Omelia (13-08-2006)
Omelie.org - autori vari
Commento a Gv 6,41-51

«Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo»

* Il Vangelo proclamato oggi è tratto dal capitolo 6 del Vangelo di Giovanni.
Il capitolo si compone di due parti: dal versetto 22 al 66 Gesù parla con la folla nella sinagoga di Cafarnao e si propone come Figlio di Dio, pane di vita, redentore dell'umanità; nei versetti seguenti dal 67al 70 troviamo il dialogo con i discepoli e la professione di fede di Pietro (" Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna, noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio.")

* Il brano che la liturgia ci propone è di dieci righe, di cui ne proponiamo una lettura "trasversale" per poi giungere ad una conclusione complessiva.


Il Pane disceso dal cielo

* Relativamente all'Eucarestia ed al mistero del Pane disceso dal cielo ognuno di noi ha, senz'altro, riflettuto individualmente e con altri (magari mediante il catechismo o il confronto con altre persone sulla fede...): chi crede nel pane eucaristico riconosce la presenza del Suo Signore nell'Ostia Consacrata.
L'Eucarestia per noi non è un simbolo ma presenza reale di Gesù.
Vorrei condividere con voi alcune riflessioni di carattere personale su questo tema.
Due sono recenti e sono legati alla "Festa del Corpo e del Sangue di Cristo" di quest'anno.
Da qualche tempo mi sono iscritta al servizio settimanale di Zenit, l'agenzia di stampa cattolica sul web. Fra le proposte di qualche settimana fa mi ha colpito l'omelia di Papa Benedetto XVI per il "Corpus Domini" ed in particolare queste parole:
"(....) noi guardiamo l'Ostia consacrata, il tipo più semplice di pane e di nutrimento, fatto soltanto di un po' di farina e acqua. Così esso appare come il cibo dei poveri, ai quali in primo luogo il Signore ha destinato la sua vicinanza. La preghiera con la quale la Chiesa durante la liturgia della Messa consegna questo pane al Signore, lo qualifica come frutto della terra e del lavoro dell'uomo. In esso è racchiusa la fatica umana, il lavoro quotidiano di chi coltiva la terra, semina e raccoglie e finalmente prepara il pane. Tuttavia il pane non è semplicemente e soltanto il prodotto nostro, una cosa fatta da noi; è frutto della terra e quindi anche dono. Perché il fatto che la terra porti frutto, non è un merito nostro; solo il Creatore poteva conferirle la fertilità.
E ora possiamo anche allargare ancora un po' questa preghiera della Chiesa, dicendo: il pane è frutto della terra e insieme del cielo. Presuppone la sinergia delle forze della terra e dei doni dall'alto, cioè del sole e della pioggia. E anche l'acqua, di cui abbiamo bisogno per preparare il pane, non possiamo produrla da noi. In un periodo, in cui si parla della desertificazione e sentiamo sempre di nuovo denunciare il pericolo che uomini e bestie muoiano di sete in queste regioni senz'acqua - in un tale periodo ci rendiamo nuovamente conto della grandezza del dono anche dell'acqua e quanto siamo incapaci di procurarcelo da soli.
Allora, guardando più da vicino, questo piccolo pezzo di Ostia bianca, questo pane dei poveri, ci appare come una sintesi della creazione. Cielo e terra come anche attività e spirito dell'uomo concorrono. La sinergia delle forze che rende possibile sul nostro povero pianeta il mistero della vita e l'esistenza dell'uomo, ci viene incontro in tutta la sua meravigliosa grandezza. Così cominciamo a capire perché il Signore sceglie questo pezzo di pane come suo segno. La creazione con tutti i suoi doni aspira al di là di se stessa ad un qualcosa di ancora più grande. Al di là della sintesi delle proprie forze, al di là della sintesi anche di natura e di spirito che in qualche modo avvertiamo nel pezzo di pane, la creazione è protesa verso la divinizzazione, verso le sante nozze, verso l'unificazione con il Creatore stesso".

