Omelia (20-08-2006) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Pane di vita annichilito e sacrificato Desidererei introdurre la riflessione sulla liturgia di questa Domenica partendo con una nota espressione dell'apostolo Paolo:, "Mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani: ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei, sia Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio"(1 Cor 1,23-24). Prescindendo dai numerosi volumi di esegesi e di ermeneutica che ne offrono l'interpretazione dettagliata e contestuale ai periodi in cui scrive l'apostolo, da essa cogliamo immediatamente un dato di fatto che è valido per tutte le epoche non esclusa la nostra: Dio esiste solo quando noi possiamo averne la prova evidente attraverso procedimenti scientifici e razionali, ovvero se da lui otteniamo miracoli e interventi prodigiosi in grado di sconvolgere le ingiustizie, le cattiverie, le aberrazioni e gli abusi dell'umanità. Solo a queste due condizioni molto spesso ci si disporrebbe ad aver fede in lui e nella sua provvidenza; e tale è anche il contenuto di alcune dottrine e confessioni religiose che ammettono l'esistenza di Dio solo perché consta il Suo intervento miracolistico soluzionatore e non di rado tali pretese si verificano anche in ambito cristiano, specialmente in quella sfera di religiosità caratterizzata dal fenomeno della secolarizzazione e dell'ateismo di massa. Eppure (prosegue San Paolo) il Dio dei cristiani è ben differente da quello che tutti ci si aspetta poiché si mantiene ben lungi dal soddisfare le suddette nostre aspettative di razionalismo e miracolismo: Egli piuttosto si qualifica come il Dio capace di solidarizzare con l'uomo fino a perdersi con lui al punto da consegnarsi al sacrificio della morte cruenta sulla croce dopo aver assunto tutte le debolezze di cui l'umanità è avvezza. Tale concezione di Dio contrasta con quella dei miracolisti e dei razionalisti che serpeggiano nella anche nella nostra società attuale e non coincide con le istintive volontà da parte nostra di miracoli, segni e prodigi altisonanti ma che darà pienezza di realizzazioni a quanti saranno in grado di accettarla attraverso la spontaneità della fede e della sottomissione al Mistero. In Cristo Verbo Incarnato ci si rivela insomma un Dio potente mentre mostra debolezza; vittorioso mentre subisce la sconfitta; padrone e signore mentre viene privato di nulla; fautore della vita mentre viene consegnato alla morte e che salva mentre mostra di essere perduto. In questo suo smarrimento di umiliazioni, molto più che nel compiere miracoli e segni, Dio mostra le fattezze della sua onnipotenza e della sua redenzione per il semplice fatto che mostra di essere AMORE incondizionato ed infinito verso l'umanità. Tutto questo però che parte assume in merito al Vangelo di oggi? Ebbene, nel suo annichilimento in vista della salvezza dell'uomo avviene che Dio, non contento di lasciarsi immolare ed uccidere, si lascia anche MANGIARE dagli uomini, provvedendo che essi mangino la sua carne e bevano il suo sangue per ottenere la vita, e ciò non soltanto nel lontano senso metaforico e spirituale, bensì nella pienezza del termine crudo del "masticare": come si evince infatti dalla lettura attenta dell'originale greco del verso 58 del nostro brano evangelico, Gesù vuole che i suoi discepoli "mangino (mastichino) materialmente la sua carne per avere in sé la vita e dove mai potrebbe verificarsi un simile evento se non attraverso le specie del pane, alimento indispensabile per la vita che accomuna tutti gli uomini? Nell'essere Lui stesso il "pane vivo disceso dal cielo" (Gv 6) Gesù ci invita a nutrirsi di se stesso mentre Egli presenzia sotto le sembianze del pane nell'evento prodigioso della Cena e nell'invito "Fate questo in memoria di me". Nel Sacramento dell'Eucarestia noi abbiamo la possibilità di cibarci concretamente della carne di Cristo, Dio fatto uomo per la salvezza del mondo, poiché riconosciamo la sua presenza effettiva e dirompente delle specie del pane e del vino e l'accostarci al banchetto eucaristico è per noi occasione di gioia e di novità di vita poiché nel tempo stesso realizza la comunione con fra di noi oltre che con Lui. L'Eucaresia domenicale è la gioia dell'incontro con Cristo nell'assunzione del pane di vita e allo stesso tempo l'opportunità di realizzare la comunione fra di noi relazionando fra noi stessi e con tutti gli altri e comunicando scambievolmente il dono della comunione recata dallo stesso Cristo pane eucaristico. Quando si assume l'Eucarestia è Cristo stesso che entra in noi rendendosi parte integrante della nostra vita, sicché il quotidiano assume sempre più consistenza e facilità dell'essere affrontato, essendo Egli stesso ad operare nella grazia in noi. All'insegna del Sacramento del pane di vita, le vicissitudini di ogni giorno saranno ben dominabili e renderanno esperibile nella comunione fra di noi lo stesso amore con cui Cristo ci ha salvati e redenti sulla croce. In tempi recenti Benedetto XVI ha tuttavia invitato tutti a prendere in considerazione che nell'Eucarestia non soltanto Cristo è presente perché noi ci nutriamo di Lui, ma che nel Sacramento dell'altare ci si ripresenta attualmente il sacrificio della croce, compiuto una volta per tutte sulla croce secoli or sono (anamnesi); il che ci permette di considerare che siffatta gioia eucaristica scaturisce dall'amore indescrivibile con cui Cristo ha donato se stesso per noi sulla croce mentre riporre la fiducia in un Dio che si rende cibo ha molto più valore di salvezza rispetto ad un Dio che si presume di poter accettare (se poi lo si accetta davvero) in conseguenza di miracoli e di prove scientifiche. Anche la ricerca di Dio da parte dell'uomo non potrà che essere soddisfatta definitivamnte attraverso questa risposta: Dio si è rivelato in Cristo senza la necessità che noi approdessimo a tentoni a Lui e il suo mostrarsi all'umanità ha avuto dello straordinario e dell'immaginario, inconcepibile e inaudito se considerato sotto le consuetudini umane ma senza dubbio entusiasmante se lo si coglie nella prospettiva della fede, poiché si tratta di un divino che tocca l'umano con procedimenti ben diferenti da quelli della sapienza e della scienza. Certo, che Dio possa dare prova di sé anche attraverso atti straordinari e grandiosi non è lontano dalla nostra fede ed è anche legittimo a credersi giacché attestato dalle Scritture ma la vera meraviglia della nostra fede è un Dio capace di farsi mangiare, morire e risorgere per noi e non vi è altro sensazionalismo in grado di affascinarci se non quello di un Dio uomo crocifisso e pane di vita che vuol essere mangiato in senso materiale. |