Omelia (30-07-2006) |
padre Antonio Rungi |
Il pane della solidarieta' e della giustizia La parola di Dio di questa XVII Domenica del tempo ordinario mette al centro della nostra attenzione e riflessione il tema del pane e soprattutto il miracolo della moltiplicazione dei pani che viene proposto in due testi, uno quello veterotestamentario, tratto dal Secondo Libro dei Re, nel quale è coinvolto il profeta Eliseo, l'altro neotestamentario, tratto dal Vangelo di Giovanni, in cui Gesù è all'opera per soddisfare le richieste di sostegno materiale ai numerosi discepoli che lo seguivano per ascoltare la sua parola. Nell'uno e nell'altro caso è narrato un evento particolare, un fatto eccezionale, o meglio un duplice miracolo della generosità di Dio e della sua attenzione verso i bisogni essenziali di ogni essere umano, soprattutto nel momento della difficoltà. Il miracolo di Eliseo potremmo definirlo più quello della distribuzione dei pani che di una vera e propria moltiplicazione. Il breve brano che ascoltiamo oggi presenta gli aspetti caratteristici di questo fatto straordinario: "In quei giorni, da Baal-Salisa venne un individuo, che offrì primizie all'uomo di Dio, venti pani d'orzo e farro che aveva nella bisaccia. Eliseo disse: "Dallo da mangiare alla gente". Ma colui che serviva disse: "Come posso mettere questo davanti a cento persone?". Quegli replicò: "Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: Ne mangeranno e ne avanzerà anche". Lo pose davanti a quelli, che mangiarono, e ne avanzò, secondo la parola del Signore". Il senso della solidarietà è qui evidente. Il profeta non tiene le primizie per sé, ma avverte l'esigenza di distribuire quanto ricevuto a tutti i presenti, dei quali nessuno rimane privo di un piccolo sostegno alle proprie necessità materiali di alimentarsi. Stessa scena, ma con risvolti diversi e con contorni più chiari, si registra nel testo del Vangelo odierno, nel quale Gesù moltiplica i pani per sfamare non solo la fame materiale della folla che lo seguiva, ma soprattutto quella spirituale, ben più consistente rispetto a quella materiale e sicuramente anche più necessaria ed impellente. "In quel tempo, Gesù andò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e una grande folla lo seguiva, vedendo i segni che faceva sugli infermi. Gesù salì sulla montagna e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Alzàti quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: "Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?". Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare. Gli rispose Filippo: "Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo". Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: "C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?". Rispose Gesù: "Fateli sedere". C'era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero. E quando furono saziati, disse ai discepoli: "Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto". Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: "Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!". Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo". Il miracolo della moltiplicazione avviene in un contesto di evangelizzazione e di guarigione e soprattutto alla vigilia dell'imminente Pasqua del Figlio di Dio. Molta gente infatti segue Gesù per ascoltarlo, ma anche perché aveva visto i fatti straordinari che compiva sugli ammalati e per questo lo volevano fare re. Potremmo dire si stava configurando un'elezione a furor di popolo, come era prassi allora. Ma Gesù non cercava questo tipo di affermazione umana, politica e sociale, era altra la sua regalità che voleva trasmettere a quanti avevano solo in parte compreso la sua missione: una regalità che guarda al cuore e all'animo umano sui quali operare perché si trasformino in sorgente di carità e solidarietà. E per realizzare questo nelle persone umane, Gesù si serve, utilizza i pochi mezzi a disposizione delle persone desiderose di trasformare il mondo mediante l'amore e la solidarietà: quei cinque pezzi di pane d'orzo e due pesciolini sono le uniche possibilità concrete su cui agire per ampliare gli spazi dell'amore e della carità. Gesù si serve di questo, per dire che egli non cambia il mondo senza il nostro contributo personale. Ha bisogno delle nostre mani, dei nostri piedi, di quel poco che abbiamo perché possa essere impegnato e valorizzato per gli altri. Il resto lo fa lui, la Provvidenza e sicuramente la sensibilità umana e la generosità di quanti si lasciano toccare dalla carità vera e senza finzioni. In questo miracolo molti leggono anche il riferimento alla SS. Eucaristia. D'altra parte siamo alla vigilia di Pasqua e tutto ci fa pensare che Gesù come buon maestro e pedagogo prepari gli apostoli, in particolare, ma anche i numerosi discepoli, alla celebrazione della sua Pasqua di morte e risurrezione. Pasqua che celebra il Giovedì Santo nel Cenacolo insieme agli apostoli ove utilizza il pane ed il vino come segni della sua speciale presenza in mezzo all'umanità. Nel testo della moltiplicazione dei pani è presente l'elemento "pesce", che fin dalle prime testimonianze cristiane, che sono state rinvenute nella catacombe, volevano indicare la SS. Eucaristia. Ci troviamo di fatto in un contesto eucaristico molto chiaro e da esso scaturisce ogni applicazione concreta alle situazioni di bisogno dei tempi odierni o di sempre. L'Eucaristia è una forte spinta a vivere nella carità e nel servizio disinteressato verso quanti hanno più necessità di qualsiasi genere. La Chiesa sull'esempio di Gesù deve fare e moltiplicare ogni sforzo perché gli aiuti di ogni genere giungano possibilmente a tutti i fratelli, perché a nessuno venga a mancare l'essenziale. Uno sforzo che trova, soprattutto oggi, forti contrasti con il mondo sociale ed economico del nostro tempo, nel quale solo una parte dell'umanità gode del benessere materiale e culturale, mentre la stragrande maggioranza di essa vive nella miseria e nella povertà di ogni genere. I cristiani, sull'esempio di Gesù, devono moltiplicare le azioni tese a costruire un mondo più giusto ed umano, nel quale ogni persona umana abbia la possibilità di vivere dignitosamente senza elemosinare ad altri il necessario, ma solo confidando nella provvidenza di Dio. In altri termini, sentirsi ed essere davvero una sola grande famiglia umana, motivati a ciò dalla stessa fede, spinti dalla stessa speranza, sostenuti dalla medesima carità, come ci ricorda l'Apostolo delle Genti nel breve passo della sua lettera agli Efesini che ascolteremo oggi: "Fratelli, vi esorto io, il prigioniero del Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti". Dio che è Padre di tutti ed è presente in tutti, in quanto ogni uomo è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio ci aiuti a recuperare ogni giorno ed in tutte le situazioni l'unità della famiglia umana, che è poi scelta di pace e giustizia universale. |