Omelia (09-07-2006) |
mons. Antonio Riboldi |
Tempo di profeti il nostro? Del nostro sempre più amato Giovanni Paolo II, ricordiamo, credo, il suo indomito coraggio nel proporre agli uomini di tutti i luoghi la verità di Dio. E tutti sappiamo che, se è vero che tutti, ma proprio tutti, dal Battesimo riceviamo la missione profetica, il Santo Padre in modo specialissimo lo è per la sua natura di "voce di Dio". E quello che conta è Dio che si fa Parola, entrando nelle situazioni dell'uomo: situazioni a volte bisognose di conferma nella fede, a volte bisognose di essere scosse dal pericoloso sonno di una fede che può diventare cecità di Dio. Non aveva certo paura Giovanni Paolo II, come del resto Paolo VI, come l'attuale nostro carissimo Benedetto XVI. Due esempi: ricordate quando Giovanni Paolo II, visitando la Sicilia, da Agrigento, si rivolse alla mafia con una voce che sembrava fosse il tuono di Dio che ammonisce, e disse quelle poche parole che si stamparono nel cuore di tutti: "Non uccidete! In nome di Dio!" Fu davvero voce profetica che dette tanto coraggio a chi forse temeva di farsi voce per paura. Ma la profezia non conosce paura. Un secondo episodio, che credo sia rimasto impresso nella coscienza di tutti, fu quello di Paolo VI, al momento di dire una parola chiara su problemi, che oggi si discutono e sono di grande attualità, ossia aborto, contraccettivi, famiglie. E lo fece con la grande Enciclica "Humanae vitae", che conobbe tante reazioni, anche nel mondo della Chiesa...come a dire che la Parola di Dio, quando si fa voce, non lascia tranquilli. Oggi, come sempre, abbiamo bisogno di grande chiarezza, quella che sola viene dalla Parola di Dio, l'unica che è Verità e l'unica che può essere luce a chi davvero cerca la verità...ma viene odiata da chi ama le tenebre. Così si esprime il profeta Ezechiele: "In quei giorni, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava. Mi disse: "Figlio dell'uomo, io ti mando agli Israeliti, a un popolo di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri hanno peccato contro di me fino ad oggi. Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: "Dice il Signore Dio. Ascoltino o non ascoltino - perché sono una genìa di ribelli - sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro" (Ez 2,2-5). E' chiaro che, quando parliamo di "profeti", intendiamo definire "il profeta", non colui che fa profezie, ossia predice il futuro. Oggi è incredibile il numero di persone che si rivolgono ai maghi o altre persone di questo genere per sapere da loro il proprio domani. E tutti sappiamo che nessuno ha il potere di conoscere il nostro futuro, se non il solo Dio, eppure spesso diamo credito a questi indovini, che di vero conoscono la magia del profitto o il potere di sottometterci con le minacce. Profeta per noi è solo colui che ci offre quello che Dio dice per il nostro bene, a nome di Dio. Ricordo che tante volte mamma, davanti a noi figli che a volte cercavamo strade non giuste, diceva: "E' ora di alzare la voce e dire ciò che è giusto e bene a nome di Dio". Ed era grande la sua autorità. In questo mamma, papà erano i nostri "profeti"...come lo sono anche oggi tanti laici. E i profeti non piacciono, diciamocelo con franchezza, a noi che cerchiamo invece voci di comodo che diano ragione a quello che non contiene verità e bontà. E quante ce ne sono! Purtroppo capita a questi "semplici" profeti di casa nostra, che sono in mezzo a noi e con la parola e la vita ci parlano di Dio, quello che capitò a Gesù. Così racconta Marco nel Vangelo: "In quel tempo, Gesù andò nella sua patria e i discepoli lo seguirono. Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltandolo, rimanevano stupiti e dicevano: "Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani? Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Joses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non sono qui da noi?" E si scandalizzavano di lui. Ma Gesù disse loro: "Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua". E non vi poté operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù andava attorno per i villaggi, insegnando" (Mc 6,1-6). E' l'atteggiamento che si ha ancora oggi quando ci troviamo di fronte ad un "profeta" di casa nostra e che accettiamo o rifiutiamo non per quello che dice, ma per la sua condizione sociale. Incredibile. Il nostro amato Papa Benedetto XVI, presentando la tematica della giornata mondiale dei giovani, che si terrà a Sidney