Omelia (13-08-2006)
Paolo Curtaz
Pane che sazia

La parentesi (bella) sulla bellezza di Dio ha interrotto la lettura del sesto capitolo in Giovanni. Gesù, dopo avere moltiplicato il pane, resta turbato dalla reazione della folla che lo vuole fare re. Col suo gesto egli voleva invitare i discepoli a mettersi in gioco, a dare del proprio di fronte ai problemi; la gente ha capito, al contrario, che Dio avrebbe definitivamente risolto le loro difficoltà. La folla, e questo ci siamo persi domenica scorsa, rincorre Gesù e lo raggiunge. Il Maestro inizia un discorso amaro e crudo in cui accusa la gente di cercarlo perché sazi, non perché affamati di verità...

Incomprensioni
Gesù pretende di essere l'unico in grado di saziare la nostra fame del cuore, fame che non può essere saziata dal fare ma dal credere che Gesù è l'inviato dal Padre. Discorso sempre più impegnativo, quello che si svolge tra la folla sfamata ed ex-entusiasta del Rabbì di Nazareth; discorso che però può mettere in discussione il nostro credere e permetterci di dedicare qualche tempo della nostra vacanza al "dentro".
La gente è perplessa: va bene un Maestro che fugge la notorietà, che è scocciato perché la folla non ha capito il miracolo ma vuole solo avere la pancia piena (come biasimarli?), va bene una ricerca di un'altra sazietà non basata sul fare ma sul credere, va bene non chiedere segni, ma questo chi si crede di essere?
Lui capace di riempire i nostri cuori? Il falegname di Nazareth? Il figlio del bravo Giuseppe? Questo è davvero eccessivo!
Fa amaramente sorridere, ma Gesù viene accusato di essere poco "religioso", poco carismatico, poco messianico. Tutti abbiamo un'idea di Dio: un Dio potente, glorioso, muscoloso, interventista. Gesù il Nazareno, invece, sconcerta per la sua normalità, è banale nel suo apparire.
Così è Dio, sempre diverso da come ce lo aspetteremmo.
Vogliamo i miracoli, ed egli si nasconde nella quotidianità, chiediamo di non soffrire, ed egli soffre con noi, lo accusiamo del dolore dell'innocente, ed egli ci chiede di sollevarlo, quel dolore.

Chiamati dal Padre
La gente mormora, pone obiezioni, resta interdetta.
Gesù chiede di non mormorare ma di mettersi in discussione.
Succede anche a me: tutte le volte che capita qualcosa che rischia di mettermi in discussione, cerco qualcuno che mi dia ragione, mormoro per confermare le mie obiezioni, esco rafforzato nella mia convinzione. Anche nella fede accade: rischio di interpretare Dio, di mettere in dubbio l'esperienza di comunità; visto che Dio mi tratta da adulto e mi spinge a conversione, che mi permetta almeno di scegliere da dove iniziare!
Gesù ha ragione: evitiamo la mormorazione, fidiamoci una volta tanto, smettiamola di comportarci come bambini obiettando a Dio che ciò che chiede è difficile, rischioso eccetera.
Se Gesù ha ragione – questo è il problema – allora davvero devo arrendermi all'evidenza: solo lui può colmare il mio cuore, solo lui e null'altro, quindi è meglio che mi svegli e la smetta di mettere acqua in cisterne screpolate...
Gesù dice che possiamo andare a lui solo s attirati dal Padre. È un'esperienza comune a molti: quando sentiamo dentro il desiderio di Assoluto e, dopo avere cercato, ci apriamo alla meraviglia di Dio, ci rendiamo conto che è proprio lui, Dio ad avere sedotto il nostro cuore, ad avere suscitato il desiderio di cercarlo.

Quale Dio?
Gesù è tranciante: nessuno ha visto Dio, solo lui.
Il Dio in cui credo, che Dio è? Il Dio di Gesù o un Dio che più o meno mi hanno insegnato e che non ho mai preso la briga di verificare per pigrizia? Dopo duemila anni, francamente, sono più le persone che incontro e che hanno una idea approssimativa di Dio che gente che davvero ha conosciuto il Dio di Gesù. Gesù parla di Dio con verità perché lui è la presenza stessa di Dio, perché lui e il Padre sono una cosa sola, fidiamcoi, allora, bazzichiamo – finalmente! – il Vangelo per conoscere il Dio del Signore e Maestro Gesù.

Vita
Gesù ci dice che chi crede ha la vita eterna.
Ha la vita eterna, non "avrà". La vita eterna, cioè, non è una specie di liquidazione che accumulo con i miei meriti e di cui potrò godere alla fine della mia vita. La vita eterna è già cominciata, credere significa acquisire uno sguardo nuovo su me, sulle cose, sugli altri, sulla storia.
Vero, amici, verissimo, per me avere abbracciato il Vangelo, essermi arreso a Dio, ha coinciso con una vita nuova che continua, con una vita che – pur restando legata ai limiti dell'essere – ha sfumature di eternità, ha visioni di profondità e di amore impensabili.
Gesù non vuole la nostra frustrazione, né ci impone una religiosità ombrosa o reazionaria. Gesù offre una vita diversa, vera, giusta, piena di bagliori di luce, solo bisogna fidarsi, far tacere le ultime mormorazioni e obiezioni e arrendersi.

Diventare persone nuove, come dice Paolo nella seconda lettura, persone che imitano Gesù, che scelgono radicalmente il dono di sé nell'equilibrio e nella gioia. In questo percorso da luce a luce Dio ci dona un cibo per sostenerci, un pane del cammino simile a quello di Elia, travolto dalla violenza nei suoi confronti, dalla rabbia della regina Gezabele, dalle sue scelte che ora sente sbagliate. Vuole morire, Elia, e Dio lo incoraggia e lo nutre: con quel pane attraverserà il deserto della vita per arrivare al monte di Dio, l'Oreb. L'eucarestia che celebriamo ogni domenica è questo pane del cammino che ci aiuta ad attraversare il deserto, che ci aiuta a superare lo scoraggiamento, che ci sazia il cuore. Anche qui, però, occorre conversione, fidarsi, crederci, celebrare.
Diventino incontro le nostre messe, diventino gioia e preghiera, diventino stazioni di servizio sulla strada verso il regno, diventino – infine! – veri momenti di incontro tra eternità, cioè pienezza, e il nostro cammino di vita...