Omelia (23-07-2006)
Totustuus


NESSO TRA LE LETTURE

Il Signore è il mio pastore. Questo sembra essere il motivo che dà unità alla liturgia di questa sedicesima domenica del tempo ordinario. Il salmo 22 lo ripete in modo inconfondibile, che tocca il cuore: "Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla", e aggiunge più avanti: "Felicità e grazia mi saranno compagne". Certamente, il Signore è il vero e unico pastore d'Israele. Tutti gli altri pastori sono inviati, e stanno presso il popolo in funzione di Lui. Perciò, quei pastori che non compiono la loro missione dovranno presentarsi davanti al tribunale di Dio, perché il Signore ama e cura le sue pecore (prima lettura). In Gesù Cristo contempliamo tutta la bontà del Padre e la sua misericordia per gli uomini. Gesù si muove a compassione, contemplando gli uomini come pecore sviate che non hanno chi si curi di loro. Al proprio riposo e a quello dei suoi apostoli, antepone la sua missione redentrice e la predicazione della Parola di Dio (Vangelo). Così, si vede come veramente Dio è la nostra pace (seconda lettura). Solo Dio ha avuto misericordia della nostra triste condizione di peccatori, e ha inviato suo Figlio, l'Unigenito, in riscatto per tutti. Solo in Dio la nostra anima trova la consolazione e la pace che tanto anela; al di fuori di Dio o lontano da Lui, è vano ogni tentativo di felicità.


MESSAGGIO DOTTRINALE

1. Il Signore promette un discendente dalla casa di David

La prima lettura che Geremìa compone poco prima dell'esilio e dell'estinzione del regno di Giuda (586 a.C.), ci offre un panorama desolante: i re, i pastori del popolo, gli incaricati di prendersi cura del popolo e di farlo prosperare, hanno sviluppato una politica funesta per il popolo. Per mancanza di attenzione da parte dei pastori, il gregge sta morendo ed è disperso. Guai a quei pastori! Esclama Geremìa. Il Signore stesso s'incaricherà della cura delle sue pecore e invierà un discendente della casa di David a prendersi cura del suo popolo. Qui si vede bene che la profezia di Geremìa va ben oltre la situazione contingente che il Regno di Giuda si trovava a fronteggiare prima dell'esilio. Si allunga lo sguardo e si pensa ad una dimensione teologica: Dio viene in aiuto degli uomini caduti nel peccato. Così, lo stesso esilio che avrà luogo dopo poco tempo, acquisisce un significato religioso. Non è semplicemente il trionfo delle armi sul popolo di Dio, bensì è la punizione per il suo peccato e per la sua infedeltà all'alleanza. L'esilio è, dunque, occasione per prendere coscienza dei propri peccati e per meditare che non c'è salvezza al di fuori di Dio, e che solo la conversione e una nuova fedeltà all'alleanza sono le condizioni per tornare a Gerusalemme. Effettivamente, solo Dio può riunire di nuovo coloro che il peccato ha disperso per "tutte le regioni", e solo Dio può formare un popolo di salvati. Dio solo può salvare!

Per compiere questa missione, il Signore invia pastori incaricati di condurre le pecore su sentieri di vita. Così, tra questi pastori si profila la figura di un pastore speciale, discendente di David, che baderà alle pecore come si conviene. Opererà con "intelligenza", con l'unico desiderio di far regni la "giustizia e il diritto", cioè si comporterà esattamente come Dio. Il passare del tempo dimostrerà che nessuno dei pastori corrisponde pienamente agli attributi di questo pastore promesso. Si inizia, così, a comprendere che il vero pastore è il Messia nato dalla casa di David. Così, l'oracolo del profeta Geremìa, letto alla luce delle successive rivelazioni, orienta lo sguardo, la speranza e la preghiera verso Dio e il suo Cristo.

