Omelia (23-07-2006) |
Suor Giuseppina Pisano o.p. |
Commento a Mc 6,30-34 Un brano breve e intenso, questo di Marco, che tocca due temi importanti: l'attività apostolica di evangelizzazione e la necessità della contemplazione. Gli apostoli, rientrano dalla loro missione, ormai affiancano il Maestro nella predicazione, e sono palesemente soddisfatti, entusiasti, di aver portato a termine il loro compito, sono, poi, giustamente compiaciuti dei risultati ottenuti. Gesù li accoglie e li ascolta, è un bel momento di condivisione, ma poi li invita ad andare oltre, oltre il fatto immediato: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po'». L'evangelista precisa che, c'era, in quel luogo e in quel momento, un grande andirivieni di gente, che sicuramente aveva bisogno di esser ascoltata e aiutata; una situazione di stress, diremmo oggi, se il testo precisa, che non avevano neppure tempo per mangiare. L'invito di Gesù, tuttavia, non è semplicemente quello di concedersi una giusta pausa di riposo, ma è molto di più, quel ritirarsi in disparte, in solitudine, è un invito a raccogliersi in preghiera, come lo stesso Maestro faceva prima delle grandi decisioni, un invito a stare in silenzio, in ascolto del Padre, davanti a Lui e a Lui solo. Il momento, lo spazio silenzioso e solitario per la contemplazione, è il momento fecondo che prepara qualunque attività apostolica; l'annuncio della parola che salva, l'annuncio del Vangelo, non nasce che dalla grazia della comunione con Dio, la grazia della contemplazione, che non è prerogativa di pochi, ma è grazia per ogni credente, anzi vocazione di ciascun uomo, destinato a vedere e godere il suo Dio e Padre; ecco perché, ogni uomo o donna, ha il suo posto di contemplativo nella storia. Ed è appunto la storia a parlarci di grandi apostoli del passato, o dei tempi recenti, come di grandi contemplativi. Pensiamo a Caterina da Siena, la giovane donna, investita di una missione, impensabile per una donna, e per una donna di quel tempo; la sua forza morale e spirituale non veniva principalmente dalla sua intelligenza, né dalla sua cultura, veramente scarsa, ma dalla sua vita interiore di grazia e di comunicazione con lo Spirito, veniva da quella " cella interiore " che si era sapientemente costruita nell'anima, e nella quale, ininterrottamente, contemplava Cristo, il suo Signore Crocifisso, in nome del quale predicava, scriveva ed agiva. Se Caterina riuscì a riportare la sede papale da Avignone a Roma, non fu certo per la sua abilità dialettica, ma per la sua forza interiore travolgente. Anche ai giorni nostri abbiamo conosciuto giganti dello spirito, capaci di galvanizzare le folle; basti pensare ad una Teresa di Calcutta, della quale un giornalista ateo ebbe a dire: "non sono più certo che Dio non esista; se c'è, oggi l' ho visto..."; in realtà Augusto Gorresio aveva visto madre Teresa, parlare alla folla presente in uno stadio. Dietro, o meglio, dentro questa piccola suora dimessa, c'era la grande forza della contemplazione di Cristo, povero tra i più poveri del mondo. Infine, non possiamo dimenticare il Papa Giovanni Paolo II, la sua impressionante vita apostolica, nasceva dal raccoglimento e dalla preghiera contemplativa; che egli fosse tra le montagne tanto amate o nella sua cappella privata, ovunque, nella solitudine e nel silenzio, contemplava il Mistero grande di Dio, il cui amore predicava a tutto il mondo. Nessuno, più del contemplativo, sa cosa sia la tenerezza del cuore, quella commozione, di cui oggi Marco parla:".. vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore e si mise ad insegnare loro moIte cose." Gesù e i suoi si erano allontanati dalla folla, per raggiungere un posto solitario, ma la gente si accorse, comprese quali erano le loro intenzioni, e molti riuscirono a raggiungerli, anzi, a precederli. Quella moltitudine aveva fame della Parola che salva. "Le mie pecore ascoltano la mia voce, dice Il Signore, io le conosco ed esse mi seguono."( Gv10, 27), recita l'antifona al Vangelo di questa domenica, ed è quel che accade nell' episodio che Marco racconta. Quella folla anonima che voleva a tutti i costi raggiungere il Maestro, che sapeva parlare ai poveri, agli oppressi e agli emarginati, aveva bisogno di un " pastore buono", di una guida sicura che indicasse una via di salvezza, che dicesse una parola vera, di speranza, di conforto e di luce. Erano forse persone stanche e deluse, da pastori infidi, come quelli di cui il profeta Geremia parla: pastori che fanno perire il gregge e lo disperdono, pastori che non si curano del gregge, ma lo lasciano sbandare, perché attenti soltanto al proprio tornaconto e ai propri interessi, pastori che sfruttano e strumentalizzano le persone loro affidate; la storia ne ha conosciuto tanti, e tanti ancora ne conosce. Dio, tuttavia, non si arrende di fronte alla malvagità dell'uomo e promette altri pastori, un altro Pastore, l'unico, dal quale, poi, tutti gli altri impareranno. "Radunerò io stesso, il resto delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho lasciate scacciare e le farò tornare ai loro pascoli, -scrive, ancora, il profeta Geremia- saranno feconde e si moltiplicheranno. Costituirò, sopra di esse pastori, che le faranno pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi... Ecco, verranno giorni dice il Signore-, nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra." ( Ger.23,1-6) E' Cristo il vero Pastore, la guida sicura, lui, che, per la redenzione di tutti, non ha esitato a dare la vita, per farci creature nuove, capaci di accogliere l'amore del Padre e di riamare. E' quel che Paolo scrive, e che proclamiamo nella seconda lettura di questa domenica: "Fratelli, ora, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani, siete diventati i vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l' inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce...Egli è venuto perciò ad annunziare pace, a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito." (Ef 2,13°) Quanti, oggi hanno bisogno di una guida sicura? Quanti assomigliano a quella folla, di cui Marco scrive e per la quale Cristo si commosse? Sicuramente sono tanti, in tutto il mondo, sono persone che parlano lingue diverse, che appartengono a culture diverse e professano religioni diverse, ma hanno nel cuore lo stesso bisogno d'amore, di giustizia, di pace, di solidarietà, di fratellanza. Sono persone in attesa di conoscere e percorrere la via sicura della salvezza, che è Cristo, il Figlio di Dio, il Redentore. E' lui l'oggetto della nostra predicazione e, ancor prima, della nostra contemplazione, il dono di grazia che rende l'annuncio del Vangelo, credibile e fecondo. Sr M. Giuseppina Pisano o.p. Monastero SS.mo Rosario mrita.pisano@virgilio.it |