* Ecco, io ad alcuni di questi aspetti non avevo mai pensato.
In particolare mi colpiscono in queste parole due connotazioni, il discorso del pane, nutrimento di tutti, sopratutto dei poveri (ma quanti di noi se ne ricordano?) ed il discorso dell'Ostia, che è anche sintesi della creazione.
Il pane, il più semplice dei cibi, e sintesi perfetta, dato a tutti come nutrimento materiale ed in Cristo, corpo dato per tutti per il nutrimento spirituale (con il vino, sangue prezioso effuso per l'umanità....)
E l'aspetto delle creazione secondo le parole del Santo Padre "protesa verso la divinizzazione". Come non ripensare alle parole di San Paolo: "(Cristo) è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili; (...) tutte le cose sono state create per mezzo di lui ed in vista di lui, egli è primo di tutte le cose e tutte sussistono il lui (...). Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli." (Colossesi 1, 15-20)

* L'altro spunto di riflessione, sempre la stessa domenica, ha avuto origine dall'omelia che ho ascoltato a messa.
Il celebrante, che è un giovane missionario ordinato prete da pochi mesi, raccontava che un ateo, dialogando con lui, aveva osservato: se credete davvero che il Gesù è lì, presente nell'Ostia consacrata, dovreste essere costantemente stupiti e grati.
La parte dell'omelia che mi ha colpito è stato quando il prete ha sviluppato la riflessione relativa al mistero che abbiamo davanti ogni volta che partecipiamo ad una messa e al fatto che, a volte, siamo talmente «abituati» da non meravigliarci più che Dio sia presente per noi e fra noi. Invece dovremmo sorprenderci in continuazione del dono che ci viene fatto e non darlo in qualche modo "per scontato"; avere la capacità di ri-capirne ogni volta il significato.
Sviluppando il pensiero che la presenza del Signore è un dono e la fede una grazia, allora non ha senso un cattolicesimo che è solo rituale sociale, o una fede tiepida, abitudinaria, o un cattolicesimo che è di quelli che "io credo ma non pratico, io credo a modo mio..." in modo individuale, magari non partecipando neanche alla messa con regolarità....
Dice San Paolo nella Prima lettera ai Corinzi "Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga" (1 Corinzi 11, 26)
Ogni volta che mangiamo questo cibo annunciamo il Regno; non si tratta quindi di un gesto intimistico ma di comunione col nostro Dio e con la sua Chiesa.
Non è un gesto passivo ma un gesto dinamico, di trasformazione, di evoluzione (finché egli venga...) di conversione nostra, della chiesa, dell'umanità.


Il pane del cammino ed il pane condiviso
«Venne di nuovo l'angelo del Signore, lo toccò e gli disse: "Su mangia, perché è troppo lungo per te il cammino»

* Il Signore ci offre un pane che ci accompagna nel nostro cammino individuale, che ci aiuta a superare la difficoltà perché è comunione con Lui .
Avete mai pensato che Cristo non solo si incarna ma si fa pane per ognuno di noi? E si fa pane in ogni luogo, sugli altari di tutto il mondo, ovunque ci sono alcuni che credono in Lui, Cristo è presente. Non solo è presente nella storia umana in ogni tempo e per l'eternità "Io sono l'Alfa e l'Omega, dice il Signore Dio, colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente! "(Ap 1, 6).
Dio è presente nella nostra storia per sempre.

* Ognuno di noi è unico, irripetibile, con una individualità e delle caratteristiche precise, ognuno di noi vive la sua vita in un dato momento storico, in un dato contesto sociale e culturale che non abbiamo scelto, ma in cui ci troviamo immersi.
Dio ha un rapporto individuale con ognuno di noi, se noi scegliamo e vogliamo averlo con Lui: questo pane dice il Signore è tale che "chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete" (Giovanni 6, 35).
Nel rispetto della nostra libertà il Signore ci dona se stesso...addirittura siamo noi che possiamo scegliere come e quando entrare in comunione con lui!
Ma il Signore ci ha dato anche il comando dell'amore reciproco, ci ha costituito chiesa, comunità, consanguinei nel suo nome.
E come dice San Paolo nella seconda lettura, il Pane in mezzo a noi ci dovrebbe portare a che le comunità siano tali che "scompaia (da voi) ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo. Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio"
Molte volte le nostre realtà comunitarie non riescono a rispecchiare questo; a volte perdiamo di vista lo scopo per cui stiamo ed operiamo insieme: si creano delle gelosie, delle rivalità o delle stupide incomprensioni, perché nel nostro essere umani siamo tutti terribilmente deboli e dobbiamo combattere con tutti i nostri limiti... In qualche modo rendiamo tutto complicato e non viviamo fraternamente.
Ricordate la descrizione delle prime comunità negli Atti 2, 42-48?
Le comunità cristiane si distinguevano in quanto erano assidue nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli, nella unione fraterna, nella frazione del pane e nella preghiera. Il tutto veniva vissuto "con letizia, semplicità di cuore, lodando Dio".
Forse da questo dovremo ripartire, noi pure siamo comunità cristiana, noi pure spezziamo il pane...
Questo pane spezzato per noi è pane del cammino e pane della condivisione.
Di più, Gesù ci ha lasciato per nutrimento il pane Eucaristico ma anche il pane della Parola che è nutrimento per il nostro cuore e la nostra mente.
Parola che possiamo leggere e meditare da soli o condividere con altri....
Questo pane ci nutre e nutre le nostre comunità e la nostra chiesa, quindi "non mormoriamo" come gli increduli del brano del Vangelo di oggi, ma troviamo in esso il coraggio dell'amore, la forza della carità, il cuore e la voce per lodare Dio, l'impegno della testimonianza.


