Omelia (06-08-2006) |
Comunità Missionaria Villaregia (giovani) |
Figli prediletti "Questi è il figlio mio prediletto; ascoltatelo!", attratti da questa espressione, che il Padre fa scorgare dal suo cuore durante la manifestazione di Gesù sul monte Tabor, vogliamo penetrare il senso della trasfigurazione per noi. Cosa significa fare esperienza di trasfigurazione? Sperimentare la trasfigurazione significa addentrarsi nell'intima relazione che intercorre tra Padre e Figlio, fino a lasciarci ripetere quelle stesse parole: "Tu sei il mio figlio prediletto!". Dinanzi a queste parole la nostra vita si trasforma, perché sentirsi amati, sentirsi oggetto di predilezione per qualcuno, significa credere che la nostra vita vale e se accogliamo l'amore la nostra vita si trasfigura. In fondo la più grande tristezza per l'uomo è non credersi e non sentirsi amato, arrivare a dubitare dell'amore e non poter contare sulla certezza che qualcuno gli voglia bene. Allora possiamo chiederci: "Mi sento amato? da qualcuno? Sono in grado di dare un nome a colui che mi ama? Posso dire: "Questa persona mi vuole bene?". Posso affermarlo senza esitare, perché so che il suo amore ha resistito al mio tradimento e al mio peccato, alla mia infedeltà e alla mia ipocrisia? Sappiamo che molte volte non è facile rispondere affermativamente a queste domande. Ma il Vangelo di oggi ci dice che anche se non potessimo contare su nessuna persona capace di amarci a tutta prova, se nessun amico o amica ci avesse dimostrato di riuscire ad andare oltre la nostra povertà, miseria o bassezza del nostro tradimento, c'è Qualcuno che ci vuole "convincere" quanto al suo amore. Dio, con queste parole oggi ci svela un amore irrevocabile e pronuncia su ciascuno una dichiarazione di paternità incondizionata: "Questi è il mio figlio prediletto!" Nella vita di ognuno di noi c'è o c'è stato un Tabor perché tutti, venendo alla vita, abbiamo ricevuto questa parola di amore irrevocabile. Dio conduce provvidenzialmente la nostra vita per dischiuderci questa rivelazione: siamo il Figlio amato. Egli realizza il suo piano di salvezza portando la creatura a rispondere con lo stesso amore del Figlio. Il Padre mette dentro di noi una potenzialità e una consapevolezza nuova: io posso diventare ogni giorno sempre più Figlio di Dio, rispondendo liberamente alla gratuità dell'amore. Nella misura in cui l'uomo comprende questo dono, passa di Tabor in Tabor, di gloria in gloria, di pienezza in pienezza. Rieccheggiano le parole del prologo di Giovanni: "A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio" (Gv 1,12); "Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia" (Gv 1,16). Noi tutti, dice S. Giovanni, quindi anch'io, anche tu, tutti gli uomini, ogni uomo... e a ciascuno di Dio Padre ripete: "Tu sei mio Figlio prediletto!". Milton è un vivace bambino di 5 anni, ultimo di sei fratelli. Abita in una favela di Belo Horizonte Brasile). Ha perduto il papà, morto in un grave incidente sul lavoro. La madre, che deve mantenere una famiglia numerosa, lavora tutto il giorno e si trova costretta a lasciare i bambini da soli. Milton è piccolo, ma la durezza della vita lo ha fatto maturare prcocemente e talvolta le sue intuizioni innocenti hanno il potere di sconvolgermi. Qualche tempo fa, questa "scheggia di uomo", come mi piace chiamarlo affettuosamente, mi si è avvicinato al termine della celebrazione e con fare furbetto mi ha tirato una gamba dei pantaloni, dicendomi tutto d'un fiato: "Padre, tu sei mio papà". Ho poggiato una mano sulla sua testolina arriffata e mi sono premurato di precisare che io non potevo essere suo padre, perché sono un sacerdote. Gli ho ricordato che suo papà si chiamo Joao e che ora vive in cielo, vicino a Gesù. Mi ha scoltato puntandomi addosso i suoi occhioni neri e penetranti ed è andato via in silenzio. Ma di lì a pocom, rieccolo! Con la stessa tattica, mi rivolge le stesse parole: "Padre, tu sei mio papà." Ho cominciato a preoccuparmi che qualcuno dei presenti lo prendesse sul serio e seccamente l'ho rimandato indietro, dicendogli di non dire più sciocchezze. Si è ritirato, ma la tregua è durata solo pochi minuti. Con maggiore determinazione delle due volte precedenti, Milton mi ha afettato per una camba e, quasi facendomi perdere l'equilibrio, mi ha costretto ad abbassarmi fino alla sua altezza per sussurrarmi in un orecchio: "Padre, volevo dirti che tu sei mio papà da parte di Dio". Non ho potuto trattenere le lacrime e mi sono vergognato della mia logica troppo umana. Questo piccolo ha capito da solo, con quella intuizione che proviene dallo Spirito, che il missionario dona la vita soltanto perché altri uomini possano scoprire il vero nome di Dio: Abbà, Padre! (P. Roberto F.) Se dinanzi alla sovrabbondanza dell'amore del Padre ci apriamo con fiducia e se trovianmo la forza di accogliere il suo amore sconvolgente... allora, la nostra vita sarà trasfigurata! |