Omelia (30-07-2006) |
mons. Ilvo Corniglia |
A partire da oggi - così sarà per altre quattro domeniche - dal Vangelo di Marco ci troviamo trasferiti in quello di Giovanni e precisamente nel capitolo VI, che riporta l'episodio della moltiplicazione dei pani e il successivo discorso in cui Gesù rivela il significato di tale prodigio. E' l'unico miracolo che riferiscono tutti e quattro i Vangeli. Segno dell'importanza straordinaria che rivestiva per la Chiesa del N.T. Il racconto di Giovanni, se nella sostanza concorda con quello dei Sinottici, è però molto originale per il modo di presentare il fatto e per il messaggio che contiene. Il brano si apre con la scena di "una grande folla" che "seguiva" Gesù, "vedendo i segni che faceva sugli infermi". Si chiude con la scena della medesima folla che è entusiasta perché ha "visto il segno che Egli aveva compiuto". In Giovanni la guarigione dei malati e la moltiplicazione dei pani e dei pesci sono chiamate "segni". Cioè gesti che manifestano l'identità di Gesù e il dono divino che Egli porta ai credenti. "Era vicina la Pasqua". Questa espressione evoca l'Esodo, ma anche la Pasqua della passione e risurrezione di Gesù: Egli è il nuovo Mosè che raduna e conduce il nuovo popolo di Dio. Come Mosè, "salì sulla montagna" - quasi nuovo Sinai - per stringere con l'umanità la Nuova Alleanza attraverso la sua morte e risurrezione. A questo popolo offre un banchetto abbondante, come già Dio aveva fatto con Israele - in cammino nel deserto, sotto la guida di Mosè, verso la terra promessa - nutrendolo con l'acqua sgorgata dalla roccia, con le quaglie, soprattutto con la manna. Banchetto messianico, annunciato dai profeti (cfr. Is 25,6.), in cui Gesù sazia la sua comunità con la parola e i sacramenti. In modo speciale il dono dei pani nel deserto è come una prefigurazione e una promessa del banchetto eucaristico, dove Dio sostiene il suo popolo con la parola e la "carne" di Cristo. Se questo senso eucaristico soggiace già al racconto dei primi tre Vangeli, in Giovanni assume uno sviluppo chiaro e notevole: l'Eucaristia è il banchetto messianico in cui la vera manna - come spiegherà Gesù stesso il giorno seguente nella sinagoga di Cafarnao -, il vero pane disceso dal cielo e donato da Dio è la persona di Gesù, ricevuta attraverso la fede e i Sacramenti. Il testo ci mostra la "grande folla" che "seguiva" Gesù. Questo verbo di per sé indica l'essere discepoli. Il motivo per cui la gente cerca Gesù? "Vede i segni che faceva sugli infermi". La gente "vede" nel senso che coglie il significato di quanto Gesù compie? In realtà è impressionata dalle guarigioni che Gesù opera e lo segue, spinta dal bisogno. E' una fede ancora tanto imperfetta, di cui Gesù certamente non si accontenta. Ma non respinge la folla, la cui fede spera di fare maturare. In fondo, se la folla gli va dietro mossa dal bisogno, è perché riconosce che Gesù, e Lui solo, è in grado di risolvere i suoi problemi. Verrebbe da chiedersi se quanti frequentano oggi le celebrazioni della Chiesa, magari con stanchezza e per "obbligo", sono animati da un bisogno profondo e autentico di Gesù. Gesù, "alzati gli occhi...vide che una grande folla veniva da Lui". Il gesto esprime l'attenzione obbediente di Gesù al Padre, la comunione con Lui, ma anche lo sguardo, traboccante di misericordia, con cui abbraccia le necessità della folla e di ciascuno in particolare. Come allora, anche oggi. Alla situazione di indigenza e di bisogno non è possibile far fronte con le risorse umane. Lo riconoscono apertamente due discepoli. Cioè Filippo, in risposta a una provocazione di Gesù, e Andrea: "Duecento denari di pane non sono sufficienti...C'è qui un ragazzo che ha qui cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?". E' la domanda, colma di angoscia, che si pongono quanti considerano seriamente la drammatica situazione economica, e non solo economica, dell'umanità. Davanti all'impotenza dichiarata di ogni soluzione umana, Gesù interviene. Già