ha inizio la vita vera. Se hanno voglia di ascoltarvi, vi chiederanno le prove o, quanto meno, compatiranno civilmente la vostra credulità. E, in realtà, quanto poco si sente parlare tra cristiani di paradiso o di vita eterna. Forse ci si crede anche, ma non si ha il coraggio di darne testimonianza, sentendo parlare più di reincarnazione che di risurrezione. Eppure proprio questo ci chiede la nostra fede, essere certi che i nostri morti dormono e sono in attesa, come noi, del giorno e della gloria della risurrezione.

Commento a cura di don Carlo Caviglione