Omelia (06-08-2006) |
padre Antonio Rungi |
I veri discepoli della Trasfigurazione E' singolare che Gesù, in più di qualche circostanza della sua missione e della sua vita pubblica, coinvolga in prima persona tre dei suoi dodici discepoli che corrispondono a Pietro, Giacomo e Giovanni. E ciò assume un particolare significato proprio nel mistero della Trasfigurazione di Cristo sul Monte Tabor. Un mistero della Luce, che richiama alla luce ed inonda di luce, ma è anche preparazione allo scandalo della Passione e della Croce del Signore. E, data la drammaticità degli eventi che tra qualche giorno si verificheranno, Gesù si premunisce nel preparare i suoi apostoli alla sua Passione e alla sua sofferenza. Il racconto del Vangelo di Marco della Trasfigurazione è molto preciso e incisivo come messaggio e significato da trasmettere: "In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè, che discorrevano con Gesù. Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: "Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!". Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento. Poi si formò una nube che li avvolse nell'ombra e uscì una voce dalla nube: "Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo!". E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti. Ed essi tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti". La Trasfigurazione del Signore è un altro momento della manifestazione della divinità di Cristo, è un'altra teofania. La voce che dalla nube proclama Gesù Figlio di Dio esprime esattamente questo concetto, in un contesto di chiaro riferimento al destino futuro dell'umanità, che è la Patria celeste. La richiesta degli Apostoli di rimanere lì a contemplare il mistero della nuova rivelazione della divinità del Signore esprime tutta la gioia di un'esperienza che li coinvolge. Questo sta a significare che tutti noi cristiani e battezzati siamo chiamati ad essere discepoli della trasfigurazione. In altri termini siamo continuamente chiamati a vivere questo rapporto profondo con Dio, superando le difficoltà, anzi prendendo coscienza ogni giorno delle croci e dei limiti che sono presenti nella vita e nella storia di ognuno e di tutti, avendo chiara la meta finale che è l'eternità, ovvero il santo Paradiso. Il richiamo a questo giudizio di Dio incentrato su Cristo viene anticipato nel testo del libro del profeta Daniele, che ascoltiamo oggi nella solennità della Trasfigurazione del Signore: "Io continuavo a guardare, quand'ecco furono collocati troni e un vegliardo si assise. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana; il suo trono era come vampe di fuoco con le ruote come fuoco ardente. Un fiume di fuoco scendeva dinanzi a lui, mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano. La corte sedette e i libri furono aperti. Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco apparire, sulle nubi del cielo, uno, simile ad un figlio di uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui, che gli diede potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano; il suo potere è un potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto". Il commento più bello e sicuramente più incisivo a tutto ciò che il mistero della Trasfigurazione del Signore comporta per noi cristiani lo troviamo espresso nella seconda Lettera di San Pietro apostolo che ascoltiamo oggi: "Carissimi, non per essere andati dietro a favole artificiosamente inventate vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza. Egli ricevette infatti onore e gloria da Dio Padre quando dalla maestosa gloria gli fu rivolta questa voce: "Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto". Questa voce noi l'abbiamo udita scendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte. E così abbiamo conferma migliore della parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l'attenzione, come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e la stella del mattino si levi nei vostri cuori". La fede in Gesù Cristo Figlio di Dio, Redentore e Salvatore dell'umanità è quella lampada che brilla nei nostri cuori e ci sostiene nel cammino della vita e della speranza cristiana, anche quando tutto sembra oscurarsi. Il cristiano è l'uomo dell'alba, del mattino e non della sera, del buio e delle tenebre. Egli è colui che aspetta sempre il nuovo giorno con la certezza che questo sarà migliore e non peggiore, con la convinzione che l'ultimo giorno della sua vita sarà quello più bello in quanto ci apre per sempre all'eterno, a quella gioia di contemplare Dio per sempre nel Santo Paradiso, di cui i tre apostoli del Tabor hanno avuto modo di assaporarne in anticipo tutta la bellezza e la consistenza. A questa gioia per sempre aspiriamo anche noi, ben sapendo che è richiesto un lavorio continuo e serio per raggiungere la meta della felicità eterna. |