Omelia (06-08-2006)
mons. Ilvo Corniglia


La festa della Trasfigurazione del Signore – che oggi prevale sulla liturgia della Domenica XVIII del Tempo Ordinario – ci invita a contemplare Gesù nello splendore della sua gloria, lasciandoci catturare dalla sua indescrivibile bellezza. Un mistero che, particolarmente nella Chiesa d'Oriente, non ha mai cessato di nutrire e unificare il cammino di preghiera, ispirando mistici e artisti. Un mistero che ci aiuta a scoprire e a vivere l'esperienza cristiana semplicemente come un'esperienza di bellezza. È un mistero di luce, mistero della "gloria divina che rifulge sul volto di Cristo" (2Cor 4,6).
Giovanni Paolo II, perché "il Rosario possa dirsi in modo più pieno 'compendio del Vangelo'", ha voluto integrare i misteri tradizionali (della gioia, del dolore, della gloria) con i "misteri della luce". Sono cinque momenti "particolarmente significativi della vita pubblica...Questa integrazione di nuovi misteri...è destinata a far vivere la preghiera del Rosario con rinnovato interesse nella spiritualità cristiana, quale vera introduzione alla profondità del cuore di Cristo, abisso di gioia e di luce, di dolore e di gloria" (RVM 19). Di questi cinque momenti il quarto è appunto la Trasfigurazione, che Giovanni Paolo II chiama "mistero di luce per eccellenza". E precisa: "La gloria della Divinità sfolgora sul volto di Cristo, mentre il Padre lo accredita agli Apostoli estasiati perché lo ascoltino e si dispongano a vivere con lui il momento doloroso della Passione, per giungere con Lui alla gioia della risurrezione e a una vita trasfigurata dallo Spirito Santo" (RVM 21).
A sostare in modo fruttuoso davanti alla scena di Gesù trasfigurato ci aiutano i brani biblici della festa: il testo del profeta Daniele (7,9-14: I lettura), dove la figura misteriosa di "uno, simile a un figlio dell'uomo" (= il futuro Messia) si avvicina al trono di Dio e riceve "potere e gloria e regno".
Come pure il testo della II lettera di Pietro (1,6-19: II lettura), che evoca la scena del Tabor, sottolineando il ruolo di testimoni oculari dell'avvenimento che compete agli Apostoli. Soprattutto il brano evangelico, che abbiamo già meditato nella II domenica di Quaresima. Possiamo riprendere alcune delle riflessioni già proposte allora.
La Trasfigurazione è un'esperienza senza dubbio straordinaria, unica, per Gesù anzitutto, e per i suoi tre discepoli. "Si trasfigurò davanti a loro". Letteralmente: "fu trasfigurato". Da Dio: è Lui che opera tale prodigio, tale meraviglia nell'umanità di Gesù. Un Gesù incredibilmente nuovo. L'evangelista sottolinea la sua luminosità: "le sue vesti divennero splendenti, bianchissime". Il bianco luminoso simboleggia il mondo divino, il mondo della risurrezione. Bianca sarà appunto anche la veste dell'angelo che annunzierà la risurrezione di Gesù (Mc 16,5). E' la "gloria" di Dio, cioè la pienezza traboccante della vita di Dio, che rifulge su tutta la persona di Gesù. E' la "gloria" segreta di Gesù, quella vitalità infinita, quel fascino, quello splendore divino, che abitualmente si nascondeva sotto un'umanità comune, e che ora trapela, anzi esplode all'esterno, seppure per un attimo. I discepoli rimangono letteralmente "inchiodati", estasiati da tanta bellezza. Ma prima ancora, Gesù stesso è sopraffatto dallo stupore, è inondato e sommerso dalla gioia di Dio. In questo modo il Padre fa sperimentare a Gesù e fa intravedere ai tre discepoli un "assaggio" di quella gloria che, risorgendo dai morti, possederà per sempre dal mattino di Pasqua. Il Gesù trasfigurato è già in qualche modo e per anticipo il Signore risorto.
Quest'esperienza vuole infondere in Gesù e nei discepoli coraggio e fiducia di fronte alla prospettiva della sofferenza e della morte. Ecco dove conduce il cammino verso Gerusalemme. Qui Gesù sarà ucciso: fallimento totale della sua opera e dispersione dei discepoli. Ma non è questo lo sbocco ultimo e definitivo. Il traguardo finale è la vita nuova vittoriosa sulla morte, è la luce della risurrezione.
A noi cristiani, impegnati ogni giorno a seguire Cristo con fedeltà tenace, anche se sofferta, la trasfigurazione di Gesù ricorda che questo cammino ci conduce immancabilmente alla nostra futura glorificazione, quando Egli "trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso"(Fil 3,21) .
