Omelia (08-10-2003) |
padre Lino Pedron |
Commento su Luca 11, 1-4 Questa preghiera è un rapporto diretto tra un "Tu" che è il Padre e un "noi" che è il nostro vero io, in quanto siamo in comunione con il Figlio e con i fratelli. La fraternità tra gli uomini si fonda unicamente sulla paternità di Dio. Di conseguenza, non si può stare davanti al Padre separati dal Figlio e dai fratelli: sarebbe negare la sua paternità proprio mentre lo chiamiamo "Padre". Per questo se non amiamo e non perdoniamo i fratelli, non amiamo il Padre e non accettiamo il suo amore e il suo perdono. Tutto quanto chiediamo con questa preghiera al Padre, ce lo ha già donato nel suo Figlio e, quindi, la preghiera è aprire la nostra persona ad accogliere quanto Dio ha già realizzato per noi. La preghiera è comunione con Gesù e con i fratelli per vivere la vera fraternità e la vera filialità in Cristo ed entrare nel dialogo di Gesù con il Padre. Nella preghiera troviamo la sorgente della nostra vita, il Padre; per questo, chi prega vive e chi non prega muore, secondo il detto di sant'Alfonso de' Liguori: "Chi prega si salva e chi non prega si danna". E sant'Agostino ci insegna: "Chi impara a pregare, impara a vivere". Si impara a pregare pregando Gesù perché ci insegni a pregare: "Signore, insegnaci a pregare" (v.1). Solamente imparando da Cristo, i cristiani pregano da cristiani, figli del Padre e fratelli di Cristo, e vivono secondo il vangelo. La preghiera insegnataci da Cristo ci rivela la nostra vera identità di figli nel Figlio. Il Padre ci ama come ama il Figlio; ci ama più di se stesso: "Egli non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi" (Rm 8,32). Avvolti dalla tenerezza di questo amore infinito, possiamo vivere nella serenità e nella fiducia. L'olio e il vino che guariscono le nostre ferite mortali (cfr Lc 10,34) è l'amore di Dio riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ci è stato dato (cfr Rm 5,5). Dio sarà sempre nostro Padre, perché il Figlio si è fatto per sempre nostro fratello. "Sia santificato il tuo nome" significa glorificare la persona del Padre nella nostra vita, dando a lui l'importanza che ha e, di conseguenza, amandolo con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente e con tutte le forze. Il nome di Dio è santificato quando accogliamo il suo amore e la sua paternità e accettiamo di essere suoi figli senza paura del nostro limite e della nostra morte. Chi rifiuta la paternità di Dio cerca di essere padre a se stesso, glorificando il proprio nome. Da questo rifiuto, che è la radice del peccato, nasce l'orgoglio e l'ansia, la paura che ci allontana da lui e ci divide tra noi, la voracità che ci separa dai fratelli e distrugge il creato. Tutti quelli che cercano la propria gloria, non possono credere in Gesù e quindi rifiutano anche il Padre: "Come potete credere, voi che prendete la gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo?" (Gv 5,44). "Venga il tuo regno". Il regno di Dio è la liberazione dal potere del diavolo e dalla dannazione eterna; è la sovranità di Dio nostro Padre che ci libera da ogni schiavitù e ingiustizia, da ogni inquietudine e tristezza. Il regno di Dio è già venuto nella persona di Gesù, viene in ogni istante della nostra vita e della storia quando accogliamo Gesù, e verrà nella pienezza della sua gloria quando tutti gli uomini saranno figli del Padre e Dio sarà tutto in tutti (cfr 1Cor 15,28). Il regno di Dio viene ogni volta che accogliamo la misericordia e la compassione di Dio e doniamo ai fratelli la misericordia e la compassione ricevuta da Dio. "Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano". Chiediamo al Padre il pane per la vita umana e per la vita divina, per la vita presente e per la vita eterna. Dietro ogni pane c'è la mano del Padre che ce lo porge come dono del suo amore. Il pane "nostro" è dono del Padre per tutti i suoi figli e va condiviso con tutti i fratelli. Chi defrauda l'altro non gli è fratello e non si comporta da figlio di Dio. Dopo il peccato, il pane va guadagnato con il sudore della fronte (Gen 3,19; 2Ts 3,6-13), diversamente è rubato. Il pane di cui l'uomo vive è l'amore di Dio, ed è concesso gratuitamente ad ogni figlio, anche indegno e perverso, perché Dio non ci ama per i nostri meriti ma per il nostro bisogno. "Perdonaci i nostri peccati". Dio ci ha creato per dono del suo amore e ci ricrea col per-dono della sua misericordia. E questo secondo dono è più grande del primo, è un super-dono. Il cristiano non è e non si crede un giusto, ma un giustificato. San Luca ha centrato giustamente tutto il suo vangelo sulla misericordia del Padre che si manifesta nella vita del Figlio Gesù. Il credente in Gesù perdona perché è stato perdonato da Dio. Chi non perdona, non conosce né il Figlio né il Padre. L'unico peccato imperdonabile è quello di chi non perdona e ritiene di non dover essere perdonato per questo. La cecità di chi si ritiene giusto (cfr Lc 9,41) e non conosce il perdono da dare e da ricevere, è il peccato contro lo Spirito. Il cristiano non è perfetto, ma misericordioso; non è sicuro di non cadere, ma compassionevole verso chi è caduto. Per questo non condanna, ma perdona. La sola condizione per il perdono del Padre è il perdono dato ai fratelli. "Non c'indurre in tentazione". Non chiediamo a Dio di non essere tentati, ma di non cadere quando siamo tentati. Anche a questo riguardo la parola di Dio ci rassicura: "Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via di uscita e la forza per sopportarla" (1Cor 10,13). La tentazione più grande è quella di perdere la fiducia nel Padre. Il credente è tentato soprattutto dalla mancanza di fede nella misericordia di Dio: non riesce ad accettare che Dio sia così buono, soprattutto nei confronti degli altri. Ma la vittoria che ha vinto il mondo è proprio la nostra fede nell'infinita misericordia di Dio. |