Omelia (27-08-2006) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Il coraggio della scelta e della verità E adesso tocca a noi. Durante le Domeniche precedenti siamo stati infatti educati alla comprensione di Gesù quale Egli è veramente: il Figlio di Dio fatto uomo che ha manifestato se stesso in pienezza nell'evento glorioso della Trasfigurazione e per ciò stesso anche il pane di vita disceso dal cielo per tutti gli uomini. Oltre che nell'episodio sopra menzionato, Gesù ci ha parlato molte volte di sè, qualificandosi a noi come Dio fatto uomo per redimerci e salvarci; ha mostrato la consistenza dell'amore del Padre nei nostri riguardi per mezzo di insegnamenti e soprattutto di opere e prodigi esaltanti quali le guarigioni, gli esorcismi, la resurrezione dei morti; ha reso inequivocabile la benevolenza dello stesso Dio Padre nell'autoconsegnarsi al patibolo e nell'affrontare la morte di croce, e soprattutto ha mostrato in via definitiva di essere vita eterna e garanzia di immortalità risuscitando da morte. Finalmente, nei suoi insegnamenti e nei moniti, ci si è mostrato il pane vivo, nutrimento di salvezza da assumersi in ogni tempo, mostrando anche luoghi e circostanze in cui possiamo mangiare di Lui. Adesso spetta a noi accettarlo così come egli è senza riserve e tentennamenti di sorta. Non basta che Egli sia il Verbo di Dio pane di vita, se noi non lo accogliamo come tale e rifiutiamo che in questo Egli possa anche chiederci di abbandonare le nostre meschine convinzioni e i razionalismi esasperati che distolgono lo sguardo dalla fede e nessun libro di teologia o argomentazione teologica su Gesù sarà mai in grado di cambiare la nostra concezione su di lui e di ottenerci la salvezza se da parte nostra non si accetterà quanto lui propone di se stesso. In altre parole, a quanto lui ci dice di sé noi dobbiamo aderire con le grandi risorse della fede, che vuol dire accettazione del Mistero, apertura del cuore e prevalenza di questa sulla ragione, abbandono fiducioso alla Parola che ci viene comunicata. Aver fede vuol dire credere e aver fiducia. O meglio: credere e accettare con fiducia. Ma finché ci si ostinerà a persistere nelle nostra abituali convinzioni e nel voler attribuire a Cristo delle prerogative che appartengono alle nostre presunte concezioni si perderà l'opportunità del dono di Dio in Cristo e non potremmo mai cambiare la nostra vita in meglio e neppure lo stesso Cristo avrà avuto spazio in noi. Non perché non ha voluto egli occupare il dovuto spazio, ma perché noi non glielo avremo concesso. Di fronte al Mistero di Dio in Cristo bisogna strabiliare e gioire e disporsi all'accoglienza di qualcosa che ci viene dato come dono, senza avere delle pretese nei suoi confronti e invece molte volte capita che noi pretendiamo un Cristo sottomesso ai nostri gusti e alle nostre esigenze anche individuali e passeggere, che possiamo accettare o rifiutare a singhiozzo a seconda se Lui ci offre delle garanzie o dei sacrifici; non di rado rifiutiamo quanto di impegnativo e di sacrificato comporta la nostra fede accogliendo solo quello che di essa ci fa' comodo o ci risulta conveniente. E anche noi pastori –diciamolo con franchezza- molte volte ci preoccupiamo di riempire le chiese a tutti i costi mostrando abilità di attrazione in modo tale che la gente stia sempre e comunque attorno a noi; non di rado succede che siamo disposti ad assecondare sempre e in ogni caso le abitudini del popolo per paura che questi possa abbandonare la parrocchia; non è raro che per avere sempre più persone nelle nostre chiese ci atteniamo a quanto la gente desidera a volte trascurando pure i programmi formativi di evangelizzazione, con la disastrosa conseguenza che l'obiettivo primario della nostra missione, Gesù Cristo, venga di fatto trascurato o anteposto ad altre cose in fondo futili e marginali. In molti saloni parrocchiali –incredibile ma vero!- si ha perfino paura di prendere l'argomento Gesù Cristo e di proporre le catechesi nel timore che i giovani possano abbandonarci ed è disdicevole considerare che vi sono addirittura dei parroci che amministrano i sacramenti ciascuno secondo i suoi criteri e in relazione ai soli desideri della gente!! Molte volte ci manca insomma la "parresia", ossia la franchezza coraggiosa degli apostoli per la quale Cristo merita la priorità assoluta e va annunciato quale egli è con fermezza a convinzione e non va mai omesso il coraggio della verità, anche a costo di essere derisi e perseguitati e d'altra parte Cristo va accolto in quanto Cristo e non già in base a quello che noi preferiamo di lui. Altrimenti, è molto meglio non aderirvi. Certo, aderire a Cristo e seguirlo in tutti i suoi aspetti radicandolo nella nostra vita, non è cosa facile poiché si è chiamati a realizzare in effetti un programma di vita che comporta impegni e rinunce, come pure una certa differenza del nostro essere da quello degli altri e un insieme di atteggiamenti da adottare con radicalità, tuttavia la fede in Lui merita anche ricompense e gratificazioni finali proporzionate ai sacrifici, e ad ogni modo non si può pretendere che la vita evangelica possa essere adottata saltuariamente o in modo frammentario: è una scelta che impone il radicale cambiamento della persona, che va adottata con ratta cognizione di causa. Forse quei discepoli di cui parla in brano di oggi, che ad un certo punto abbandonarono Gesù per la durezza del suo insegnamento, non sono affatto da condannare: nel loro atteggiamento hanno mostrato infatti coerenza con le loro stesse convinzioni, poiché si sono tirati indietro una volta vista l'incompatibilità fra le loro convinzioni personali e quanto veniva loro proposto nelle parole di Gesù, sicché vedendosi spiazzati e messi in difficoltà nell'accettare il Signore pane di vita, ad un certo punto risolvono che è meglio "non mettercisi" e andarsene. Gesù si mostra ben lungi dal tentare di recuperarli anzi si mostra pronto anche di fronte alla possibilità di essere abbandonato perfino dagli apostoli, i discepoli più stretti: "Allora ragazzi, quelli se ne sono andati perché non accettavano Gesù Cristo pane di vita, insomma perché non avevano fede; voi che cosa volete fare? Andarvene o restare? Se volete andarvene fate pure; se volete restare sappiate che io non mi smentisco e ribadisco quanto di me ho detto". Fortunatamente le reazioni di Pietro sono simili a quelle che si leggono nella Prima Lettura in cui si evince la disponibilità a seguire il Dio che ha liberato il popolo dalla schiavitù dell'Egitto: non si può abbandonare il Cristo Figlio di Dio che ci ha salvati, redenti, e si è mostrato a noi quale via, verità e vita... Dove mai possiamo trovare altre fonti di salvezza se non nel Dio che si è fatto uomo per noi? Fuori da lui si brancola nel buio nel marasma delle illusioni e delle felicità passeggere. Risponde cioè con un atto di fede radicata, convinta e libera da compromessi, quale tutti quanti dovremmo mostrare nei confronti di Gesù. |