Mi piace interpretare la "Trasfigurazione" come un gesto di tenerezza infinita che Dio Padre compie nei confronti del suo Figlio Gesù, incamminato verso il Calvario. Gli fa sperimentare, sia pure per breve tempo, la luce e la gioia che saranno permanenti e definitive dopo il buio e l'angoscia della passione e della morte. E questo abbraccio caldo del Padre col Figlio i discepoli non solo in qualche modo lo contemplano, ma vi sono come trascinati dentro con Gesù. Si pensi, appunto, alla nube, simbolo della presenza di Dio, che li avvolge insieme al loro Maestro. Questa esperienza, che li affascina, raggiunge il suo culmine quando percepiscono in modo inconfondibile la voce di Dio, il Padre: "Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!". La dichiarazione che nel Battesimo aveva rivolto esclusivamente a Gesù ("Tu sei il mio Figlio prediletto") il Padre ora la ripete ai tre discepoli e - tramite loro -, a tutti noi: "Questo Gesù è mio Figlio, il mio unico tesoro, il mio tutto". Questa relazione con Dio è il vero segreto della persona di Gesù: in tale segreto il Padre introduce i discepoli, anzi li rende partecipi di tale rapporto di Gesù con Lui. All'indicativo si aggiunge l'imperativo: "Ascoltatelo!" cioè accogliete la sua parola. Fate quello che vi dice. Accettate Gesù così com'è e non come vorreste voi: accettatelo cioè come il Messia sofferente, che arriva alla gloria attraverso il servizio ostinato agli uomini fino alla morte. Seguitelo sulla stessa strada.
Le parole del Padre sono confermate anche dalla presenza di Mosè e di Elia, che rappresentano la Legge e i profeti, indicando che tutta la rivelazione dell'A.T. trova il suo compimento in Gesù. Se finora i fedeli di Israele hanno ascoltato Mosè ed Elia, ora devono ascoltare Gesù. E' Lui l'unico Maestro degli uomini. Il racconto aggiunge pure che i discepoli, dopo aver udito la voce del Padre, vedono Gesù soltanto: non hanno bisogno di nessun altro. Hanno con loro Colui che porta la rivelazione definitiva di Dio. Solo Gesù deve bastare.
La "trasfigurazione" non è soltanto un avvenimento futuro che il credente aspetta nella speranza. Ma nella sua vita è già in corso una misteriosa "trasfigurazione" del suo essere, un rapporto di progressiva assimilazione a Cristo attraverso l'amore. Una "trasfigurazione" che in certi cristiani più maturi non di rado traspare anche all'esterno. Quando per es. visito malati che mi accolgono col sorriso e accettano con serenità la loro sofferenza, quando trovo ragazzi e giovani che sanno andare controcorrente e si mantengono puri in un ambiente inquinato e inquinante; quando incontro persone di ogni età che sono capaci di perdonare; persone che hanno deciso di giocare la loro vita su Dio soltanto, rinunciando all'idolo del denaro, del successo, del potere, del sesso...in tutti questi casi penso a tale "trasfigurazione" in atto.
Nella misura in cui anche noi ci lasciamo "trasfigurare" da Gesù, offriamo un servizio immensamente prezioso alla società. "È meglio accendere una luce, anche piccola, che imprecare contro il buio" (detto orientale). Ma restare una luce accesa, essere la luce di Cristo che filtra e si irradia attraverso la nostra vita e la nostra parola: quale dono per gli uomini! Perché non crederci'? Perché non impegnarsi subito?

Lungo la nostra giornata quanti gesti forse scivolano via, vuoti d'amore, e ci lasciano insoddisfatti! Non potresti provare a "trasfigurare" ognuno dei tuoi gesti, a trasformarlo cioè in un gesto di attenzione agli altri, in un capolavoro d'amore? Comincia subito con le persone che ti stanno vicino.
Molte volte al giorno io posso raccogliermi in una pausa di silenzio oppure posso attivare la mia attenzione durante il lavoro, il gioco, e anche in mezzo alla confusione, per avvertire la voce del Padre che mi ripete: "Gesù è il mio Figlio, è tutto il mio amore, è tutta la mia gioia. Ascoltalo. Cioè accogli la sua parola, mettila in pratica, accetta la sua guida, ubbidisci a Lui".
Il rapporto con la parola di Gesù, come anche il dialogo con Lui nella preghiera, ci "trasfigura" interiormente rendendoci sempre più simili a Lui, altri Lui. Il custodire nel cuore, lungo la giornata, anche una sola delle parole di Gesù, che ci sono state donate nella celebrazione domenicale o che abbiamo colto leggendo il Vangelo, "trasfigura" a poco a poco il nostro modo di pensare e di agire e rende il nostro volto più luminoso, quasi trasparenza del volto di Gesù.
Quante volte lungo la giornata mi capita di leggere o ascoltare o lasciare risuonare nel mio cuore una parola del Vangelo e di impegnarmi subito a viverla? Perché non comunicare anche con qualcuno della famiglia e con altri ciò che abbiamo potuto capire e vivere?