il profeta Eliseo (circa nove secoli prima) aveva operato qualcosa di simile, ma di proporzioni sicuramente molto minori, manifestando la provvidenza di Dio in favore dei suoi fedeli (cfr. 2Re 4, 42-44: I lettura). Gesù, però, è più potente di qualunque profeta: è il Messia. E' Lui che prende l'iniziativa, al di là di ogni sollecitazione da parte di qualcuno. E' infatti totalmente imprevedibile ciò che sta per fare. Ordina ai discepoli di far accomodare la gente come per un banchetto. E' veramente tanta! I cinque pani e i due pesci del ragazzo si moltiplicano nelle sue mani e l'immensa folla è sfamata. L'onnipotenza di Gesù appare in tutta la sua evidenza. Ma risulta altrettanto chiaro che non parte da zero: ha bisogno del dono di un ragazzo, che si priva del poco che possiede per metterlo a disposizione. I problemi immensi che oggi tormentano l'umanità non li risolvono in esclusiva i Grandi, ma la solidarietà che parte dai piccoli, come nel nostro caso. Con "cinque pani d'orzo", cioè con le nostre "briciole" potremmo salvare milioni di persone, se tentiamo di attivare il processo della condivisione, che è poi la reazione a catena dell'amore che Gesù è venuto a innescare sulla terra. Il vero miracolo comincia nel cuore di quel ragazzo e di ogni uomo, quando decide di condividere. Può cominciare anche qui e ora in me e in te. Gesù si rivela come il Messia che, al di là di ogni attesa e previsione, è in grado di saziare tutti, nessuno escluso. Ha abbastanza pane per ognuno. Anzi, ne sopravanza. I dodici canestri, riempiti di pezzi avanzati, significano l'abbondanza di questo cibo - destinato a molti altri, a tutti - e la sua preziosità: "perché nulla vada perduto". Non si possono dilapidare i doni di Dio: quelli disseminati nella natura o che sono frutto del progresso umano. Ma vanno trasmessi integri a quanti verranno dopo di noi. Tutto questo assume, appunto, un significato più pieno, se riconosciamo - come già detto - una chiara dimensione eucaristica nel "segno" che Gesù ha compiuto. In effetti i gesti di Gesù nell'operare il miracolo sono gli stessi che, nel racconto sinottico e di Paolo, egli farà nell'Ultima Cena quando istituirà l'Eucaristia: "prese i pani...rese grazie". Quest'ultimo verbo (che sarà ripreso nel versetto 23) ai tempi di Giovanni aveva ormai il significato tecnico di celebrazione eucaristica. Manca il gesto di "spezzare il pane", riportato dagli altri Vangeli e da Paolo. Viene però richiamato dal comando di raccogliere i "pezzi avanzati". E' singolare poi il fatto che Gesù, Lui solo personalmente, distribuisce i pani e i pesci. Un'azione che nei Sinottici sono i Dodici a compiere. Tutta l'attenzione è concentrata su Gesù, che rimane il protagonista assoluto. Il senso è chiaro: la moltiplicazione dei pani, manifestando l'onnipotenza di Gesù che sazia la folla, è un "segno" di quanto farà Gesù, pane eucaristico, per la vita del mondo. Vedendo il miracolo, la folla riconosce Gesù come il "profeta che doveva venire nel mondo": il nuovo Mosè, il Messia, che rinnova il miracolo della manna. Vogliono "farlo re". E' gravissimo il rischio di un movimento messianico di tinta politica e nazionalista. Gesù non intende favorire tale equivoco sulla sua missione. Quindi "si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo" a ritemprarsi e a rinnovare la sua scelta di fedeltà al Padre, nel dialogo con Lui. In questo episodio evangelico Gesù quali aspetti ci rivela di sé? Es. l'attenzione concreta a chi è nel bisogno, la sua onnipotenza misericordiosa, la sua identità di Messia e Figlio di Dio che sazia la fame di ogni uomo...Quali altri aspetti ancora? Gesù è riuscito a farmi capire chi è Lui per me e cosa mi dona? E cosa si aspetta? Per es. che anch'io guardi la folla e ogni persona con i suoi occhi e la ami con il suo cuore? Durante il banchetto eucaristico mi lascio facilmente attirare da particolari secondari e perdo di vista il Protagonista, Gesù, che mi dona il Pane e vuole saziare il mio cuore? |