Il pane della vita
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo".

* Il pane della vita è strettamente un concetto legato al pane del cammino di cui abbiamo appena detto.
La vita è un mistero ed anche se siamo ormai capaci di capirne i meccanismi da un punto di vita scientifico, alcune grandi domande ad un livello puramente razionale rimangono irrisolte: perché nasciamo? Che significato ha la nostra vita? Che sensazione si ha morendo? La filosofia, le religioni, gli scienziati, hanno dato molteplici risposte a queste domande che ognuno in maniera, più o meno consapevole, porta dentro di sé.
"In verità, in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita.
I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo".

* Raccontava un mio amico prete che sia quando celebra i funerali, sia quando parla coi parenti del defunto, ha spesso la sensazione che questo della resurrezione sia anche per molti cattolici "uno scoglio", qualche cosa che si proclama ma che a livelli profondi non è vissuta come reale... La morte non solo sgomenta per il distacco dalla persona amata, ma sembra rendere tutto inutile, da la misura della nostra fragilità, della nostra "pochezza".
Con la morte è facile pensare che finisca tutto.
Gesù ci da un pane speciale: un pane che dona la vita eterna, per chi sa accostarsi a lui.
Una prima caratteristica: il "pane della vita" non perisce (Tutto passa, Cristo no, rimane nella storia umana).
Un'altra caratteristica è che questo pane non fa perire; Israele ha avuto da Dio il dono della manna nel deserto. Hanno mangiato ma sono morti ugualmente. Il pane vivo dona la vita eterna.
La vita eterna appartiene a coloro che credono, a coloro che si nutrono del pane della vita.
A coloro che di esso si nutrono vivendo in Cristo.
Della vita eterna in questo momento non possiamo avere la controprova non essendo ancora morti ma se abbiamo la fede già camminiamo verso il Regno. (Avete notato il verbo all'inizio del versetto citato "chi crede ha - non avrà - la vita eterna" è qualche cosa in divenire, che già ad iniziato a compiersi dentro di noi...).
E' esperienza concreta, continua, di comunione profonda, promessa di un futuro, esperienza viva nel presente:
"Chi mangia il mio pane e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui." (Giovanni 6, 54-56)
Io credo che quest'esperienza del rimanere in Dio non ci sia estranea, è ciò che ci spinge a ripresentarci, nonostante le nostre manchevolezze e le nostre debolezze, con la nostra individualità, il nostro corpo, la nostra anima, il nostro cuore, davanti al pane della vita per nutrirci di Lui.


Gesù pane disceso dal cielo, pane della vita, pane del cammino, pane della condivisione

* Tanto ci sarebbe da dire ancora, ma rimandiamo alla riflessione personale i vari spunti accennati e i tanti che si possono trovare nel brano del Vangelo considerato.
Ora possiamo riunire i diversi aspetti.
Vorrei partire non dal Signore, ma da noi.
Ognuno di noi nasce, cresce, vive, muore.
Ha un rapporto con se stesso, con gli altri, con Dio (se lo vuole avere, se è credente).
Ha una sua individualità, i suoi pensieri, il suo cuore, i suoi sentimenti, la sua esistenza, una sua storia personale.
E in fondo che ci dice il Vangelo di oggi?
Che Gesù, nel pane (corpo spezzato per noi) e anche nel vino (sangue effuso per noi) è presente nella nostra esistenza.
Sempre, nell'attimo presente e per l'eternità.
Che Cristo è veramente, per chi crede, pane disceso dal cielo, pane della vita, pane del cammino, pane della condivisione.

A Gesù Cristo, pane del cielo, ogni onore e gloria nei secoli dei secoli.