Omelia (27-08-2006) |
Suor Giuseppina Pisano o.p. |
Il lungo discorso di Gesù sul pane di vita è concluso; ora, il racconto di Giovanni, riferisce la reazione degli ascoltatori, tra i quali c'erano molti discepoli, che avevano visto i 'segni ' che il Maestro operava, e avevano, a lungo e ripetutamente, ascoltato le parole di lui, che parlava in maniera autorevole, e non come gli altri, i cui discorsi erano, forse, scontati. Nel passo, letto la scorsa domenica, abbiamo preso atto dello sconcerto, provocato dall'invito di Gesù a mangiare la sua carne e bere il suo sangue, "Come può costui darci la sua carne da mangiare?" è questo l'interrogativo di quanti, non comprendevano, che le parole del Maestro erano la spiegazione del segno prodigioso dei pani; tra costoro, anche molti discepoli erano perplessi, quelle parole che parlavano della necessità di mangiare la carne del Figlio dell'uomo, erano come pietre, incomprensibili e dure: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?». La fede, non segue gli schemi logico-matematici della ragione, essa conosce le ragioni del cuore, e ve ben oltre il dato razionale, pur non contraddicendolo; le ragioni della fede hanno la loro sorgente nell'amore, che si fida e si affida, che accoglie il dono e lo ricambia. Il discorso di Gesù sul pane di vita, è ancora una volta un discorso d'amore, che si serve dei simboli più immediati e vicini all' esigenza primaria dell'uomo che, ogni giorno, per la sua sopravivenza ha bisogno di alimentarsi, di mangiare, e cosa c'è di più comune del pane? Il pane va bene per la fame dei ricchi e per la fame dei poveri, per la fame dei dotti e dei potenti, e per la fame della povera gente, che conta poco e che ha ancor meno di poco. Alla fame radicale di tutti gli uomini, chiamati a godere della comunione con Dio, il Figlio dell'uomo, Gesù di Nazareth, si offre come Pane vivo, pane di vita eterna, sacramento di salvezza, che ristora e dà pace. Sono parole dure, o, almeno, tali suonano alla mente di alcuni discepoli; il Maestro, tuttavia, resta fermo nella verità annunciata e proposta; lui sta, in attesa che i suoi lo condividano e accolgano con fede le sue parole, il suo invito a "mangiare ". " Questo vi scandalizza?", dice a quanti sono ancora perplessi, bene, possono pure andarsene, "anche voi volete andarvene?", sono le parole che egli rivolge a quanti, pur seguendolo, non ne condividono l'insegnamento. Il Maestro, non modifica affatto, le sue parole sul convitto eucaristico, resta, davanti ai suoi uditori, quasi come una spada che dà un taglio tra chi crede, perché mosso dall'amore e dallo Spirito, e chi non crede, perché chiuso nei propri ragionamenti, che non si spingono oltre ciò che è verificabile. "E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima?" li interpella Gesù, una simile visione, sicuramente sarebbe stata più sconvolgente dei miracoli grandi ai quali avevano assistito; del resto, anche per credere al miracolo, è necessaria la fede, luce che viene dallo Spirito di Dio; ma molti dei presenti, non erano aperti al soffio che viene dall'alto, restavano legati al dato immediato e tangibile. A costoro il Signore dice: "È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. Ma vi sono alcuni, tra voi, che non credono " La fede esige una scelta, che non sempre è facile, e non sempre è completamente chiara in tutte le sue implicanze, essa tuttavia, non nasce esclusivamente dall'intelligenza e dalla volontà umana, ma è dono di Dio, che, in questo cammino, rischiara e fortifica col soffio dello Spirito, un dono che, può essere accolto, ma può, anche, esser rifiutato o disatteso; infatti, il Vangelo dice che "Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui." Tuttavia, a nome degli altri, che desideravano stare ancora alla sequela del Maestro, risponde Pietro, il pescatore, l'uomo fragile e pieno di contraddizioni, ma ricco di generosità e d'amore, l'uomo illuminato da Dio, che già aveva affermato,: "Tu sei il Cristo di Dio", l'uomo al quale Gesù avrebbe affidato la sua Chiesa; Pietro, alle parole di Cristo che lasciava liberi i suoi di andarsene, risponde: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». La bella professione di fede del discepolo, sarà messa poi alla prova, e Pietro tradirà, per paura, miseramente, negherà di conoscere quel Cristo, più volte, confessato. È quanto accade da sempre nella storia e vita di ogni uomo, è quanto la prima lettura della liturgia di questa domenica ci ricorda, nel passo tratto dal libro di Giosuè: "In quei giorni, Giosuè radunò tutte le tribù di Israele in Sichem e convocò gli anziani d'Israele, i capi, i giudici e gli scribi del popolo, che si presentarono davanti a Dio. Giosuè, disse a, tutto il popolo: «Se vi dispiace dì servire il Signore, scegliete oggi chi volete servire: se gli dèi che i vostri padri servirono oltre il fiume oppure gli dèi degli Amorrei.... Quanto a me e alla mia casa, vogliamo servire il Signore» Allora il popolo rispose e disse: «Lungi da noi l'abbandonare il Signore per servire altri dei. Poiché il Signore nostro Dio ha fatto uscire noi e i padri nostri dal paese d' Egitto, dalla condizione servile, ha compiuto quei grandi miracoli dinanzi agli occhi nostri e ci ha protetti per tutto il viaggio che abbiamo fatto, e in mezzo a tutti i popoli, tra i quali siamo passati, Perciò anche noi vogliamo servire il Signore, perché egli è il nostro Dio». Così, nella vita del cristiano, la fede in Cristo Signore, esige d' esser sempre riconfermata, nelle imprevedibili prove della vita, nelle difficoltà a credere e ad operare con fedeltà e coerenza, è necessario ripetere la scelta fondamentale, che ci guida, ed è necessario alimentare questa fede, nutrendosi, appunto del Pane di vita che è lo stesso Cristo Gesù. Solo in Lui, infatti, è possibile la comunione profonda col Padre e tra noi uomini, così diversi e tendenzialmente divisi, solo in Lui che, col suo corpo offerto alla morte e risorto, ha eliminato ogni divisione, si può realizzare quella unità che ha la sua espressione più alta, in quell'unica Chiesa, mistico corpo e Sposa, del Cristo Redentore. E' il mistero grande d'amore, che la Scrittura nell'Antico, come nel Nuovo Testamento vede simboleggiata dall'amore sponsale tra uomo e donna, e che Paolo ricorda, oggi, nel passo tratto dalla Lettera agli Efesini, quando parla di quell'unica "carne", segno della Chiesa-Sposa, l'umanità redenta che Cristo ama e nutre col suo corpo e il suo sangue, nel sacramento dell' Eucarestia. Un mistero grande da contemplare e da vivere. sr M. Giuseppina Pisano O.P. Monastero SS.mo Rosario mrita.pisano@virgilio.it |