Omelia (16-07-2006) |
mons. Ilvo Corniglia |
Marco nel suo racconto vivace e visualizzato presenta Gesù mentre insegna e guarisce, costantemente accompagnato dai suoi discepoli e in particolare dal gruppo dei Dodici. Essi ascoltano e osservano, condividendo lo stupore dei destinatari della sua parola e delle sue azioni. A questo punto, però, Gesù associa più direttamente a sé i Dodici, rendendoli partecipi dei suoi poteri e della sua missione. Quando li scelse e li chiamò la prima volta, tale progetto era già chiaro: Gesù "salì sul monte, chiamò a sé quelli che volle ed essi andarono da Lui. Ne costituì Dodici che stessero con Lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni." (Mc 3, 3-15). L'appartenenza a Gesù, che esprime l'identità del cristiano, è vissuta come comunione con Lui e come missione: un binomio indivisibile. E' giunto ora il tempo di dare attuazione concreta a tale progetto, sia pure in forma parziale e temporanea. Infatti la missione definitiva e universale sarà affidata loro dal Risorto (cfr. Mc 16, 14-20). "Gesù chiamò i Dodici". Si ha come una nuova vocazione. "E incominciò a mandarli". Ecco il verbo della "missione". Vocazione e missione che si collocano nella linea dei profeti (cfr. Am. 7, 12-15: I lettura). Il testo di Marco è piuttosto breve e sintetico rispetto ai passi paralleli di Matteo e di Luca, che riportano un discorso molto più esteso di Gesù sull'invio dei Dodici (Lc parla anche di 72 discepoli). Marco comunque ci offre un messaggio profondo sulla missione della Chiesa e quasi un "vademecum"per quanti sono incaricati di tale missione. Nell'intenzione dell'evangelista, infatti, le istruzioni di Gesù per quella prima esperienza missionaria dei Dodici riguardano gli "inviati"di tutti i tempi: i successori degli Apostoli (papa, vescovi, ministri ordinati), ma anche tutti i cristiani, i quali, con responsabilità e modalità diverse, sono mandati a ogni uomo per farlo incontrare con Cristo. Chi accoglie la chiamata a seguire Gesù e si impegna nella missione di annunciarlo e testimoniarlo, si trova preso dentro un'esperienza che si protrae da 2000 anni. Ma avverte anche che oggi quell'esperienza ha come un nuovo inizio, grazie anche al suo coinvolgimento. Il "cominciò a mandarli" si rinnova ogni giorno e siamo noi i "chiamati- inviati", grazie ai quali e ai tantissimi altri - essi pure "chiamati e inviati"- il Vangelo può continuare la sua corsa nel mondo per la felicità degli uomini. Che cosa muove Gesù a inviare i discepoli e questi ad accettare la missione? La misericordia verso l'umanità ferita e bisognosa di Dio. Non partono da soli, ma insieme: "a due a due". In tal modo si sostengono e si aiutano a vicenda. La testimonianza che offrono è più efficace. In due possono amarsi scambievolmente e realizzare l'unità, riflesso e partecipazione della vita di Dio. Così quello che annunciano - cioè la realtà di Dio Amore e famiglia trinitaria (cfr. Ef 1, 3-14: II lettura) - lo mostrano e quasi lo fanno toccare con mano. E' la comunione che annuncia. E' la comunione il contenuto dell'annuncio, come pure il metodo dell'annuncio. La testimonianza dell'amore vicendevole è la prima grande predica che i discepoli di ogni tempo sono chiamati a fare (cfr. san Gregorio Magno). La missione è un'impresa comunitaria. "E diede loro potere sugli spiriti immondi": Gesù comunica loro il potere, che è suo, di liberare gli uomini dal dominio dispotico e opprimente del Maligno. Agli occhi di Gesù c'è tanta gente che ha bisogno di essere liberata da pesanti catene e da molteplici forme, spesso nascoste, di schiavitù. Il "codice della strada", che i discepoli di Gesù dovranno osservare, quali norme contiene? Anzitutto, il "bagaglio" sarà ridotto all'essenziale: "né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa...". Bastano il "bastone" e i "sandali". Il bastone del pellegrino come sostegno nel cammino e mezzo per difendersi dalle bestie feroci. I sandali per un viaggio non breve ma prolungato e su strade sassose e spesso impervie. Gli evangelizzatori saranno riconoscibili per il loro stile di sobrietà ed essenzialità. Saranno liberi dalle cose per essere totalmente disponibili e dediti alla loro missione. Non porteranno nulla con sé, ma soltanto il Vangelo, che è il tesoro più prezioso e la ricchezza più grande; il Vangelo che hanno cercato di assimilare e non si stancano di assimilare. Non pensano a equipaggiarsi di mezzi abbondanti. Ma ripongono ogni fiducia nella forza del messaggio che annunciano e nella provvidenza del Padre, il quale