2. La relazione tra Gesù e i suoi apostoli, tra Gesù e la moltitudine

Gesù aveva inviato gli apostoli in missione (6,7-13). Quando tornano, raccontano al Maestro lo svolgersi delle loro avventure apostoliche, e Gesù li invita a riposare un po'. Si vede che gli apostoli, e anche la Chiesa apostolica, dipendano sempre da Gesù. Da Lui ricevono il mandato missionario e il contenuto della predicazione, e a Lui essi devono riferire il risultato della loro attività apostolica. Al di fuori di Lui o lontano da Lui, è inconcepibile la loro missione e il loro compito. Questo vale per i primi apostoli, ma vale anche per gli apostoli e i pastori di oggi. Essi sanno di essere responsabili del mandato ricevuto davanti al Signore. Devono "rispondere" del loro operare apostolico. Quanto più fedelmente gli apostoli ascoltano Gesù e si nutrono della sua dottrina, tanto più si sentono vincolati alla sua dottrina.

Il Signore invita i suoi apostoli a riposare un po'. Egli stesso si ritirava molte volte in solitudine per pregare (Mc 1,35). Gli apostoli devono riposare nella comunione con Gesù, e nella comunione tra loro stessi. È vero che devono impegnarsi e lavorare duramente per il vangelo, ma è anche necessario che trovino momenti di riposo, che ristorino le loro forze. Bisogna cercare quei momenti di tranquillità, di re-incontro con se stessi, di silenzio e riflessione, che ci aiutano a rimettere le cose della vita al proprio posto, secondo una sana gerarchia di valori. Quanto è opportuno cercare questo riposo nella comunione con Dio Nostro Signore!

Tuttavia, accade che il previsto riposo si imbatte in un imprevisto: una moltitudine aspetta il Signore. Gesù vede quella folla e prova compassione, perché il cuore di Cristo è pieno di misericordia, è il cuore di Dio. Lasciando da parte i suoi piani di riposo per sé e per i suoi apostoli, si mette ad insegnar loro con calma. Gesù Cristo è quel discendente di David, annunciato da Geremìa, è la risposta di Dio alla domanda di Mosè: 'la comunità del Signore non sia un gregge senza pastoreª (Nm 27,17). Gesù si rivela come il pastore messianico che insegna e dà da mangiare al suo popolo. Egli è il nuovo Mosè, che guida il suo popolo alla piena liberazione. Così Gesù, predica la nuova notizia del Regno, predica l'amore per Dio e l'amore per il prossimo come il primo e il più grande comandamento della legge.

L'immagine di Buon pastore ha lasciato un'impronta profonda nelle prime comunità cristiane. Infatti, già nelle catacombe troviamo diverse e artistiche immagini di Cristo Buon Pastore. Queste rappresentazioni, evidentemente, non vogliono offrirci un ritratto di Gesù, bensì piuttosto mostrarci la sua misericordia, il suo amore per le pecore, la sua generosità e la sua consacrazione ad esse. E quelle pecorelle, siamo tutti noi uomini, bisognosi di salvezza.


SUGGERIMENTI PASTORALI

1. L'amore fervente per il pastore delle nostre anime

La liturgia di questa domenica ci invita a rinnovare il nostro amore per Cristo, pastore delle nostre anime. Solo Lui ha avuto compassione delle nostre miserie e dei nostri peccati. Solo Lui ha dato la vita per la nostra salvezza. Un poeta contemporaneo si esprime così:

Pastore, ti benedico per quello che mi dai.
Se niente mi dai, pure ti benedico.
Ti seguo ridendo, se tra le rose vai.
Se vai tra cardi e rovi, ti seguo.
Con te nel meno, con te nel più,
e sempre con te!
(Amado Nervo; nt).

Quale grande bene troveranno i fedeli nella loro amicizia con Gesù Cristo! Aiutiamoli a scoprire Cristo nel vangelo, nell'Eucaristia, nel prossimo, negli eventi della vita. "Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla".


2. Una sana domanda

Chi più, chi meno, tutti dobbiamo pascolare qualche gregge; dobbiamo orientare alcuni anime, alcune persone di cui prenderci cura. Con semplicità e sincerità, domandiamoci se facciamo tutto quello che è in nostro potere per queste pecorelle. Per alcuni, genitori, padri e madri di famiglia, la domanda è profonda ed esigente. Tutta la loro vita deve essere una donazione in favore dei figli che Dio ha loro affidati. Per una persona consacrata, l'esigenza è altrettanto grande, visto che segue Cristo da più vicino e deve avere un cuore pieno di misericordia. Per un sacerdote, autentico pastore di anime, le parole di Geremìa e l'esempio di Cristo sono un invito alla conversione, e a dare realmente tutto il proprio essere in favore del gregge affidatogli.