nel 2008, nella lettera dal titolo "Lampada ai miei passi la tua parola, luce sul mio cammino" scrive: "Cari giovani, amate la parola di Dio e amate la Chiesa che vi permette di accedere a un tesoro di così alto valore introducendoci ad apprezzarne la ricchezza...Non è facile riconoscere e incontrare l'autentica felicità nel mondo in cui viviamo, in cui l'uomo è spesso ostaggio di correnti di pensiero che lo conducono, pur credendosi "libero", a perdersi negli errori e nelle illusioni di ideologie aberranti. E' urgente "liberare la libertà", rischiarare l'oscurità in cui l'umanità sta brancolando. Gesù ha indicato come ciò possa avvenire: Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (dal messaggio ai giovani). Da Profeta, quasi a confermare quanto il Santo Padre scrive ai giovani, Paolo VI nella Quaresima del 1965, diceva: "La prima forma di negazione di Dio è il sistematico e preconcetto rifiuto a non credere. Non si esita a parlare di mito, di fiabe, di cose irreali. Ora questa opposizione, che attraverso i mezzi di comunicazione si sente circolare nel nostro mondo, e forma la mentalità di non pochi, parte da un mendace presupposto. Vi è chi ritiene atto di intelligenza opporsi all'insegnamento del Signore e alla dottrina della Chiesa. Per essere spregiudicati, più forti degli altri, bisogna saper dire di no: io non credo. La religione si insinua come una imposizione che non accetta contrapposizione, è fatta per gli spiriti deboli, non per il pensiero moderno, non per i critici, gli istruiti, i refrattari alle suggestioni. Essi insistono nel loro ripudio. E si servono del "lume divino", che è la ragione, non per cercare la verità, non per accogliere con simpatia e con gioia LA LUCE DI DIO che entra nelle anime mediante le parole del Vangelo, ma, per così dire, chiudono le finestre e usano dl contrario, proprio la ragione, per negare le verità del Credo e quindi resistere alla luce e gioia del Signore" (Paolo VI, quaresima 1965). Dobbiamo avere il coraggio di entrare in noi stessi, in quel profondo dell'anima, là dove c'è il "respiro di Dio" e quindi il bisogno di verità e di gioia. Nei momenti di silenzio interiore, che è il prezioso momento che Dio crea per farsi trovare, sentiamo tutti, senza eccezione, la necessità di capire il senso della nostra vita e quindi la necessità della VERITA' che è davvero l'aria dell'anima. E' in quei preziosi momenti che sentiamo il bisogno di vedere il vero volto della vita e quindi il volto di Dio. E' impressionante oggi vedere come tantissimi, a cominciare dai giovani, cerchino le solitudini dei conventi e amino "le notti del silenzio" che diventano alba di gioia. E' il momento in cui appare chiaro come tutto ciò che il mondo di sempre propone, come "necessità di benessere o stile di vita moderna", è solo una fuga dalla verità per camminare al buio...e si fa strada la sete del vero! Come la Samaritana al pozzo, ve lo ricordate? "Dammi quest'acqua!" Ho sempre nella memoria le veglie notturne nelle notti che precedevano le Giornate mondiali dei giovani. Faceva impressione e meraviglia il silenzio dopo l'ascolto della Parola di Gesù. Ovunque. E non era solo di qualcuno, ma di centinaia di migliaia di giovani. Così come è davvero una grazia conoscere, frequentare, essere guidati da chi crede che la Parola non è un vuoto suono, ma fa parte della vita: è vera Vita. E' lì che finalmente si scopre cosa significa verità, gioia. A volte, mentre scrivo le riflessioni settimanali, in cui cerco di rimuovere il velo alla Parola, per farla apparire in tutta la bellezza, penso a tutti voi, che mi leggete, e mi pare di essere una grande assemblea che per un momento si estranea dal buio del mondo ed entra nella luce di Dio. E io stesso mi commuovo e chiedo sempre allo Spirito che guidi la mia mano a comunicare la bellezza della Parola. Le tante e-mail, che del resto mi scrivete, confermano tutto ciò. Non ci resta che pregare il Signore perché susciti oggi tanti profeti che sappiano non avere paura della verità, la vivano, la comunichino a troppi che vivono al buio. Si dice che un giorno Diogene fu visto aggirarsi per le strade della città in piena luce con in mano una lampada accesa, come cercasse qualcosa o qualcuno. Gli fu chiesto chi o cosa cercasse: e la risposta fu, ieri come oggi: "Cerco l'uomo!" La preghiera che faccio per voi è che sappiate sempre portare la "lampada che fa luce e che è la Parola", in cerca degli uomini del nostro tempo. |