non farà loro mancare l'accoglienza ospitale dei fratelli. In tal modo condividono l'esistenza umile e povera della maggior parte delle persone che incontrano e alle quali offriranno gratuitamente il dono più grande, che è il Vangelo. Soprattutto, però, condividono e testimoniano la povertà di Gesù e la sua totale dipendenza dal Padre. Le istruzioni di Gesù riguardano anche il "comportamento" dei missionari: non devono avere pretese, ma come veri poveri si accontenteranno del tipo di alloggio che sarà loro dato. Non si sposteranno in un'altra casa, in vista di una maggiore comodità. Se devono svolgere il loro compito senza pretendere per sé onori e trattamenti di riguardo, ma come servi umili e poveri, saranno però coscienti della propria vocazione e dell'altissima missione che è stata loro affidata. Gesù non li assicura che avranno successo. Anche il rifiuto va messo in preventivo. Ma, "se in qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno, andandovene, scuotete la polvere di sotto ai vostri piedi, a testimonianza per loro". Il gesto di scuotere la polvere lo faceva simbolicamente il giudeo quando rientrava da un paese straniero nella terra santa di Israele, per togliere ogni traccia di impurità che avesse contratto in territorio pagano. Gli inviati compiranno tale gesto "a testimonianza per loro": per invitarli a riflettere sulla gravissima responsabilità che si accollano dicendo di no ai missionari e al loro messaggio. Non è cosa indifferente accogliere o rifiutare il Vangelo, ma è una scelta drammatica le cui conseguenze riguardano la propria vita e non solo quella terrena. "Scuotere la polvere" per gli antichi era come dichiarare: io sono separato da te, non ho nulla in comune con te, non intendo lasciarmi coinvolgere nella tua responsabilità. Anche nella società di oggi - dove dilaga il relativismo religioso e morale, dove il credere e il non credere come i diversi comportamenti etici sono livellati e sembrano possedere uguale valore - il richiamo forte alla responsabilità di ciascuno nei confronti della verità e del Vangelo è senz'altro un grande atto d'amore. Marco narra che gli inviati eseguono la consegna di Gesù. Riassume la loro attività: "Partiti, predicavano che la gente si convertisse". La predicazione anzitutto, che ha come scopo e frutto la conversione, cioè l'orientamento totale della propria vita a Dio e a Gesù. E' quanto già Gesù proponeva annunciando il Vangelo (cfr. Mc 1, 14-15). "Scacciavano molti demòni". Col potere ricevuto da Gesù continuano la sua lotta contro Satana liberando e risanando le persone. "Ungevano di olio molti infermi e li guarivano". Come nell'attività di Gesù l'annuncio e la guarigione dei malati erano strettamente legati, così anche nella missione della Chiesa la cura degli infermi è parte integrante della sua opera evangelizzatrice. Nell'attività molteplice in favore dei malati o anziani, poi, occupa un posto estremamente significativo l' "Unzione degli infermi". Il Concilio di Trento ha visto nel gesto dei Dodici che ungevano i malati una prefigurazione di tale Sacramento (cfr. pure in modo speciale Gc 5, 14-15). Attraverso il gesto rituale della Chiesa, Gesù, medico misericordioso del corpo e dello spirito, incontra i credenti, indeboliti dall'età o dalla malattia, e li "salva", come faceva con i malati del suo tempo. Li unisce a sé, li aiuta a vivere la sofferenza in comunione con Lui, trasformandola in un evento redentivo. Inoltre, se è nel disegno di Dio, comunica anche la forza di superarla fisicamente col ricupero della salute. Comunque, da questo testo viene un richiamo a rinnovare la cura pastorale degli infermi, a valorizzare maggiormente il malato nella comunità cristiana, a impegnarci per una umanizzazione della malattia e dell'attenzione ai malati nella nostra società. Marco ha voluto mostrarci che il soggetto che annuncia il Vangelo, guarisce i malati, libera dal Maligno, ora è Gesù, ora sono i discepoli. In che senso? Essi fanno ciò che fa Gesù perché Egli partecipa loro la sua "autorità" di insegnare, di risanare, di scacciare Satana. Essi dipendono in tutto da Gesù, sono trasparenza di Lui, che opera in loro e attraverso di loro. Tutto questo appare più chiaramente, se leggiamo il brano alla luce di Gesù risorto. Questo testo di Marco quali aspetti mi fa comprendere nella "missione" e a quali scelte e comportamenti concreti mi provoca? In quale considerazione tengo il Sacramento dell'Unzione degli infermi? Cerco di scoprirne il valore e la preziosità? Lo so proporre a malati e anziani? |