Omelia (20-08-2006) |
Suor Giuseppina Pisano o.p. |
Anche per questa domenica, la liturgia eucaristica propone un passo del lungo discorso di Gesù sul pane di vita, del quale, quei cinque, moltiplicati quasi all'infinito, erano stati segno. Ora il discorso, si fa difficile, perché il pane si identifica con la persona stessa di Gesù: "Io sono il pane vivo...", per cui, nutrirsi di esso, mangiarne, significa mangiare la carne stessa del Cristo: "se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita..", sono le parole sconcertanti del Maestro; parole di verità, che suonano come provocazione e sfida; ma sono, soprattutto, parole volte a far maturare la fede, di quanti lo seguivano e ascoltavano, ma, non riuscivano ad andare oltre il dato immediato dei prodigi, che accadevano sotto i loro occhi. Il Maestro aveva moltiplicato pani e pesci, e la loro fame era stata sazia, il Maestro guariva storpi e ciechi, e la salute era recuperata; tutto bene, ma l'orizzonte salvifico, la conoscenza e la comunione con Dio, restavano lontani, non era la preoccupazione primaria, per quella folla. "In verità, aveva detto loro Gesù, mi cercate, non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato pani a sazietà." La fame che interessa il Figlio di Dio, quella per la quale ha preso la nostra stessa carne e si è speso fino alla morte, è altro; Egli si preoccupa della necessità che l'uomo ha di Dio, che è Padre, una fame che non sempre raggiunge la consapevolezza, e non sempre si fa desiderio vitale di Lui. Così, il discorso sul pane vivo disceso dal cielo, nutrimento indispensabile per la vita eterna, ha lo scopo di aprire gli occhi e il cuore degli uomini, su questo bisogno inderogabile, di entrare in comunicazione e comunione con Dio, mediante il Figlio suo Gesù Cristo, Parola di vita, Parola che salva, nutrimento che trasforma la fragilità e precarietà umana, in stabile rapporto col Padre, un rapporto filiale. È normale che gli uomini, siano presi, e, spesso, soffocati dai problemi, dai bisogni più urgenti e immediati della vita, tanto che, una volta risolti questi, il resto conta poco, e non ci si preoccupa di andare a fondo sulle ragioni vere dell'esistenza, e spingersi oltre il breve, limitato orizzonte temporale. Col suo discorso, un discorso "duro" diranno, poi, gli stessi discepoli, Gesù vuole mettere i suoi ascoltatori di fronte ad una scelta di fede radicale: la scelta di Dio e della salvezza che viene da Lui, salvezza per la quale è indispensabile entrare in comunione col Figlio Redentore mangiando quel pane che è la sua stessa carne. Sappiamo che, un linguaggio come quello usato da Gesù, in quel particolare contesto, non poteva che esser sconvolgente, masticare, anzi prendere a morsi, questa l'esatta traduzione, la carne e il sangue di una persona viva, sconfina in qualcosa di truculento, e, gli interlocutori, di fatto reagirono: "Come può costui darci la sua carne da mangiare? " La provocazione era veramente forte, eppure la parola del Signore non lascia spazio, se anche ai suoi più fedeli discepoli ebbe a dire: "Volete andarvene anche voi? " All'inizio della sua missione, il Figlio di Dio, solo nel deserto, in digiuno e preghiera, sperimentò realmente la fame, ed essa fu l'occasione a Satana, per tentarlo:" Se sei il Figlio di Dio, dì che queste pietre diventino pane", alla richiesta di un miracolo, Gesù risponde: "Non di solo pane, vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio; così è scritto." ( Mt. 4,4) La Parola di Dio è, dunque, il nutrimento fondamentale per la vita dell'uomo, ogni parola che esce dalla bocca di Dio, e, a maggior ragione, la Parola che è Cristo, il Verbo fatto carne, che ora si annuncia come pane vivo per l'umanità intera, unico pane disceso dal cielo che guida alla salvezza, "caparra dei beni eterni " dice Tommaso, e fonte di ogni sapienza. È nella comunione col Cristo, comunione che si realizza, mediante il Sacramento, istituito nella cena pasquale, che si assapora la vita stessa di Dio, rivelata pienamente nel Figlio Gesù. Anche l'antica sapienza d'Israele, aveva preannunciato le parole del Figlio di Dio, come ci ricorda un passo della prima lettura di questa domenica, tratto dal Libro dei Proverbi: "La Sapienza si è costruita la casa, ha ucciso gli animali, ha preparato il vino e ha imbandito la tavola. Ha mandato le sue ancelle a proclamare sui punti più alti della città: .... «Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato... e vivrete, andate diritti per la via dell'intelligenza».( Pro. 9,) Mangiare e bere il pane e il vino che la Sapienza eterna, da sempre, ha preparato per l'uomo, pane e il vino che sono carne e sangue di Cristo, non è un assurdo, ma è il mezzo offerto a tutti, in ogni tempo, per conoscere con intelligenza e fede, la vita stessa di Dio, e realizzare in tal modo la comunione con Lui, Padre, Figlio e Spirito d'Amore. Cristo Gesù, nel suo discorso, usa, dunque, le stesse immagini conviviali che dovevano esser familiari ai suoi ascoltatori, immagini, frequenti nella Scrittura Sacra, per descrivere il legame d'amore tra Dio e il suo popolo, tra Dio e la sua creatura più bella; ora di questa stessa immagine, il Maestro dà una lettura nuova, più profonda e vera, una lettura che esige e promuove una fede rinnovata nel Figlio di Dio redentore. La missione di Gesù di Nazareth, la sua predicazione e tutto il suo operare, a beneficio le moltitudini, non poteva risolversi su un piano esclusivamente temporale; l'orizzonte che il Maestro apre, è infinitamente più vasto e alto, come sconfinata e altissima è la comunione d'amore tra Dio e l'uomo e viceversa. Si, le parole di Gesù sono una sferzata enorme per la mentalità dei suoi ascoltatori, e ancora per noi oggi, ma sono una scossa salutare, che apre le menti all'ascolto e all'accoglienza seria del donarsi di Dio in Cristo, incarnato, morto e risorto, perché ogni uomo raggiunga la salvezza, dimorando definitivamente in Lui. E' questa realtà sublime e pacificante, che opera il mangiare e bere la carne e il sangue di Cristo, nel quale ogni nostra fragilità e limitatezza si risolve, perché, in Lui risorto, tutto è trasfigurato e fatto nuovo. Sr M. Giuseppina Pisano o.p. Monastero SS.mo Rosario mrita.pisano@virgilio.it |