Omelia (13-08-2006)
Monastero Janua Coeli
Io sono il pane vivo

La manna nel deserto... tanto è Cristo per l'uomo. Se il deserto non offre cibo e sicurezza, il cielo sì. E non c'è altro nel deserto. Ti ritrovi, solo, tra cielo e terra. Cerchi di fare, ma non riesci perché più di qualche arbusto non vedi attorno a te. E se anche volessi coltivare, non avresti acqua. Tra le dune della muta sabbia, puoi invocare la pioggia, ma non è detto che scenda, puoi non desiderare il vento che ti riempie gli occhi di granelli, ma non è detto che vada via... Sei in balia... non puoi decidere, né fare. Ti sei già accorto, strada facendo, che senza Qualcuno che ti provveda da te puoi ben poco, in certe occasioni neanche riesci a badare a te stesso. Ineluttabilità del destino, direbbero alcuni, impotenza della carne, direbbero altri. Figliolanza possiamo chiamarla. Appartenenza possiamo denominarla. Dipendere da un Altro non è umiliante, quando ci sente amati. Dipendere cambia nome in questo caso, diventa riconoscenza, lasciarsi amare. Ecco perché Cristo è venuto dal cielo e non dal deserto, è venuto per camminare nel nostro deserto insieme a noi. Sì, perché Dio non ha pensato solo a sfamarci, ha provveduto a darci una compagnia che rendesse più saporoso il suo Pane.

Io sono il pane vivo

MEDITAZIONE

Domande
Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo. Leggiamo queste parole come attuali, non sono il come è andata a finire la storia di Gesù. Qui è il segreto dell'esistente. La carne offerta è oggi, la carne di uomini che nel nome di Cristo si lasciano mangiare dai fratelli come pezzi di pane.

Chiave di lettura
Abituale nelle hall di questo mondo sentir mormorare di Dio. Chi si ferma sulla soglia di ciò che appare e non si decide a varcarla, non può comprendere. Il fatto che Gesù sia il figlio di Giuseppe, che abbia un padre e una madre non vuol dire che non sia disceso dal cielo. La verità di Dio è nella verità dell'uomo, non subisce il conflitto della contraddizione. Per afferrarla si richiede il coraggio di sostare nella dialettica esistenziale di un Dio che parla con parole di uomini e di un uomo che per essere Parola eterna può farsi cibo del pensiero e del desiderio di tutti. la realtà di Dio attrae per il fatto stesso che in ogni volto umano è possibile riconoscere i tratti del volto di Dio. dice Gesù che nessuno può andare a lui se non è attratto dal Padre. È vero. Il fascino del Maestro di Nazareth proviene da quella fonte sua di esistenza che è l'amore tutto del Padre. Il sentirsi amato del Figlio è come una calamita per quanti portano in sé la somiglianza del sentirsi amati. Perché ogni uomo brama al di sopra di ogni altra cosa di essere amato, cercato, apprezzato, sostenuto come segno dell'essere importante per qualcuno? Non sarà forse perché fa parte della somiglianza al Figlio? La natura del Dio vivente è amore, ma mai un amore impersonale. Dio ama in quanto Padre un Figlio che è tutta la sua gioia. E il Figlio si sente pienamente amato dal Padre, tutta la sua vita è un tu di amore che risponde all'immensità di amore del Padre amante. Figlio amato. Ogni creatura umana, fatta secondo il volto del Cristo, porta in sé una identità straordinariamente grande: essere amati. Guardandosi attorno, questo amore non si coglie, sembra una favola per bimbi. Per questo si mormora di Cristo. Ma come? È venuto sulla terra per lasciare tutto come era? Sembra che non cambi mai nulla, ma chi viene da Dio ha la capacità di vedere. Il pane offerto è per una vita che non muoia giorno dopo giorno nelle mormorazioni, per una vita che continuamente scenda dal cielo per noi che ci nutriamo dei bocconi amari di false verità.

PREGHIERA
Tu sei mio Figlio, oggi ti ho generato. (Salmo 2).

CONTEMPLAZIONE

Padre, voglio ascoltarti e imparare da te. Allora potrò mangiare il pane che dal cielo scende per me. Dal cielo, da ciò che per me è inaccessibile, dal mistero del tuo eterno splendore. Il pane che tu mi dai, la volontà tua per me, sarà l'unico scopo di ogni mio oggi. Cosa vale consumarmi in fatiche estreme per emergere sugli altri quando tu mi innalzerai sui troni dei potenti vedendo la mia umiltà? Cosa vale riempirmi le mani di beni quando tu sazierai la fame del mio affidarmi unicamente a te con i beni presi dalle mani di chi possiede? Se solo farò mio il tuo volere, grandi cose tu farai in me. E nei confini del mio esistere conoscerò la straordinarietà della tua potenza. Donami sempre, mio Dio, il tuo Pane, perché mi assimili a sé.

Il Vangelo dei piccoli
Gesù raccomanda ai giudei di non mormorare tra di loro... cosa significa "mormorare"? Parlare, ragionare insieme su una persona, senza sapere la verità delle cose. Chi mormora non desidera sapere, pensa solo a giudicare e a parlare alle spalle, sollevando nuovi problemi. Infatti di cosa discutevano i giudei? Sulle parole che aveva detto Gesù di sé: «Io sono il pane disceso dal cielo». Lo conoscevano, sapevano dove abitava, conoscevano i genitori... quindi non poteva esserci un'altra verità. E quindi mormoravano. Gesù spiega: può capire solo chi conosce Dio come Padre. Immagina che Dio sia una calamita. Se tu stai vicino alla calamita, questa ti attira a sé e tu diventi un tutt'uno con lei. Ma se tu resti lontano, anche se la calamità potrebbe esercitare su di te la sua forza di attrazione, tu resti in te, lontano da lei. Dio parla a ogni persona, chi ha il cuore attento impara da lui. A far cosa? A vivere nell'amore. E allora capirà anche che Gesù, figlio di Maria e di Giuseppe, è venuto dal cielo come nuova manna per sfamare tutti gli uomini che camminano nel deserto della vita. Venire dal cielo non significa essere strani! Venire dal cielo significa non avere limiti di orizzonti, abbracciare interamente ogni tempo e ogni spazio. E questo è proprio dell'amore vero. Gesù è il nostro pane. Nutrirsi di lui ci farà diventare "venuti dal cielo".